Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 548 del 15/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/01/2020, (ud. 27/05/2019, dep. 15/01/2020), n.548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25330-2012 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ATERNO 9,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO PELLICCIARI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO TOMASSINI

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI TORINO UFFICIO

(OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE DI ROMA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 59/2012 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 20/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PELLICCIARI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 59/38/12, depositata il 20 giugno 2012, notificata il 28 settembre 2012, la CTR del Piemonte – in accoglimento dell’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate e rigettando l’appello incidentale proposto dal sig. P.G. avverso la sentenza resa tra le parti dalla CTP di Torino, che aveva accolto il ricorso del contribuente – confermò integralmente la legittimità dell’avviso di accertamento ai fini IRPEF e relative addizionali, IRAP ed IVA per l’anno d’imposta 2005, oltre sanzioni ed interessi.

L’accertamento traeva origine da processo verbale di constatazione col quale erano sia recuperati a tassazione, in relazione ai menzionati tributi, costi vari ritenuti dall’Ufficio indeducibili, sia contestati maggiori ricavi non dichiarati, con conseguente accertamento di maggior reddito da lavoro autonomo, in relazione a movimentazioni su conti bancari non giustificate, uno dei quali riferibile direttamente al contribuente, altri due intestati alla moglie del ricorrente, sig.ra C.A., e l’altro alla figlia P.B..

Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 101 Cost., comma 2, e dell’art. 111 Cost., comma 2, in riferimento alla valenza ai fini della decisione della controversia, del contrasto tra quanto dedotto dal contribuente in merito ai costi che gravano sul contribuente ed alla tassabilità dei movimenti bancari, con quanto rilevato dall’Agenzia delle Entrate, lamentando il P. che il giudice tributario d’appello, con motivazione assolutamente carente, si sarebbe limitato a far proprie le deduzioni addotte dall’Ufficio a fondamento dell’atto impositivo, rendendo priva di ogni effetto sostanziale la garanzia del contraddittorio tra le parti dinanzi a giudice terzo.

2. Con il secondo motivo il ricorrente, riprendendo ulteriormente quanto dedotto con la prima censura, denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa o comunque insufficiente motivazione in ordine alla valenza ai fini della decisione della controversia, del contrasto tra quanto dedotto dal contribuente in merito ai costi che gravano sul contribuente ed alla tassabilità dei movimenti bancari, con quanto rilevato dall’Agenzia delle Entrate.

3. Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della normativa riguardante la motivazione degli atti amministrativi e degli avvisi di accertamento ed in particolare della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 10, anche in relazione ai principi generali dei rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria; della L. n. 241 del 1990, art. 3, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 51, comma 2, e D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la sentenza impugnata non ha rilevato la carenza di motivazione dell’atto impositivo, allineandosi, anzi, al contenuto dello stesso ai fini della decisione della controversia e nella parte in cui ha violato la normativa in tema di accertamenti bancari, omettendo di dar conto di tutti gli elementi che avrebbero consentito al contribuente di svolgere in modo non difficoltoso le proprie ricerche, nonchè presumendo i maggiori ricavi dalle movimentazioni bancarie, sia concernenti prelevamenti che versamenti, non solo riferite a conto intestato al contribuente, ma anche a quelli intestati alla moglie ed alla figlia, senza che l’Amministrazione finanziaria avesse dimostrato, secondo l’onere probatorio assunto su di essa incombente, la natura fittizia di tali intestazioni.

4. Con il quarto motivo il contribuente lamenta erronea ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento ai conti bancari intestati alle signore C.A. e P.B., avendo la sentenza impugnata – con motivazione inidonea, che non ha tenuto conto del fatto che in alcun modo l’Ufficio avesse dimostrato l’effettiva riferibilità dei conti predetti al P. e che ciascuna delle movimentazioni riscontrate, salvo quelle inferiori all’importo di mille Euro – riferito le movimentazioni di detti conti correnti bancari ad operazioni imponibili relative all’attività libero professionale del P., svolgente l’attività di consulente del lavoro.

5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 54 (T.U.I.R.) e del principio di inerenza relativo ai costi deducibili; del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 61, comma 3; del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 74; dell’art. 75 T.U.I.R., comma 5; del D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 1; della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo, attraverso l’evoluzione normativa e giurisprudenziale del concetto di inerenza, da intendersi nel senso della correlazione all’attività d’impresa, che erroneamente la decisione impugnata avrebbe confermato la legittimità della ripresa a tassazione dei costi ritenuti dall’Ufficio non deducibili.

6. Con il sesto ed il settimo motivo il contribuente si duole ancora, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di erronea ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo alla tassabilità dei movimenti bancari, sia per non avere tenuto conto del fatto che l’atto impositivo, così come eccepito dal contribuente, non recava in alcun modo l’indicazione analitica dei versamenti e prelevamenti ai quali occorreva farsi riferimento, sia per difetto di allegazione all’atto impositivo degli estratti conto riferiti all’oggetto delle indagini bancarie espletate.

7. Infine, con l’ottavo motivo, il ricorrente lamenta omessa, erronea ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo ai costi che gravano sul contribuente ed alla tassabilità dei movimenti bancari, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

8. I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente, costituendo in effetti il secondo una ripresa del primo, che, benchè rubricato come diretta violazione o falsa applicazione dei principi costituzionali sanciti dall’art. 101 Cost., comma 2, e dall’art. 111 Cost., comma 2, si diffonde cumulativamente sul dedotto vizio di carenza motivazionale della decisione impugnata.

