Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5490 del 10/03/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 5490 Anno 2014
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: NOBILE VITTORIO

Data pubblicazione: 10/03/2014

SENTENZA

sul ricorso 7808-2013 proposto da:
FINAZZI AGRO’ ALESSANDRO, in proprio, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DI SAN BASILIO 61, presso lo
studio dell’avvocato PICOZZA EUGENIO, che lo rappresenta
e difende unitamente agli avvocati ANNALISA DI GIOVANNI,
VACCARELLA ROMANO, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –

contro

PROCURATORE

GENERALE

RAPPRESENTANTE

IL

PUBBLICO

MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente –

PROCURA

REGIONALE

CORTE

DEI

CONTI,

FONDAZIONE

POLICLINICO DI TOR VERGATA, REGIONE LAZIO, BOLLERO
ENRICO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 621/2012 della CORTE CONTI Terza Sezione giurisdizionale centrale ROMA,
depositata il 10/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/01/2014 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
uditi gli avvocati Eugenio PICOZZA, Romano VACCARELLA;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

nonchè contro

R.G. 7808/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 2066/2009 la Sezione Giurisdizionale della Corte dei
conti per la Regione Lazio condannava il prof. Alessandro Finazzi Agrò al

monetaria e oltre gli interessi legali, per aver stipulato, nella sua qualità di
rettore dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, un contratto di diritto
privato con il prof. Bollero, con cui veniva a questi conferito l’incarico di
direttore generale dell’Azienda Osapedaliera con un compenso pattuito annuo
di euro 206.580,00 e una indennità di risultato pari al 30% del detto importo, in
violazione del limite stabilito, in base alla legge n. 502/1992 e ai D.P.C.M. n.
502 del 1995 e n. 319 del 2001.
Il prof. Finazzi Agrò impugnava la detta sentenza chiedendo la
declaratoria di nullità dell’intero procedimento di invito a dedurre e dell’intero
processo di primo grado, con l’annullamento e/o la riforma della sentenza di
primo grado per insussistenza del danno erariale, dell’elemento psicologico
nonché del nesso causale.
La Corte dei conti — Sezione Terza Giurisdizionale Centrale, con sentenza
depositata il 10-10-2012, dichiarava inammissibile l’intervento dispiegato dal
prof. Bollero e respingeva l’appello confermando la pronuncia di primo grado.
In sintesi, respinte le eccezioni di nullità dell’intero procedimento
(presentando la notizia di danno, proveniente dall'”organo di controllo
interno”, tutti i caratteri richiesti da Cass. S.U. 12/2011) e di litisconsorzio
necessario di altri soggetti che hanno concorso alla produzione del danno, non
evocati in giudizio (non comportando la parziarietà dell’obbligazione contabile
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pagamento della somma di euro 120.000,00 comprensiva di rivalutazione

una inscindibilità di cause ed essendo stato, peraltro, correttamente ridotto di
conseguenza l’importo del danno addebitabile al prof. Finazzi Agrò), la Corte,
premesso che, comunque in sede di giudizio di responsabilità amministrativa
non è sufficiente la veste giuridica privatistica a far escludere la giurisdizione

escludere che il denaro dello stesso sia pubblico, rilevava che nella specie (ai
sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 517 del 1999 e dell’art. 3 dell’atto costitutivo della
fondazione tra Regione e Università) non si trattava di “fondazione di diritto
privato” mentre veniva all’esame “un comportamento produttivo di danno al
pubblico erario”.
Nel merito la Corte dei conti affermava, poi, che le norme di cui ai citati
D.P.C.M. del 1995 e del 2001, che determinavano il trattamento dei direttori
generali, in virtù di una norma avente forza di legge, costituivano l’unico
riferimento per i policlinici universitari, in mancanza di altre norme specifiche,
neppure potendo ritenersi in alcun modo retroattiva la norma di cui all’art. 42
della legge della Regione Lazio n. 26 del 2007, ed infine riteneva che nella
fattispecie sussisteva la colpa grave dell’appellante che conosceva bene la
normativa che statuiva il compenso del direttore generale ed ha preferito non
applicarla.
Per la cassazione di tale sentenza il prof. Finazzi Agrò ha proposto ricorso
con quattro motivi.
Il Procuratore Generale presso la Corte dei conti ha resistito con
controricorso.
La Procura Regionale della Corte dei conti, la Fondazione Policlinico di
Tor Vergata, la Regione Lazio ed il prof. Enrico Bollero sono rimasti intimati.
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contabile, neppure essendo sufficiente la forma privatistica dell’ente per

