Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5475 del 07/03/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5475 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: DE MARINIS NICOLA

ORDINANZA
sul ricorso 28986-2015 proposto da:
CASCIONE ANTONIO, quale crede della sig.ra Colussi Luisa,
elettivamente domiciliato in ROMA, CIRC.NE CLODIA 80, presso lo
studio dell’avvocato ALBERTO PROSPERINI, che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliato in ROMA, V. CESARE BECCARLA 29, presso
l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e
difeso dagli avvocati EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA
PULLI, MURO RICCI;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 07/03/2018

avverso la sentenza n. 3984/2015 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 28/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/12/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE
MARINIS.

che, con sentenza del 28 maggio 2015, la Corte d’Appello di Roma, in
parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, accoglieva la
domanda proposta da Antonio Cascione nella qualità di erede di Maria
Colussi nei confronti dell’INPS, anche relativamente al dovuto alla
dante causa a titolo di indennità di accompagnamento per il periodo
1.4/31.12.2010 oltre interessi legali al saldo con decorrenza dal 121°
giorno successivo alla data di presentazione della domanda
amministrativa;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto
di dover condividere il giudizio espresso dal CTU in ordine alla
sussistenza, in ragione delle patologie riscontrate già dalla data della
domanda amministrativa, del requisito sanitario legittimante il beneficio;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il Cascione, affidando
l’impugnazione a due motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con
controricorso, l’INPS;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è
stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione
dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

che il Coillegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e
falsa applicazione degli artt. 112, 342, 336, comma 1 c.p.c., 2909 c.c. e
Ric. 2015 n. 28986 sez. ML – ud. 20-12-2017
-2-

RILEVATO

324 c.p.c. in relazione all’art. 360,comma 1, n. 4 c.p.c., lamenta il
contrasto con i principi della soccombenza, della corrispondenza tra
chiesto e pronunciato e del giudicato della statuizione dalla Corte
territoriale resa implicitamente, con la dicitura “ferma nel resto” riferita
alla sentenza di prime cure, in ordine alle spese di lite, che, a suo dire,

tesa a riconoscere la totale fondatezza dell’originaria domanda, la
compensazione per un terzo disposta dal Tribunale;

che, con il secondo motivo, il ricorrente, denunciando la violazione e
falsa applicazione degli artt. 92, comma 2, e 91 c.p.c., deduce la non
conformità a diritto della statuizione resa in punto spese dalla Corte
territoriale ove risulti contemplata la parziale compensazione prevista in
primo grado non sorretta da alcuna motivazione;

che, i due motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono esser
qui trattati congiuntamente, risultano infondati, atteso che, diversamente
da quanto prospetta il ricorrente, deve ritenersi che la Corte territoriale,
lungi dal confermare la compensazione disposta in primo grado, abbia
provveduto ad una nuova liquidazione, peraltro facendo riferimento alla
somma risultante dalla precedente compensazione quale importo
complessivamente congruo ai fini della condanna alle spese del primo
grado poste a carico dell’INPS, sulla base di una valutazione che in
questa sede il ricorrente non ha fatto oggetto di censura sotto l’unico
rilevante profilo della conformità di essa alle tariffe forensi in vigore;

che, pertanto, condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va
rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo;

P.Q.M.

Ric. 2015 n. 28986 sez. ML – ud. 20-12-2017
-3-

finirebbe per confermare, a fronte della diversa pronunzia nel merito

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00
per esborsi ed euro 1.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15%
ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 dicembre 2017
sidente

della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del

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