8.1. Entrambi i motivi sono inammissibili ed in ogni caso infondati; il primo (argomentando da Cass. SU 6 maggio 2015, n. 9100), perchè cumula in maniera che non consente l’esame separato delle due diverse censure, risultando in ogni caso essere stato rispettato il contraddittorio dinanzi a giudice terzo, il secondo perchè si risolve in una critica generica all’argomentazione svolta dal giudice di merito, non essendo indicati, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, i fatti controversi e decisivi oggetto di discussione tra le parti rispetto ai quali è denunciata la carenza motivazionale della pronuncia impugnata, che, ove debitamente esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia.

9. Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui la censura è riferita all’omesso rilievo, da parte del giudice tributario d’appello, della nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, non essendone stato trascritto il contenuto in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, ord. 28 giugno 2017, n. 16147; Cass. sez. 6-5, ord. 18 luglio 2016, n. 14676; Cass. sez. 5, 13 febbraio 2015, n. 2928; Cass. sez. 5, 17 ottobre 2014, n. 22003; Cass. sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9536), nè avendone il ricorrente allegato copia o indicato tempo e luogo della relativa produzione nel giudizio di merito, così da porre la Corte in condizione di potere esprimere il sindacato richiesto.

9.1. Il motivo è invece fondato, quanto alla denunciata violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, atteso che, per effetto della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale della succitata norma ad opera di Corte Cost. 6 ottobre 2014, n. 228, la presunzione legale relativa di disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti correnti bancari, relativamente ai prelevamenti, per i quali il contribuente non abbia dimostrato che se ne sia tenuto conto ai fini delle relative dichiarazioni dei tributi oggetto di ripresa o che siano ricollegabili ad atti non soggetti a tassazione, resta circoscritta ai soli titolari di reddito d’impresa (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, ord. 16 novembre 2018, n. 29572; Cass. sez. 5, 26 settembre 2018, n. 22931; Cass. sez. 6-5, ord. 30 marzo 2018, n. 7951; Cass. sez. 5, 9 agosto 2016, n. 16697), laddove, come si è detto, il P. è titolare di reddito da lavoro autonomo, per il quale, quindi, la presunzione relativa anzidetta è applicabile ai soli versamenti.

10. Il quarto, sesto e settimo motivo possono essere trattati congiuntamente, essendo in parte sovrapponibili e comunque tra loro connessi.

10.1. Premesso che il ricorrente richiama solo parzialmente a fondamento del proprio assunto la massima ufficiale estratta da Cass. sez. 6-5, ord. 20 maggio 2011, n. 11145 in relazione ai limiti di utilizzabilità, ai fini degli esiti connessi alle indagini bancarie su conti correnti intestati esclusivamente a persone diverse dal contribuente accertato, la quale precisa altresì che l’intestazione a terzi possa essere superata, in relazione alle circostanze del caso concreto, dalla sostanziale imputabilità al contribuente medesimo delle posizioni creditorie e debitorie annotate sui conti, questa Corte ha ancora affermato che le verifiche finalizzate a provare per presunzioni la condotta evasiva possono anche indirizzarsi sui conti intestati al coniuge o familiare del contribuente, ben potendo la riferibilità a quest’ultimo desumersi da elementi sintomatici quali il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo d’imposta, l’infedeltà della dichiarazione e l’esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività a dette disponibilità riferita (cfr. Cass. sez. 5, 18 dicembre 2014, n. 26829; Cass. sez. 5, 6 dicembre 2011, n. 26173).

10.2. Nella fattispecie concreta in esame la CTR ha compiuto un accertamento di fatto conforme a detto principio relativamente alle circostanze all’uopo addotte dall’Ufficio, sicchè detto accertamento, sufficientemente motivato, sfugge alla censura prospettata dal ricorrente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella sua formulazione vigente ratione temporis – in relazione all’ambito di prospettazione di cui al quarto motivo, mentre le doglianze riferite all’insufficiente o omessa motivazione per difetto d’indicazione e/o allegazione delle movimentazioni bancarie nell’atto impositivo sono infondate, essendo noto al contribuente, all’esito della verifica su di lui effettuata, il contenuto del processo verbale di constatazione.

11. Infine, risultano inammissibili il quinto e l’ottavo motivo.

Le censure ivi esposte risultano inconferenti con la ratio decidendi propria della decisione impugnata, che ha giustificato la ripresa a tassazione non per il difetto di inerenza in sè dei costi, ma per il difetto di prova (pacificamente gravante sul contribuente: cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 7 settembre 2018, n. 21767; Cass. sez. 5, ord. 26 maggio 2017, n. 13300; Cass. sez. 5, 26 aprile 2017, n. 10269; Cass. sez. 5, 8 ottobre 2014, n. 21184; Cass. sez. 5, 27 marzo 2013, n. 7701) della certezza dei costi medesimi.

11.1. Avendo l’Ufficio contestato la deducibilità per l’anno d’imposta in esame dei costi riferiti alle fatture oggetto di puntuale indicazione in ricorso, in relazione a detto profilo, correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la carenza della documentazione prodotta ai fini della giustificazione di detti costi non soddisfacesse l’onere della prova al riguardo incombente al contribuente.

12. In conclusione il ricorso va accolto limitatamente al terzo motivo nei limiti sopra indicati, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto: “In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai versamenti effettuati su conto corrente, dal professionista o lavoratore autonomo, sicchè questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti a fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti”.

13. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto nei limiti indicati e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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