Infine il prof. Finazzi Agrò ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia carenza di giurisdizione per
violazione dell’art. 17, comma 30 ter, d.l. n. 78/2009, per insussistenza dei

funzione giurisdizionale della Corte dei conti.
In particolare il ricorrente lamenta la mancanza, nel caso di specie, della
“specifica e concreta notizia di danno”, in quanto la stessa è stata rinvenuta
dalla Procura Generale della Corte dei conti nella risposta con cui – evadendo
una richiesta di informazioni formulata dalla Procura regionale a seguito di
indagini della Guardia di Finanza – l’Università, con nota in data 1-10-2007 a
firma del prof. Finazzi Agro, in qualità di rettore, forniva le notizie richieste in
ordine al rapporto contrattuale concluso con il prof. Bollero, per cui la notitia
damni sarebbe stata fornita dallo stesso prof. Finazzi Agrò, che si sarebbe
“trasformato” nell'”organo di controllo interno” del quale parla la sentenza
impugnata.
In sostanza il ricorrente si duole della modalità “inquisitoria” dell’avvio
dell’azione contabile, in violazione dei principi fissati dalla Corte
Costituzionale (sentenze n. 100/1995 e 209/2004), essendo state richieste al
rettore, nella sua qualità di capo dell’Amministrazione, “notizie al fine del
promovimento (contro di lui) dell’azione di responsabilità”, in assenza di una
“specifica e concreta notizia di danno”, così violando l’essenza stessa della
funzione giurisdizionale contabile.
Con il secondo motivo, denunciando violazione del principio del giusto
processo e dell’art. 11, commi 1 e 2, della Costituzione, il ricorrente da un lato
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presupposti per l’esercizio dell’azione contabile e, conseguentemente, della

deduce che l’azione promossa dalla Procura della Corte dei conti doveva essere
esercitata nei confronti e in contraddittorio di tutti i partecipanti al fatto
ritenuto dannoso e, dall’altro, lamenta la omessa valutazione dell’apporto
causale di ciascuno dei detti partecipanti e dell’accertamento necessario della

“sconto” all’unico soggetto citato in giudizio.
Entrambi i motivi non meritano accoglimento.
Seppure con riferimento ad ipotesi di danno all’immagine di enti pubblici,
queste Sezioni Unite hanno avuto occasione di affermare che “in tema di
responsabilità contabile, la norma dell’art. 17, comma 30 ter, del d.l. n. 78 del
2009, conv. in legge n. 102 del 2009 – che ha circoscritto la possibilità del P.M.
presso il giudice contabile di agire per il risarcimento del danno all’immagine
di enti pubblici (pena la nullità degli atti processuali compiuti) ai soli fatti
costituenti delitti contro la P.A., accertati con sentenza passata in giudicato introduce una condizione di mera proponibilità dell’azione di responsabilità
davanti al giudice contabile (incidente, dunque, sui soli limiti interni della
giurisdizione di tale giudice) e non una questione di giurisdizione, posto che ad
incardinare la giurisdizione della Corte dei conti è necessaria e sufficiente
l’allegazione di una fattispecie oggettivamente riconducibile allo schema del
rapporto d’impiego o di servizio del suo preteso autore, mentre afferisce al
merito ogni problema relativo alla sua effettiva esistenza.” (v. Cass. S.U. 7-62012 n. 9188, Cass. S.U. 23-11-2012n. 20728).
Parimenti deve ritenersi che costituisca condizione di proponibilità
dell’azione il requisito generale, fissato dalla stessa norma, concernente la
presenza (“Le procure della Corte dei conti possono iniziare l’attività
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relativa responsabilità, essendo stato in sostanza soltanto riconosciuto uno

istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione di danno erariale a fronte… ‘) di
una “specifica e concreta notizia di danno”, giacché la detta norma fissa i
presupposti dell’avvio, da parte delle procure contabili, dell’attività istruttoria,
stabilendo, altresì, la nullità degli atti istruttori posti in essere in mancanza di

