Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5470 del 03/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 03/03/2017, (ud. 10/01/2017, dep.03/03/2017),  n. 5470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 776/2015 proposto da:

M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato RENZO

CASACCI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, ((OMISSIS)), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1524/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

23/07/2014, depositata il 22/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. AUGUSTO

TATANGELO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.N. ha agito in giudizio nei confronti del Ministero della Salute per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della contrazione del virus HBV e HCV in conseguenza di assunzione di emoderivati presso una struttura ospedaliera.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Firenze.

La Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della decisione di primo grado (ed in accoglimento dell’appello incidentale, con riguardo alla data di decorrenza della prescrizione), ha confermato il rigetto, per intervenuta prescrizione del diritto fatto valere in giudizio.

Ricorre il M., sulla base di nove motivi, illustrati con memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Resiste con controricorso il Ministero della Salute.

Il ricorso è stato trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., apparendo destinato ad essere rigettato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., art. 1367 c.c. e degli artt. 6, 13 e 53 CEDU in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 40 c.p. e dell’art. 41 c.p. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. e degli artt. 13 e 6 e 53 CEDU in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5”.

I primi due motivi del ricorso riguardano questioni (nesso causale tra assunzione di emoderivati e contrazione del virus) del tutto estranee alle ragioni della decisione impugnata (se non per i profili indirettamente attinenti alla prescrizione, che troveranno esame in relazione alle altre censure). Essi sono pertanto inammissibili.

2. Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., artt. 1175, 2935, 2947 c.c., art. 2941 c.c., comma 1, n. 8, art. 2729c.c., art. 97 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Con il quarto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., dell’art. 2697 c.c., comma 2, degli artt. 112 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con il quinto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., dell’art. 1173 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Con il sesto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 e 132 c.p.c. e degli artt. 6, 13 e 53 CEDU in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., comma 3, artt. 40, 41, 438, 452 c.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., comma 3, art. 157 c.p. (testo previgente) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Con il settimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 32 Cost., artt. 2043, 2058, 2934, 2935, 2947 c.c., art. 53 CEDU in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Con l’ottavo motivo si denunzia “Richiamo a tutte le violazioni già indicate nei singoli capi da 1 a 7, oltre che all’art. 74 disp. att. c.p.c. ed all’art. 53 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

I motivi dal terzo all’ottavo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, avendo tutti ad oggetto, in sostanza, la questione della decorrenza del termine di prescrizione.

Essi sono manifestamente infondati.

Su tale questione, infatti, la decisione impugnata risulta conforme ai principi di diritto ripetutamente affermati da questa Corte con riguardo al contagio da emotrafusioni, principi applicabili anche all’ipotesi di contagio per somministrazione di emoderivati (ed in relazione ai quali il ricorso non contiene motivi tali da indurre la Corte a mutare orientamento), per cui:

– “la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, nè sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui all’art. 4 della legge n. 210 del 1992, bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa)” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008, Rv. 600901; sull’affermazione per cui il limite ultimo della decorrenza della prescrizione è “da ritenersi coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione Medica Ospedaliera di cui alla L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 4, ma con la proposizione della relativa domanda amministrativa, che attesta l’esistenza, in capo all’interessato, di una sufficiente ed adeguata percezione della malattia”, si vedano anche: Cass., Sez. U, Sentenza n. 581 del 11/01/2008 Rv. 600912; Sez. 3, Sentenza n. 28464 del 19/12/2013, Rv. 629132; Sez. 6-1, Ordinanza n. 16550 del 02/07/2013, Rv. 627140; Sez. 3, Sentenza n. 6213 del 31/03/2016, Rv. 639256);

