Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5471 del 07/03/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5471 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: DE MARINIS NICOLA

ORDINANZA
sul ricorso 25729-2015 proposto da:
SOFFERENTI CHIARA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
PANAMA 86, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO
GARZUGLL-k, che la rappresenta e difende;
– ricorrente contro
VEGA RENT SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio
dell’avvocato CARLA RIZZO, che loarappresenta e difende
unitamente all’avvocato FABRIZIO DOMENICO MASTRANGELI;

controricorrente

avverso la sentenza n. 83/2015 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositata il 24/04/2015;

Data pubblicazione: 07/03/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/12/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE
MARINIS.

RILEVATO
che, con sentenza del 24 aprile 2015, la Corte d’Appello di Perugia, in

domanda proposta da Chiara Sofferenti nei confronti della Vega Rent
S.r.l. in liquidazione, riconoscendole un credito per differenze retributive
pari ad curo 4.860,00, ma altresì la domanda riconvenzionale della
Società, riconoscendola creditrice nei confronti della Sofferenti, a titolo
di risarcimento del danno, dato dall’ammanco di cassa alla stessa
imputabile in conseguenza dei gravi inadempimenti ai propri obblighi
lavorativi, della somma di euro 22.899,20 e così, operata la
compensazione giudiziale dei reciproci crediti, disponeva per la
condanna della Sofferenti al pagamento in favore della Società
dell’importo risultante oltre interessi legali dalla cessazione del rapporto
al saldo ;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto
provata la pretesa risarcitoria della Società sulla base della
documentazione prodotta che trovava riscontro nella CTU contabile le
cui risultanze non venivano contestate dalle parti e non dovute, delle
differenze retributive richieste dalla Sofferenti, le mensilità di settembre
e ottobre 2005 regolarmente percepite e gli importi a titolo di indennità
per ferie e permessi non goduti in difetto della prova della mancata
fruizione;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Sofferenti, affidando
l’impugnazione a due motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con
controricorso, la Società che ha, a sua volta, presentato memoria;

Ric. 2015 n. 25729 sez. ML – ud. 20-12-2017
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parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Terni, accoglieva la

-

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è
stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione
dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e
falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in una con il vizio di motivazione,
imputa alla Corte territoriale l’omessa e/o errata valutazione delle prove
acquisite non unanimi nell’individuare nella Sofferenti l’incaricata della
riscossione dei pagamenti della Società e perciò tali da escludere
l’imputabilità alla medesima del pregiudizio addebitatole, del resto mai
formalmente contestatole, circostanza questa parimenti non considerata
dalla Corte territoriale;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa
applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., la ricorrente imputa alla Corte
un errore di calcolo nella quantificazione del credito come riconosciuto
nonché la decurtazione di importi corrispondenti a voci retributive non
contestate o comunque contestate senza alcun supporto probatorio

che il primo motivo deve ritenersi inammissibile, risolvendosi le censure
sollevate dalla ricorrente nella prospettazione di un vizio di motivazione,
se non nella sollecitazione di una valutazione nel merito delle
testimonianze escusse diverso da quello cui, nell’esercizio del suo libero
apprezzamento, è pervenuto il giudice del merito, da sempre estranea
all’ambito del giudizio di legittimità;

parimenti inammissibile si rivela il secondo motivo, atteso che
l’impugnazione formulata si sostanzia nella riproposizione di rilievi già
prospettati in sede di gravame che nella motivazione dell’impugnata

Ric. 2015 n. 25729 sez. ML – ud. 20-12-2017
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sentenza trovano puntuali risposte qui non fatte oggetto di specifica
censura;
che, pertanto, condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va
dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in
euro 200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi, oltre spese
generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 dicembre 2017

dispositivo;

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