Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5486 del 08/03/2010
Cassazione civile sez. I, 08/03/2010, (ud. 27/10/2009, dep. 08/03/2010), n.5486
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 29998/2008 proposto da:
S.A. (c.f. (OMISSIS)), + ALTRI OMESSI
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANDREA
DORIA 48, presso l’avvocato ABBATE Ferdinando Emilio, che li
rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del
Presidente pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il
23/10/2007, n. 55975/05;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
27/10/2009 dal Consigliere Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato RODA RANIERI, per delega, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
LECCISI Giampaolo, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di
ragione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto depositato in data 23.10.2007 la Corte d’Appello di Roma – pronunciando sulle domande di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, proposte dagli intestati ricorrenti con separati atti nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in relazione al giudizio dai medesimi promosso con ricorsi depositati nel mese di Novembre del 1993 avanti al TAR del Lazio, al fine di ottenere l’annullamento dei provvedimenti con cui l’Amministrazione aveva bandito due concorsi per accedere alla qualifica di funzionario di livello Superiore ((OMISSIS)) e deciso con sentenza in data 6.4.2004 – riteneva che la durata del procedimento, protrattosi complessivamente per dieci anni, non fosse ragionevole nella misura di anni sette e liquidava a favore di ciascuno dei ricorrenti a titolo di danno non patrimoniale la somma onnicomprensiva di Euro 7.000,00, pari ad Euro 1.000,00 per ogni anno di ritardo.
Avverso detto decreto propongono ricorso per cassazione gli originari ricorrenti che deducono tre motivi di censura illustrati anche con memoria.
Resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, nonchè difetto di motivazione. Lamentano che la Corte d’Appello, dopo aver determinato in anni tre la durata ragionevole del procedimento presupposto, abbia ritenuto irragionevoli anni sette nonostante il procedimento si fosse protratto per anni dieci e mesi cinque (novembre 1993-aprile 2004).
La censura è fondata.
Determinata da parte del giudice di merito la durata ragionevole del procedimento, tutto il restante periodo, ivi compresa anche la porzione dell’anno, va considerato non ragionevole e valutato ai fini del computo della relativa indennità prevista dalla L. n. 89 del 2001. Erroneamente pertanto la Corte d’Appello, pur in presenza di un periodo di anni sette e mesi cinque successivo a quello considerato ragionevole (anni tre), ha riconosciuto ai fini della determinazione dell’indennizzo solo anni sette, tralasciando di considerare la porzione di mesi cinque di cui va invece tenuto conto.
Sul punto il decreto va pertanto cassato.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ancora violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 nonchè dell’art. 1173 c.c.. Lamentano che la Corte d’Appello non abbia liquidato gli interessi.
Anche tale censura è fondata.
La Corte d’Appello, nel liquidare l’importo dovuto a titolo di indennizzo, lo ha ritenuto “onnicomprensivo”, includendo evidentemente in esso anche i relativi interessi. Ma tale precisazione contrasta con la motivazione contenuta nel decreto, secondo cui sono stati riconosciuti Euro 1.000,00 per ogni anno ritardo, con evidente esclusione in tal caso degli interessi che non trovano spazio nell’importo di Euro 7.000,00 complessivamente liquidato.
Vanno pertanto riconosciuti, come richiesto, gli interessi i quali non possono che decorrere dalla domanda la quale costituisce anche un atto di messa in mora ai sensi dell’art. 1295 c.c.. Conseguentemente anche sotto tale profilo il decreto deve essere cassato.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 90 e 91 c.p.c., nonchè del D.M. n. 127 del 2004, artt. 4 e 5. Sostengono che la Corte d’Appello, nel liquidare le spese, si sia tenuta al di sotto dei minimi tariffari.
La censura deve ritenersi assorbita in quanto, a seguito della disposta cassazione del decreto impugnato, questa Corte deve provvedere ad una nuova liquidazione delle spese del giudizio di merito, spese che si distraggono a favore del difensore e che si liquidano come in dispositivo unitamente a quelle relative al presente giudizio di legittimità. Va solo evidenziato, relativamente ai diritti di procuratore della fase di merito, che in base al valore della causa deve essere riconosciuto per tale “voce” l’importo di Euro 600,00 oltre ad Euro 97,00 per ciascuna delle successive 23 parti.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto e ricorrendo quindi le condizioni per una decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, l’indennizzo va determinato, tenuto conto dell’ulteriore durata di mesi cinque non considerata dalla Corte d’Appello, in complessivi Euro 7.450,00, con gli interessi dalla domanda.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 7.450,00 con gli interessi dalla domanda. Condanna inoltre la stessa Amministrazione al pagamento delle spese processuali che distrae a favore del difensore e che liquida, quanto al giudizio di merito, in Euro 2831,00 per diritti, in Euro 700,00 per onorario ed in Euro 100,00 per esborsi e, quanto al giudizio di legittimità, in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 100,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010