Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5487 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 28/02/2020), n.5487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10975/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è

domiciliata, in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

C.P., R.C. e R.S.A.M.,

rappresentate e difese dall’Avv. Pace Fabio e dall’Avv. Oliva

Stefano ed elettivamente domiciliate presso lo studio dell’Avv. Pace

Fabio, in Milano, Corso di Porta Romana, n. 89/b;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1658/06/14 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, depositata il 19/03/2014 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 10 luglio

2019 dal Consigliere Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

Che:

1.l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi di ricorso, per la cassazione della sentenza n. 1658/06/14 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata il 19/03/2014 e non notificata, che, in sede di rinvio, ha accolto parzialmente l’appello dell’Ufficio, in controversia relativa alla questione del regime fiscale delle somme corrisposte a titolo di liquidazione del trattamento di previdenza integrativa aziendale, erogato dal fondo previdenziale complementare dell’Enel;

2. con la sentenza impugnata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha richiamato il principio affermato dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. sent. n. 13642/2011), secondo cui “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare, aziendale, a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione, separata, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento, si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17″;

dunque, sulla base di detta statuizione, la C.T.R. del Lazio ha ritenuto che gli importi maturati da R.G., dante causa delle ricorrenti, fino al 31 dicembre 2000, andassero assoggettati al regime di tassazione separata, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, solo per quanto riguarda la sorte capitale corrispondente alla attribuzione patrimoniale, conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre sulle somme rivenienti dalla liquidazione del rendimento dovesse essere applicata la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1995, art. 6;

3.a seguito del ricorso, le Signore C.P., R.C. e R.S.A.M., quali eredi di R.G., resistono con controricorso;

4.il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 10 luglio 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380-bis1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

5. le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il primo motivo di ricorso l’Ufficio censura la violazione o la falsa applicazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 63 e degli artt. 384 e 392 c.p.c. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4);

secondo la ricorrente, appare evidente come la C.T.R. del Lazio non abbia dato applicazione al principio di diritto, enunciato dalla Corte di Cassazione nella ordinanza di rinvio n. 29548/2011, dopo aver richiamato quello affermato nella sentenza n. 13642/2011, in quanto l’applicazione di tale principio imponeva di verificare se vi fosse e quale fosse stato l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale e quanto fosse stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego;

l’Agenzia delle Entrate deduce che i Giudici di secondo grado si sono limitati a ribadire il principio di diritto enunciato dalla Sezioni Unite, così come richiamato nella sentenza di rinvio, ed hanno dato per scontata, erroneamente, l’esistenza del rendimento, che, secondo l’ordinanza di rinvio, era meramente eventuale, rilevando che era onere dell’Amministrazione effettuare ogni utile indagine per dare esecuzione al dictum della Cassazione;

con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate censura la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e del principio di non contestazione, di cui allo stesso art. 115 c.p.c., e conseguenziale violazione dell’art. 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4);

secondo l’Ufficio, la C.T.R. del Lazio, avendo statuito l’applicazione dell’aliquota del 12,50% sul rendimento, ha violato l’art. 115 c.p.c. e, di conseguenza, il principio di diritto enunciato dalla sentenza di rinvio, per aver deciso la controversia in totale difformità delle precise e univoche allegazioni di controparte, riportate nel ricorso al punto n. 17;

da tali allegazioni, infatti, risulterebbe che il contribuente ha ammesso che, nella vigenza della PIA, l’Enel non ha impiegato i contributi sul mercato finanziario, ma si sia limitato ad accantonare in bilancio, secondo le tecniche assicurative, la somma presumibilmente necessaria per far fronte agli obblighi derivanti dall’accordo Enel-Fndai 16 aprile 1986, istitutivo della PIA;

con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente, in subordine rispetto ai motivi nn. 1) e 2), censura l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

secondo l’Ufficio, alla luce di quanto statuito da Codesta Suprema Corte, nell’ordinanza di rinvio n. 29548/2011, fatto decisivo per il giudizio era se le somma affluite nel fondo PIA fossero state o meno impiegate sui mercati finanziari e quale fosse stato, nell’ipotesi affermativa, l’importo del rendimento derivante da tale impiego;

tale fatto, oggetto di discussione tra le parti nel giudizio di riassunzione, non è stato esaminato dal giudice del rinvio, nonostante la sua decisività e la circostanza che il suo accertamento fosse stato espressamente demandato alla C.T.R. dall’ordinanza di rinvio della Cassazione;

secondo la ricorrente, una motivata considerazione del fatto storico, oggetto di discussione tra le parti, avrebbe consentito alla C.T.R di rilevare che: a) la configurabilità di un rendimento netto, imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo del capitale accantonato, risulta incompatibile con il tenore letterale dell’accordo Enel/Fndai del 16 aprile 1986, in quanto ai sensi dell’art. 3, “L’Enel farà fronte agli obblighi scaturenti dal presente Accordo mediante proprie disponibilità e con i proventi di una contribuzione a carico dei singoli interessati nella misura dell’1,5% della retribuzione lorda, individuale, annua e l’importo della prestazione spettante al dirigente era predeterminato in anticipo sulla base del rapporto tra ultima retribuzione e pensione (art. 4 dell’Accordo); b) l’assenza di impiego sui mercati finanziari da parte del fondo PIA dei capitali in essa affluiti era stata ammessa dallo stesso contribuente; c) tali dati risultano, peraltro, confermati dalla già menzionata perizia prodotta dal contribuente nel giudizio di riassunzione;

in definitiva, quindi, secondo la ricorrente, è evidente come, in mancanza del dedotto vizio motivazionale, la decisione, anche alla luce del pacifico principio secondo cui nelle controversie di rimborso l’onere della prova al contribuente, sarebbe stata diversa da quella adottata e favorevole all’Ufficio;