– la presentazione della domanda di indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, segna solo il limite temporale ultimo di possibile decorrenza del termine di prescrizione, senza che ciò escluda la possibilità di collocare l’effettiva conoscenza della rapportabilità causale della malattia in un momento precedente, tenendo conto delle informazioni in possesso del danneggiato e della diffusione delle conoscenze scientifiche, in base ad un accertamento che è rimesso al giudice del merito (in tal senso: Cass., Sez. 6-3, Sentenza n. 23635 del 18/11/2015, Rv. 637785; Sentenza n. 10551 del 22/05/2015, non massimata; Sentenza n. 10530 del 22/05/ 2015, non massimata);

– una volta formulata un’eccezione di prescrizione, anche di ufficio il giudice identifica, nei fatti allegati o comunque risultanti dagli atti di causa, quelli rilevanti ai fini della valutazione della fondatezza o meno dell’eccezione stessa (cfr.: Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 18217 del 26/08/2014; Sez. 6-3, Ordinanza n. 22592 del 23/10/2014, entrambe non massimate; cfr. anche, in generale: Cass., Sez. U, Sentenza n. 10955 del 25/07/2002, Rv. 556223; Sez. 3, Sentenza n. 24037 del 13/11/2009, Rv. 610673; e, specificamente, anche in punto di decorrenza, quest’ultima integrando una mera contro eccezione, tra le ultime: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 4238 del 21/02/2011, Rv. 617106; Sez. 3, Sentenza n. 28292 del 22/12/2011, Rv. 620664; Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013, specialmente paragrafo 7 della motivazione; Sez. 6-3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013, Rv. 628540; Sez. 6-3, Sentenza n. 19996 del 30/08/2013, n. 19996, non massimata; Sez. 3, Sentenza n. 26795 del 29/11/2013, n. 26795; Sez. 1, Sentenza n. 9993 del 16/05/2016, Rv. 639742 e 639743).

Nella specie, la corte di appello ha accertato che il M. aveva avanzato la domanda amministrativa per ottenere l’indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992 in data certamente anteriore al 7 marzo 1994. Ne ha fatto discendere l’irrilevanza del preteso atto interruttivo del 12 giugno 2000, e a fortiori dei successivi, anteriori all’atto introduttivo del presente giudizio notificato nel settembre 2004, ed ha pertanto ritenuto prescritto il suo diritto.

Si tratta di accertamenti di merito espressi all’esito della corretta valutazione di tutti i fatti rilevanti emergenti dall’istruttoria, ed adeguatamente motivati, dei quali in sostanza il ricorrente finisce per chiedere una revisione, il che non è consentito nella presente sede di legittimità.

Va comunque precisato che:

– è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata con il settimo motivo del ricorso, in relazione alle disposizioni che non prevedono l’imprescrittibilità delle pretese risarcitorie conseguenti alla lesione di diritti fondamentali come quello alla salute; è appena il caso di ribadire sul punto che l’obbligazione di risarcimento dei danni conseguenti alla lesione di diritti fondamentali (e, in particolare, del diritto alla salute) non può qualificarsi essa stessa un diritto fondamentale, ma è un diritto di contenuto patrimoniale, in relazione al quale, di conseguenza, l’applicabilità degli ordinari termini di prescrizione non si pone in contrasto con alcun precetto costituzionale;

– il quarto motivo è (oltre che infondato) altresì inammissibile, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quanto non risulta che la questione della mancata idonea proposizione dell’eccezione di prescrizione da parte del Ministero convenuto abbia costituito specifico motivo di gravame (ed il ricorrente non ha indicato gli atti in cui ciò sarebbe avvenuto, richiamandone il contenuto rilevante);

– l’ottavo motivo è (oltre che infondato) altresì inammissibile per difetto di specificità, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, nella parte relativa alla questione della produzione della lettera del giugno 2000, dal momento che, come già precisato, si tratta di documento irrilevante ai fini della decisione.

3. Con il nono motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Il motivo risulta manifestamente infondato, in conseguenza del mancato accoglimento dei primi otto.

4. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto della citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di

legittimità in favore dell’amministrazione controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2017

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