Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5477 del 07/03/2018
Civile Sent. Sez. 1 Num. 5477 Anno 2018
Presidente: AM BROSIO ANNAMARIA
Relatore: DI MARZIO MAURO
SENTENZA
sul ricorso 28667/2013 proposto da:
o
Cusmano Giovanni, elettivamente domiciliato in Roma, Via Francesco
Saverio Nitti n.ll, presso lo studio dell’avvocato Rasi Salvatore
Alberto, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
Cappellini
Marina,
Mattavelli
Federico,
Moreni
Giovanni,
giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
Fallimento Si re Società di Investimento e Ricerca Europea S.r.l.;
– intimata –
)
Corte di Casazione – copia non ufficiale
Data pubblicazione: 07/03/2018
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avverso la sentenza n.
3456/2012 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 29/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/09/2017 dal cons. DI MARZIO MAURO
AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato Salvatore Alberto Rasi che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
l. –
Con sentenza del 29 ottobre 2011 la Corte d’appello di Milano,
riformando una precedente sentenza del locale Tribunale, ha respinto
la domanda spiegata da Cusmano Giovanni nei confronti di Società di
Investimento e Ricerca Europea S.r.l., e quindi del Fallimento della
medesima
società,
volta
ad
ottenere
la
condanna
della
parte
convenuta al pagamento del complessivo importo di € 285.000,00,
dovutegli, quanto a € 105.000,00 a titolo di compenso spettantegli
quale amministratore della società, in forza di nomina deliberata
dall’assemblea della società ed in relazione all’entità del compenso
pattuito per contratto stipulato con l’amministratore delegato della
stessa, e, quanto a € 180.000,00, a titolo di risarcimento del danno
cagionato dalla revoca dell’incarico senza giusta causa.
A fondamento della decisione la Corte territoriale ha ritenuto che
l’amministratore delegato non avesse il potere di pattuire l’entità del
compenso convenuto con il Cusmano nella misura di € 180.000,00
annui, dal momento che lo statuto della società attribuiva la nomina
degli
amministratori
e
la
determinazione
del
loro
compenso
all’assemblea, aggiungendo che l’inefficacia del contratto, perché
stipulato da soggetto non legittimato era apponibile al Cusmano, che
2
Corte di Casazione – copia non ufficiale
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE
non rivestiva la qualità di terzo, avendo già accettato la carica di
amministratore della società.
2. –
Per la cassazione della sentenza Cusmano Giovanni ha proposto
Il Fallimento Società di Investimento e Ricerca Europea S.r.l. non ha
spiegato difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorso contiene quattro motivi.
1.1. –
Il primo motivo di ricorso è rubricato: «Violazione e/o falsa
applicazione dell’articolo 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 numero
3 c.p.c.».
Sostiene il ricorrente che la società convenuta si sarebbe limitata ad
eccepire
che
l’amministratore
delegato
non
aveva
i
poteri
di
rappresentanza per poter sottoscrivere il contratto con cui era stato
determinato il compenso spettante ad esso Cusmano, sicché essa era
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assoggettatali relativo onere probatorio, onere che non era stato
assolto.
1.2. – Il secondo motivo di ricorso è rubricato: «Omesso esame circa
un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 numero 5
c.p.c.».
Afferma il Cusmano che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere
provata
la
carenza
di
potere
rappresentativo
in
capo
all’amministratore delegato, senza considerare un documento da esso
prodotto da cui risultava che egli aveva il potere di stipulare contratti
di mandato.
Corte di Casazione – copia non ufficiale
ricorso affidato a quattro motivi illustrati da memoria.
1.3. –
Il terzo motivo di ricorso è rubricato: «Violazione ejo falsa
applicazione dell’articolo 2384 c.c. in relazione all’articolo 360 numero
3 c.p.c.».
La doglianza è volta a sostenere che la Corte territoriale avrebbe
nell’escludere
la
sua
qualità
di
terzo,
per
gli
effetti
dell’applicazione della regola stabilita dall’articolo 2384, secondo
comma, c.c ..
1.4. –
Il quarto motivo di ricorso è rubricato: «Violazione ejo falsa
applicazione dell’articolo 1372 c.c. in relazione all’articolo 360 numero
3 c.p.c.».