fare valere tale vizio, “in ogni momento”, davanti alla Corte dei conti,
all’interno, quindi, della relativa giurisdizione (v. in tal senso, da ultimo, Corte
Cost. n. 252 del 2013, in motivazione).
In altre parole le questioni concernenti la sussistenza del detto requisito
non riguardano i limiti esterni della giurisdizione contabile e neppure l’essenza
stessa di tale funzione giurisdizionale, bensì la sua modalità operativa,
integrando soltanto eventuali “errores in procedendo” o “in iudicando”, come
tali comunque afferenti i limiti interni della detta giurisdizione.
Del pari, poi, riguardano i limiti interni gli asseriti errori (parimenti in
procedendo o in iudicando) in ordine alla mancata integrazione del
contraddittorio e al mancato accertamento della responsabilità degli altri
soggetti che hanno concorso alla produzione del danno.
Sul punto, del resto, la sentenza impugnata (che, peraltro, a differenza di
quella di primo grado, è stata emessa anche nei confronti degli altri soggetti,
che hanno partecipato al giudizio di appello), ha affermato che nel caso di
specie non sussisteva alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario, atteso che “la
parziarietà dell’obbligazione contabile non comporta inscindibilità di cause” ed
ha confermato la decisione di primo grado che aveva ritenuto che alla
produzione del danno avevano concorso anche comportamenti di altri soggetti

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una notizia così qualificata e la facoltà per “chiunque vi abbia interesse”, di

non evocati in giudizio e, correttamente, aveva ridotto l’importo del danno
addebitabile al Finazzi Agrò.
Tale giudizio, chiaramente interno alla giurisdizione contabile, non può
essere sindacato in questa sede.

invasione della discrezionalità riservata al rettore dell’Università Tor Vergata,
il ricorrente in sostanza lamenta che la sentenza impugnata, con l’applicazione
del tetto massimo previsto dal D.P.C.M. n. 502 del 1995 come modificato dal
D.P.C.M. n. 319 del 2001, avrebbe, nella fattispecie, “travalicato i limiti esterni
della sua giurisdizione, arrivando di fatto a censurare una scelta caratterizzata
da ampie sacche di discrezionalità e nient’affatto assoggettata ai limiti previsti
dai suddetti atti regolamentari”, non essendo questi applicabili ai policlinici
universitari (e alla Fondazione Policlinico Tor Vergata).
Anche tale motivo non merita accoglimento.
Più volte queste Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo il
quale “l’insindacabilità “nel merito” delle scelte discrezionali compiute dai
soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti non comporta che
esse siano sottratte al sindacato giurisdizionale di conformità alla legge formale
e sostanziale che regola l’attività e l’organizzazione amministrativa”, (v. fra le
altre Cass. S.U. 25-1-2006 n. 1376, Cass. S.U. 21-2-2013 n. 4283) con la
conseguenza che il giudice contabile non viola i limiti esterni della propria
giurisdizione quando accerta la mancanza di tale conformità. Né può essere
dedotto come eccesso di potere giurisdizionale un eventuale

error in

iudicando, che al riguardo sarebbe stato compiuto dal detto giudice (nella
specie in merito alla applicabilità dei citati D.P.C.M. nella fattispecie concreta).
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Con il terzo motivo, denunciando eccesso di potere giurisdizionale ed

Infine con il quarto motivo il ricorrente denuncia “difetto assoluto di
giurisdizione sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo”.
In particolare il ricorrente, sotto il primo profilo, deduce che il Policlinico
Universitario Tor Vergata è una fondazione di diritto privato, con autonomia

rileva che “per poter incardinare l’azione di responsabilità erariale” “si sarebbe
dovuta dimostrare innegabilmente la provenienza pubblicistica del denaro
speso dal Finazzi”, laddove le indennità a favore del prof. Bollero sarebbero
“state corrisposte unicamente ed esclusivamente” dalla Fondazione P.T.V..
La prima censura è ammissibile, ma parimenti non merita accoglimento.
In primo luogo, infatti, con riguardo a tale censura, non può accogliersi
l’eccezione preliminare sollevata nel controricorso, secondo cui, avendo il
giudice di primo grado ritenuto la propria giurisdizione e deciso la causa nel
merito, e non essendo stata sollevata dall’appellante la questione di
giurisdizione sotto tale profilo in appello, si sarebbe formato, sul punto, il
giudicato interno sulla sentenza di primo grado.
In effetti, con il primo motivo dell’atto di appello (v. pagine 3/5) il prof.
Finazzi Agrò, lamentando “eccesso di potere giurisdizionale”, deduceva in
conclusione che “la Fondazione P.T.V. alla quale sarebbe stato arrecato
l’ipotetico danno erariale, non rientra né nei soggetti di cui all’art. 114 della
Costituzione, né in alcuno degli organismi di diritto pubblico, quali le imprese
pubbliche, le società a totale o parziale partecipazione pubblica”.
In sostanza, quindi, la carenza di giurisdizione è stata lamentata in appello
sotto il profilo soggettivo con il primo motivo.

