Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5481 del 18/02/2022

Cassazione civile sez. I, 18/02/2022, (ud. 04/02/2022, dep. 18/02/2022), n.5481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10704/2020 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Corte di

cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Migliaccio Luigi;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositato il

21/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2022 da Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – M.A., pakistano, ricorre nei confronti del Ministero dell’Interno, che non spiega difese, limitandosi al deposito di un atto di costituzione per i fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale, contro il decreto del 21 marzo 2020 con cui il Tribunale di Trieste ha respinto la sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2. – Il ricorso contiene tre motivi:

-) error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, comma 1, lett. “e”, art. 3, comma 3-5, art. 5, comma 1, lett. “c”, art. 6, art. 8, comma 1, lett. “b”, e comma 2, art. 14, lett. “b”, e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, poiché, nella valutazione di credibilità, il Collegio non ha fatto uso dei parametri previsti dalle citate norme e si è posto al di fuori della “procedimentalizzazione legale”, addivenendo ad un giudizio di implausibilità fondato su mere opinioni e non su riscontri qualificati acquisiti D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, ex art. 8, comma 3 (cfr. Cass., n. 20254/2019);

-) error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), avendo il Collegio deciso della domanda di protezione sussidiaria, sotto lo specifico profilo del ricorrere di minaccia alla vita di civili per situazione di violenza indiscriminata in Pakistan, senza l’utilizzo di informazioni specifiche e aggiornate (cfr. Cass., n. 4832/20);

-) error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di fatti decisivi all’accertamento del diritto a protezione umanitaria (grado di integrazione del RA in Italia da valutare in chiave comparativa).

RITENUTO CHE:

3. – Il ricorso è inammissibile.

3.1. – E’ inammissibile il primo mezzo.

In materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578). Dunque, in caso di giudizio di non credibilità del richiedente, delle due l’una: o la motivazione è “sotto soglia”, e allora si ricade nel n. 4 dell’art.; o la motivazione c’e’, e allora non resta se non sostenere che il giudice di merito, nel formulare il giudizio di non credibilità, ha omesso di considerare un fatto, che era stato allegato e discusso, potenzialmente decisivo, per il fine della conferma della credibilità.

Nel caso di specie, viceversa, a fronte di una ampia motivazione dettata in punto di credibilità (“Il certificato di battesimo dallo stesso prodotto è falso, in quanto egli non si sarebbe mai convertito al cristianesimo. Non si comprende, quindi, come un musulmano possa essere stato oggetto di persecuzioni religiose di tale portata, pur non essendosi mai convertito al cristianesimo e per il solo fatto di lavorare per i membri di detta religione. In ogni modo, sono molteplici profili di contraddittorietà emessi dal racconto del ricorrente. In primo luogo, egli ha dichiarato di essere stato contattato dal figlio di un prete, per poi ritrattare di fronte ai rilievi della Commissione Territoriale. E’ caduto in contraddizione anche quando in un primo momento ha riferito di non lavorare più come cuoco nell’albergo (per dissidi coi titolari) per poi dire che all’epoca dell’aggressione viveva e lavorava ancora nell’albergo (specificando quindi di svolgere doppio lavoro). Generico il racconto con riferimento alle minacce e alle aggressioni subite: il ricorrente nulla dice in ordine alle modalità e alle circostanze temporali di tali eventi; nulla ha saputo dire sul nome di questa fantomatica organizzazione criminale; né si comprende perché non abbia denunciato alla polizia le violenze subite. Inverosimile la giustificazione fornita in udienza sull’omessa denuncia (non conosceva gli autori delle minacce); ed ancora più inverosimile è che non ci sia stato l’intervento della autorità a fronte di un’aggressione con pugnali avvenuta in luogo pubblico, compresi di militari e alla presenza di altri passanti”), il ricorrente altro non ha fatto che porre in discussione la condivisibilità dell’argomentazione svolta dal giudice di merito: il che esula dall’ambito del sindacato spettante a questa Corte.

3.2. – E’ inammissibile il secondo mezzo.

Il giudizio di non credibilità esclude di per sé il riconoscimento della protezione sussidiaria nelle ipotesi considerate dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) (tra le tante Cass. 29 maggio 2020, n. 10286).

Quanto alla lett. c) medesima disposizione, il giudice di merito ha escluso la sussistenza, nella zona di provenienza del richiedente, il Punjab, di una situazione di conflitto armato interno o internazionale suscettibile di generare violenza indiscriminata, citando la fonte.

A tal riguardo va fatta applicazione del principio secondo cui, in tema di protezione internazionale, il ricorrente in cassazione che deduce la violazione del dovere di cooperazione istruttoria per l’omessa indicazione delle fonti informative dalle quali il giudice ha tratto il suo convincimento, ha l’onere di indicare le COI che secondo la sua prospettazione avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio, con la conseguenza che, in mancanza di tale allegazione, non potendo la Corte di cassazione valutare la teorica rilevanza e decisività della censura, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile (Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769).

3.3. – E’ inammissibile il terzo mezzo.

Nel sostenere che il ricorrente avrebbe diritto alla protezione umanitaria, difatti, egli richiama, ma non censura, tantomeno specificamente, la ratio decidendi posta a sostegno della decisione impugnata, secondo cui la sua non credibilità precludeva ogni valutazione comparativa – comparazione richiesta, seppure in forma attenuata, anche dopo Cass. S.U. n. 24413/2021 – tra la situazione realizzatasi in Italia e quella di provenienza. Al che consegue appunto inammissibilità della doglianza.

4. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

 

 

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