Si sostiene il contratto stipulato con l’amministratore delegato non
poteva ritenersi inefficace sulla base di clausole contrattuali afferenti
ad un differente contratto, ossia il contratto di società, concluso tra
parti differenti.
2. – Il ricorso va respinto.
2.1. – Il primo motivo è infondato.
Ed infatti la Corte territoriale, lungi dall’attribuire al Cusmano l’onere
probatorio
concernente
la
titolarità,
in
capo
all’amministratore
delegato, del potere di stipulare il contratto avente ad oggetto, tra
l’altro, la quantificazione del compenso di cui si discute, ha ritenuto in
concreto provata tale limitazione, sia perché la società, in data
antecedente alla stipula del contratto, aveva attribuito all’assemblea
la nomina degli amministratori e la determinazione del compenso, sia
perché, d’altro canto il Cusmano non aveva spiegato in proposito tanto
si
afferma
contestazione.
pagina
6 della
sentenza
–
alcuna
specifica
Corte di Casazione – copia non ufficiale
errato
2.2. – Il secondo motivo è inammissibile.
Il «fatto» cui si riferisce l’articolo 360 numero 5 c.p.c., nel testo
applicabile ratione temporis, è un preciso fatto storico (ex multis
Cass. n. 21152/2014), che deve essere decisivo che deve essere
Cusmano
lamenta
invece
la
mancata
considerazione
di
un
documento, il quale, secondo la sua opinione, dimostrerebbe la
titolarità dei poteri di stipulare il menzionato contratto da parte
dell’amministratore delegato, il che non ha nulla a che vedere con il
vizio motivazionale previsto dalla norma invocata, ma si colloca dal
versante della valutazione del
giudizio,
valutazione
materiale probatorio acquisito al
istituzionalmente
interdetta
alla
Corte
di
cassazione.
2.3. – Il terzo e quarto motivo, che per il loro collegamento possono
essere simultaneamente esaminati, concernendo entrambi il rilievo
della
previsione
statutaria
la
quale
affidava
all’assemblea
la
determinazione del compenso agli amministratori, vanno respinti.
Quantunque l’articolo 2384 c.c., laddove disciplina l’apponibilità «ai
terzi» delle limitazioni ai poteri degli amministratori, si riferisca in
effetti ai terzi rispetto al contratto sociale, ciò non basta alla
cassazione della sentenza, dovendosi considerare che l’articolo 2389
c.c., sotto la rubrica: «Compensi agli amministratori», dispone che:
«I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione …
sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea»: è agevole in
proposito rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno
evidenziato la natura imperativa e inderogabile della previsione
normativa, discendente dall’essere la disciplina del funzionamento
delle società
dettata, anche,
nell’interesse pubblico al
regolare
svolgimento dell’attività economica, oltre che dalla previsione come
l
Corte di Casazione – copia non ufficiale
stata oggetto di discussione tra le parti: nel caso in esame il
delitto della percezione di compensi non previamente deliberati
dall’assemblea
(Cass.,
Sez.
Un.,
29
agosto
2008,
n.
21933
pronunciata in riferimento all’articolo 2389, primo comma, c.c., nel
testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al
17673; Cass. 4 settembre 2013, n. 20265).
Sicché, dopo aver rammentato che la Società di Investimento e
Ricerca Europea era configurata all’epoca come società per azioni
(tanto emerge dall’espositiva a pagina 2 del ricorso), resta soltanto
da dire che l’insussistenza in capo all’amministratore delegato del
potere di
determinare
il
compenso
all’amministratore
Cusmano
derivava nella specie non soltanto dallo statuto, riproduttivo della
previsione legale, ma direttamente dalla norma come si è visto
inderogabile, sicché neppure si pone un problema di apponibilità di
detta limitazione del potere dell’amministratore.
Così modificata la motivazione sul punto, le esaminate doglianze
vanno dunque disattese.
3. Il ricorso è respinto. Nulla per le spese. Sussistono
presupposti
per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; nulla per le spese; dichiara, ai sensi del d.P.R. n.
115 del 2002, articolo 13, comma
l
quater, che sussistono i
presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma l bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione
civile, il 28 settembre 2017.
Corte di Casazione – copia non ufficiale
d.lgs. n. 6 del 2003; successivamente Cass. 19 luglio 2013, n.
Corte di Casazione – copia non ufficiale