Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5479 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 10/02/2010, dep. 05/03/2010), n.5479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17539-2008 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOLZANO 28,

presso lo studio dell’avvocato MASCI MARCO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FULCHERI RAIMONDO, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (Ufficio di Biella) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 14/2007 della Commissione Tributaria Regionale

di TORINO del 23.1.07, depositata il 09/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/02/2010 dal Presidente Relatore Dott. FERNANDO LUPI.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “La CTR del Piemonte ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate di Biella nei confronti di B.A., medico pediatra. Ha ritenuto in motivazione che dall’esame della quadro sinottico esposto nell’atto di appello si evinceva che la dottoressa si avvaleva una vera e propria struttura e doveva esser quindi soggetta all’imposta. Propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo la contribuente, l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Va premesso che la interpretazione della normativa sull’IRAP data dalla Corte Cost. con sentenza n. 156/2001 e da questa Corte, tra le tante n. 3676/07, è nel senso che presupposti dell’imposta sono costituiti dal possesso di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio della professione o dall’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui.

Con il primo motivo la contribuente, deducendo insufficiente motivazione, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto la presenza di lavoro dipendente, mentre i compensi a terzi si riferivano a sostituzioni o a prestazioni professionali, per non avere tenuto conto dell’incidenza percentuale dei compensi a terzi e delle spese e della loro composizione.

Le censure sono infondate. La sentenza non ha accertato la presenza di lavoratori dipendenti, ma ha fatto riferimento al prospetto,contenuto nell’appello e trascritto nel ricorso per cassazione, dal quale risultano per i tre anni di riferimento spese per beni strumentali e compensi a terzi di 26 milioni per il primo anno, di 43 per il secondo e di 27 milioni per il terzo, somme che ha ritenuto eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio della professione medica, valutazione della quale non è stata evidenziata l’illogicità, se non implicitamente, per la dedotta mancata valutazione della incidenza percentuale. Questo dato però non ha alcuna rilevanza ai fini del decidere del diritto all’esenzione dall’IRAP. Infatti quel che rileva, non è la congruità delle spese rispetto ai compensi, ma la loro entità assoluta e cioè nel corrispondere l’ammontare di essi o meno al minimo indispensabile per l’esercizio della professione, che il giudice di merito ha escluso con valutazione non adeguatamente censurata. Si deve concludere per il rigetto del ricorso”.

Rilevato che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti costituite, che la contribuente ha depositato memoria considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 375 c.p.c., n. 5 della manifesta infondatezza del ricorso e che, pertanto, la sentenza impugnata vada confermata, infatti la memoria illustrativa ripete la censura di mancanza di lavoro dipendente circostanza irrilevante in quanto non rileva la forma giuridica del ricorso al lavoro altrui, quanto alle altre spese non evidenzia circostanze che rendano illogica la valutazione della loro entità non minimale.

In ordine alle spese deve seguirsi il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in Euro duecento per spese vive ed Euro mille per onorario.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

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