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giuridica e patrimoniale rispetto all’Università, e, sotto il secondo profilo,

Sennonché, la censura, comunque, non merita accoglimento, giacché la
questione della eventuale natura giuridica privata della Fondazione Policlinico
Tor Vergata, a ben vedere, non assume rilevanza decisiva nella fattispecie
concreta.

primo grado che in tal modo ha qualificato la domanda introduttiva e che è
stata confermata in appello) con l’atto di citazione depositato il 16-7-2008 la
Procura regionale conveniva in giudizio il prof. Finazzi Agrò “per sentirlo
condannare al pagamento in favore dell’erario, ed in particolare dell’Università
degli Studi di Roma Tor Vergata” della somma indicata oltre rivalutazione,
interessi e spese “per la condotta gravemente colposa consistente nell’ever
autorizzato per un triennio la erogazione di compensi superiori a quelli dovuti a
favore del direttore generale dell’Azienda Policlinico Tor Vergata dott.
Bollero”.
In particolare si assumeva che il convenuto “nella sua qualità di Rettore
della Università degli studi di Roma Tor Vergata, aveva stipulato in data 16
maggio 2005 un contratto di diritto privato con il quale conferiva l’incarico di
direttore generale della citata azienda ospedaliera al dott. Bollero, pattuendo il
compenso annuo di euro 206.580,00 e una indennità di risultato pari al 30 %
del primo importo”.
La parte attrice rilevava che il trattamento economico dei direttori generali
delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere e dei policlinici universitari
non poteva essere superiore al limite individuato dal D.P.C.M. n. 502/1995
come modificato dal D.P.C.M. n. 319 del 2001, emanati in base all’art. 3 del
d.lgs. n. 502 del 1992, e deduceva che nella fattispecie ne era scaturita una
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Invero (come si evince chiaramente anche dalla lettura della sentenza di

differenza di emolumenti erogata in più per tre anni al direttore generale,
costituente somma indebita che doveva essere recuperata.
Il primo giudice, respinte le controdeduzioni del convenuto, condannava il
prof. Finazzi Agrò “al pagamento in favore dell’Università degli studi di Roma

monetaria, oltre interessi legali come in motivazione”.
La detta condanna è stata come sopra confermata in appello.
Orbene è evidente che tale essendo la domanda, che come tale è stata
accolta, in parte, dai giudici contabili, in quanto specificamente rivolta nei
confronti del prof. Finazzi Agrò per il suo comportamento in qualità di rettore
dell’Università Tor Vergata e per il danno come sopra arrecato alla stessa
Università (e non al Policlinico), non può assumere rilevanza al fine di
escludere la giurisdizione contabile nella fattispecie, l’eventuale natura
giuridica privata della Fondazione Policlinico Tor Vergata (viceversa per
l’ipotesi, invece, di danno arrecato dal direttore generale di una fondazione,
avente natura di persona giuridica privata, alla fondazione stessa, cfr. Cass.
S.U. 2-9-2013 n. 20075).
Invece, sul piano oggettivo, va rilevato che il giudice di primo grado ha
configurato il danno erariale nel carattere pubblico delle risorse finanziarie
spese, in quanto provenienti dall’università e dalla regione, e tale chiara
statuizione (v. pag. 13), a ben vedere, non è stata specificamente impugnata
con l’atto d’appello (con il quale è stata dedotta la “insussistenza del danno
erariale” sotto altri profili — v. pag. 9 e ss. del detto atto), di guisa che
inammissibile risulta l’odierna censura circa l’asserita mancata prova in
concreto della provenienza pubblica del denaro speso.
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Tor Vergata della somma di euro 120.000,00 comprensiva di rivalutazione

Il ricorso va pertanto respinto.
Non si deve provvedere sulle spese considerata la natura di parte soltanto
in senso formale del controricorrente Procuratore Generale rappresentante il
Pubblico Ministero presso la Corte dei conti.

dall’art. 1, comma 18, della legge n. 228 del 2012, deve darsi atto della
sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del
2002, introdotto dall’art.1, comma 17, della citata legge n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1,
comma 17 della legge n. 228 del 2012.
Roma 28 gennaio 2014

Infine, trattandosi di ricorso notificato successivamente al termine previsto

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