1.2. i motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati e vanno accolti;

1.3. come rilevato nell’ordinanza di rinvio della Cassazione, nel caso di specie, il giudice di appello, pur stabilendo che sulla parte relativa al rendimento deve applicarsi la ritenuta del 12,50%, con una apparente applicazione del principio espresso dalle Sezioni Unite, era pervenuto a conclusioni generiche e non sorrette da una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta, omettendo l’accertamento sulla natura e quantità del rendimento che sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, senza verificare se vi era stato impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) era stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego;

la Corte, quindi, ha cassato la sentenza del giudice di appello, con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria del Lazio perchè accertasse, in coerente applicazione con il principio enunciato, il rendimento derivante dall’impiego sul mercato del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore;

con la sentenza impugnata, la C.T.R. ha ritenuto che il rendimento da assoggettare a tassazione nella misura del 12,50% coincidesse con la rendita del capitale di polizza, omettendo di esaminare quale fosse il rendimento nel senso precisato dalle Sezioni Unite della Corte con la sentenza n. 13642/11, richiamata nell’ordinanza di rinvio n. 29548/2011, secondo cui, agli importi maturati entro il 31 dicembre 2000, va applicata la ritenuta del 12,50% sulle sole somme erogate a titolo di rendita derivante dall’investimento sul mercato;

sul punto la C.T.R., con evidente fraintendimento del principio enunciato dalle Sezioni Unite (richiamato, come già detto, nell’ordinanza n. 29548/2011 della Corte, vincolante per il giudice di rinvio) non ha adeguatamente considerato la circostanza relativa all’impiego sui mercati finanziari del fondo accantonato, confondendo “il rendimento netto, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato” con le “somme corrispondenti al rendimento di polizza”;

il giudice di rinvio avrebbe dovuto, invece, conformarsi alla nozione di rendimento evincibile dalla decisione delle Sezioni Unite, cui hanno fatto seguito numerose altre sentenze (Cass. 720/2017; Cass. 5614/15; Cass.287/12; Cass. 14498/12; Cass. 23520/12; Cass. 3130/14; Cass.17365/14; Cass. 10285/17);

è stato, invero, chiarito che per rendimento del capitale deve intendersi, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza n. 13642/11 delle Sezioni Unite, il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”, la cui quantificazione deve essere compiuta dal giudice di merito sulla base di una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta, che operi l’accertamento della natura e quantità del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) da parte del Fondo l’impiego sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego;

inoltre, è stato ulteriormente chiarito che ” si applica la ritenuta del 12,50 per cento, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento” e “sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate” (ex multis, vedi Sez. 5, Sentenza n. 24525 del 2017; n. 15853/2018; n. 27610/2018);

a sostegno dell’assunto del contribuente non spiegano alcuna efficacia probatoria, nè l’attestazione del Dott. B., dirigente dell’Enel, nè la relazione tecnica del Dott. P., perchè tali atti non evidenziano il rendimento conseguito, in relazione all’impiego sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, bensì, come dedotto dallo stesso contribuente, solo il cd. rendimento di polizza (cioè la differenza tra i contributi versati dal contribuente e dall’Enel ed il capitale erogato dalla stessa società Enel s.p.a.) ed il rendimento netto derivante dalla gestione dell’intero patrimonio dell’Enel, deducibile dai bilanci contabili della società ed imputati a P.I.A. mediante la creazione di una riserva matematica con i successivi accantonamenti di adeguamento;

lo stesso contribuente riporta nel controricorso i dati del documento individuale elaborato quale Allegato 1 alla Relazione Tecnica del Dott. P. che, significativamente, riportano “la stima dell’evoluzione della riserva matematica accantonata” per il singolo dipendente, rapportando la capitalizzazione della prestazione previdenziale PIA all’individuazione di una specifica riserva matematica mediante le modalità di calcolo dettagliatamente esposte;

nel caso di specie, quindi, il giudice di rinvio non risulta essersi attenuto ai principi sopra richiamati, nè alle statuizioni della Corte che delimitavano l’oggetto del giudizio di rinvio, cioè, come si è detto, quello di verificare se una parte della somma derivasse dal rendimento conseguito, fino al 31.12.2000, dall’impiego sul mercato dei contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, applicando solo a tale parte l’aliquota del 12,50%, secondo il meccanismo impositivo dettato dalla L. n. 482 del 1985, art. 6;

si impone, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata;

inoltre, non avendo il contribuente assolto all’onere della prova in ordine alla sussistenza del rendimento conseguito, fino al 31.12.2000, dall’impiego sul mercato dei contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore (anzi avendo dedotto che il rendimento netto derivava dalla gestione dell’intero patrimonio dell’Enel, deducibile dai bilanci contabili della società ed imputati a P.I.A. mediante la creazione di una riserva matematica con i successivi accantonamenti di adeguamento), il ricorso può essere deciso nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo;

atteso il consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale citato solo dopo la proposizione del ricorso, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente;

compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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