Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5487 del 26/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/02/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 26/02/2021), n.5487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30927-2019 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ODDI PIERLUIGI;

– ricorrente –

contro

D.R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ROMANO FERNANDO;

– controricorrente –

contro

D.R.W.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 509/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 15/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GRASSO

GIUSEPPE.

 

Fatto

RITENUTO

Che la vicenda può riassumersi nei termini seguenti:

– il Tribunale di Avezzano, accolta la domanda avanzata da B.G., condannò di R.F. a eliminare l’aggravamento della servitù di scolo, gravante sul fondo del primo, e a risarcire il danno;

– la Corte d’appello di L’Aquila, accolta l’impugnazione proposta da D.R.L. (unico degli eredi del primigenio convenuto ad avere appellato la statuizione di primo grado), rigettò la domanda, sul presupposto che il B., il quale aveva agito in “negatoria servitutis”, essendosi limitato a produrre la dichiarazione di successione in morte del padre Sa. B. Et., non aveva dimostrato di essere proprietario del fondo;

– avverso la sentenza di secondo grado ricorre, sulla base di unitaria censura B.G.;

– D.R.L. resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che la critica censuratoria, con la quale il ricorrente prospetta violazione degli artt. 949 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo l’erroneità della sentenza d’appello, per non essersi attenuta al consolidato principio di diritto espresso da questa Corte, risulta manifestamente fondata, essendosi reiteratamente chiarito che “Nell’actio negatoria servitutis, la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attira e non come oggetto della controversia, sicchè la parte che agisce in negatoria ha l’onere di provare, con ogni mezzo, anche con presunzioni, di possedere il fondo in forza di un valido titolo di acquisto. L’attore non ha, invece, l’onere di provare l’inesistenza del diritto vantato dal terzo ma spetta al convenuto provare l’esistenza del diritto a lui spettante, di compiere l’attività lamentata come lesiva dall’attore in virtù di un rapporto di natura obbligatoria o reale (Cassazione civile se,-. IL 1511012014, n. 21851; Cass. 23-1- 2007 n. 1409; Cass. 27-12-2004 n. 24028; Cass. 26-5-2004 11.10149; Cass. 22-3-2001 n. 4120)” (Sez. 2, n. 18028, 4/7/2019);

che, al contrario di quel che adduce il controricorrente, specie in memoria, il principio enunciato, ex multis, dagli arresti di legittimità sopra richiamati, risulta decisivo: la Corte d’appello, errando, ha dato vita a una regola iuris del tutto difforme, secondo la quale colui che agisce in negatoria servitutis è gravato dello stesso onere probatorio che fa capo a colui che agisce in rivendicazione; proprio per questo sul punto, ancora a dispetto di quanto sostenuto dal controricorrente, non è neppure ipotizzabile la formazione di un giudicato, avendo il ricorrente precipuamente impugnato la decisione d’appello che gli aveva fatto carico di provare il proprio diritto alla libertà da servitù del fondo con le modalità richieste per la rivendicazione del diritto di proprietà, invece che con quelle più attenuate sopra indicate, valevoli a dimostrarne solo la legittimazione attiva;

considerato che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio perchè il Giudice del merito riesamini la vicenda facendo applicazione del principio di diritto sopra richiamato, rimettendosi al medesimo anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di L’Aquila, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

 

 

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