Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5478 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 28/02/2020), n.5478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12470/2018 R.G. proposto da:

IMMOBILIARE LOMBARDA SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO D’ITALIA 19,

presso lo studio dell’avvocato BARBARA SANTESE, rappresentata e

difesa dall’avvocato LUCA CICCARELLI;

– ricorrente –

contro

S.M., Z.D., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO MAURIELLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIANFRANCO DEL MONTE;

– controricorrenti –

contro

L.C.C., T.S., C.A., TEPICAL SRL,

B.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4345/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/10/2017;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio non partecipata

del 05/12/2019 dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

la Immobiliare Lombarda srl chiede, affidandosi ad un ricorso articolato su nove motivi e notificato a partire dal 17/04/2018, la cassazione della sentenza n. 4345 del di 17/10/2017 della Corte di appello di Milano, con cui è stato rigettato il suo appello avverso la reiezione della sua opposizione all’esecuzione immobiliare ai suoi danni intentata da Z.D., L.C.C., T.S., S.M. ed C.A. in forza di ordinanza di assegnazione di crediti ex art. 553 c.p.c. conseguita da costoro – e dall’interventrice Tepical srl – all’esito di procedura di espropriazione presso terzi intentata anche contro l’originaria debitrice Immobiliare Beniamino srl e definita in forza di sentenza di primo grado di accertamento dell’obbligo del terzo, gravata di appello;

degli intimati notificano controricorso S.M. e Z.D., mentre gli altri (Tepical srl, L.C.C., T.S., C.A., B.M.) non espletano attività difensiva in questa sede;

è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

non sono depositate memorie ai sensi del medesimo art. 380-bis, comma 2, u.p..

Diritto

CONSIDERATO

che:

preliminarmente, non rileva alcun ulteriore approfondimento sulla ritualità o completezza delle notifiche del ricorso per cassazione anche agli intimati diversi dai controricorrenti (essendo notoriamente nulla la notifica al procuratore costituito in gradi precedenti, ove la parte sia rimasta contumace in quello concluso con la sentenza gravata; e mancando prova del completamento della stessa almeno a L.C. e B. di persona), risultando superflua una loro eventuale rinnovazione (in applicazione dell’art. 331 c.p.c.) per i principi generali affermati da questa Corte fin da Cass. Sez. U. ord. 22/03/2010, n. 6826 (seguita, tra moltissime, da Cass. Sez. U. 22/12/2015, n. 25772), per l’evenienza della inammissibilità del ricorso (estesi a quella di manifesta infondatezza, tra molte, da Cass. 21/09/2015, n. 18478, ovvero da Cass. 21/05/2018, n. 12515);

ciò posto, premesso che l’opposizione definita con la sentenza qui gravata è rivolta ad un’esecuzione immobiliare fondata su ordinanza di assegnazione di crediti ai sensi dell’art. 553 c.p.c., si osserva che la ricorrente:

– ripropone, coi primi due motivi, la tesi della non immediata esecutività della sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo resa in primo grado (come disciplinato dal regime anteriore alla novella del 2012/13), con conseguente irritualità tanto dell’immediata riassunzione del procedimento di espropriazione presso terzi che dell’ordinanza di assegnazione poi posta a base dell’opposta espropriazione immobiliare ai suoi danni;

– sottopone poi – coi motivi terzo, quarto e quinto – anche a questa Corte la tesi della non configurabilità di un valido titolo esecutivo in danno del terzo assegnato nell’ordinanza ex art. 553 c.p.c.;

– deduce, col sesto motivo, la carenza di titolo nei confronti della Tepical srl, avendo essa ottenuto solo un’assegnazione di somme malamente, a suo dire, trasformati in crediti;

– lamenta, col settimo motivo, omessa pronuncia sulla doglianza di opponibilità all’aggiudicatario B. delle illegittimità denunciate coi precedenti;

– censura, con l’ottavo motivo, la propria condanna ex art. 96 c.p.c. e col successivo deduce, pure riconoscendo l’estraneità della circostanza al giudizio di legittimità, lo stato di decozione dell’originaria debitrice esecutata Immobiliare Beniamino srl;

i primi due motivi sono inammissibili, perchè non si fanno carico della ratio decidendi della corte d’appello sull’inammissibilità della mera riproposizione delle tesi ed argomentazioni di primo grado; essi, del resto, riguardano pretesi vizi o altri profili di illegittimità dell’ordinanza di assegnazione, i quali, costituendo invece quella un titolo esecutivo giudiziale, andavano fatti valere esclusivamente con l’impugnazione di quella coi mezzi a tale scopo espressamente previsti dall’ordinamento (tra molte, v.: Cass. 25/02/2016, n. 3712; Cass. ord. 24/03/2017, n. 7706);

i motivi dal terzo al quinto sono manifestamente infondati e quindi inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, perchè è conforme a giurisprudenza a dir poco consolidata che l’ordinanza ai sensi dell’art. 553 c.p.c. costituisca titolo esecutivo contro il terzo assegnato ed a favore dell’originario creditore procedente (per tutte e per limitarsi alle più recenti: Cass. ord. 12/04/2018, n. 9173; Cass. 10/05/2016, n. 9390);

il sesto motivo è manifestamente infondato e così inammissibile (ex art. 360-bis c.p.c., n. 1) perchè fondato su fatti che andavano fatti valere mediante tempestiva opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione (tra molte, v.: Cass. 25/02/2016, n. 3712; Cass. ord. 24/0:3/2017, n. 7706);

il settimo motivo è inammissibile perchè manifestamente infondato (ex art. 360-bis c.p.c., n. 1) alla stregua della non opponibilità all’aggiudicatario di vizi addirittura anteriori alla formazione del titolo (Cass. Sez. U. 28/11/2012, n. 21110); e comunque perchè l’esclusione – poco importa se in rito o nel merito – dei vizi o delle diverse illegittimità sostenute dall’opponente correttamente comporta l’irrilevanza della questione di una loro eventuale opponibilità all’aggiudicatario;

l’ottavo motivo è inammissibile, risolvendosi in una censura di fatto, non consentita nella presente sede di legittimità, la contestazione dei presupposti della condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c. (ravvisati, del resto non implausibilmente, nell’inammissibilità di una mera riproposizione di argomenti già trattati in primo grado senza adeguato confronto con le ragioni della decisione della sentenza appellata);

va infine esclusa l’ammissibilità del nono motivo, estraneo – per ammissione della stessa ricorrente – al giudizio di legittimità;

va preso atto, restando irrilevante ai fini della definizione del presente giudizio di legittimità, che il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo (assoggettato ad esecuzione in proprio ed odierno ricorrente), sia pure con un ridimensionamento in secondo grado del credito accertato, è stato definito con sentenza di questa Corte n. 30626 del 27/11/2018, di inammissibilità del ricorso dell’odierna ricorrente contro la sentenza di appello;

il ricorso va allora dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, tra loro in solido per l’evidente pari interesse in causa;

va dato infine atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito, sempre che quello sia dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti e tra loro in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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