Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5488 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. I, 08/03/2010, (ud. 27/10/2009, dep. 08/03/2010), n.5488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19329/2008 proposto da:

D.N.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma, Via Andrea Doria 48, presso l’avvocato ABBATE

Ferdinando Emilio, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

05/06/2007, n. 53622/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/10/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato RODA RANIERI, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che D.N.S., con ricorso del 11 luglio 2008, ha impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, il decreto della Corte d’Appello di Roma depositato in data 5 giugno 2007, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del D.N. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, nella contumacia del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 1.200,00 a titolo di equa riparazione, nonchè la somma di Euro 900,00 a titolo di spese del giudizio;

che il Presidente del Consiglio dei Ministri, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 12 luglio 2005, era fondata sui seguenti fatti: a) il D.N. aveva proposto – con ricorso del luglio 1999 – domanda di pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle somme spettantegli ai sensi della L. n. 312 del 1980, art. 4, comma 8, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio; b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza in data del 16 gennaio 2004;

che la Corte d’Appello di Roma, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in circa un anno e sei mesi ed ha liquidato equitativamente, a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale, la somma di Euro 1.200,00;

che il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni -, vengono denunciati come illegittimi: a) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; b) la violazione dei minimi tariffari forensi nella liquidazione delle spese di giudizio di merito;

che il ricorso non merita accoglimento;

che, in particolare, la censura sub a) non è fondata, perchè questa Corte ha già ripetutamente affermato che, nella liquidazione del danno non patrimoniale per l’irragionevole durata del processo, l’ambito della valutazione affidato al giudice del merito è segnato dal rispetto della CEDU, per come essa vive nelle decisioni della Corte EDU concernenti casi simili a quelli portati all’esame del Giudice nazionale, il quale deve tener conto dei criteri al riguardo applicati da detta Corte (che liquida circa mille euro d’indennizzo per ogni anno preso in considerazione), ma nondimeno conserva un margine di valutazione che gli consente di discostarsi dalle liquidazioni effettuate dalla stessa Corte, in relazione alla natura ed alle caratteristiche di ogni singola controversia, purchè provveda a motivare adeguatamente le ragioni di tale eventuale scostamento (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 24356 del 2006);

che, sempre in riferimento alla censura sub a), i Giudici a quibus non si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni, orientamento in base al quale per l’irragionevole durata del processo ammontante ad un anno e sei mesi circa, come nella specie, l’indennizzo sarebbe stato liquidato in Euro 1.125,00;

che la censura sub b) è parimenti infondata, perchè – premesso che ai fini della liquidazione delle spese processuali, il processo camerale per l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale procedimento avente natura contenziosa, nè rientra tra quelli speciali di cui alla tabelle A) e B) allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127 (rispettivamente voce 50, paragrafo 7 e voce 75, paragrafo 3), per tali dovendo intendersi, ai sensi dell’art. 11 della tariffa allegata a detto decreto ministeriale, i procedimenti in camera di consiglio ed in genere i procedimenti non contenziosi (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 25352 del 2008) -, nella specie, per là determinazione dei diritti i Giudici a quibus si sono correttamente attenuti a quanto previsto nella su richiamata tabella B), tenuto anche conto che, per cause di valore analogo decise nel merito, questa Corte liquida per le spese la somma complessiva di Euro 840,00;

che non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese del presente grado di giudizio.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

 

 

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