Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5468 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 28/02/2020), n.5468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 03417/2018 R.G. proposto da

B.R.B., da considerarsi, in difetto di elezione di

domicilio in Roma, per legge domiciliata ivi, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO

DEFILIPPI;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. DE CAMILLIS

23, scala A, interno 11, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO

TONZANI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1785/2017 del TRIBUNALE di LUCCA, depositata

il 06/10/2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 21/11/2019 dal Consigliere Dott. DE STEFANO Franco.

Fatto

RILEVATO

che:

B.R.B. ricorre, affidandosi a due motivi e con atto notificato a mezzo p.e.c. il 18/01/2018, per la cassazione della sentenza n. 1785 del 06/10/2017 addotta come notificata il 21/11/2017 – del Tribunale di Lucca, che ha rigettato il suo appello avverso la reiezione della sua domanda di restituzione ai sensi dell’art. 2041 c.c. delle somme percepite dall’avv. C.G. in esito a distribuzione del ricavato di procedura esecutiva immobiliare e sul presupposto dell’erroneità del piano di riparto per omesso computo degli acconti comunque in precedenza corrisposti;

resiste con controricorso l’intimato;

è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

non sono depositate memorie ai sensi del medesimo art. 380-bis c.p.c., comma 2, ultima parte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

dei motivi di ricorso (il primo, di violazione dell’art. 2041 c.c.; il secondo, di omesso esame circa un fatto decisivo e discusso tra le parti), come pure delle argomentazioni svolte sul punto dal controricorrente, è superflua l’analitica illustrazione, per l’inammissibilità di quello;

in primo luogo, è irrimediabilmente carente l’esposizione dei fatti di causa, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3: invero, prima dell’illustrazione dei motivi si dà una descrizione talmente sommaria della causa petendi da renderla incomprensibile in base al contenuto del solo ricorso;

in secondo luogo:

– quanto al primo motivo, è principio consolidato (tanto da assurgere a parametro per la declaratoria di inammissibilità ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c.: Cass. Sez. U. 21/03/2017, n. 7155) che il processo esecutivo comporta un sistema chiuso di rimedi e non è ammessa allora, per inficiare i suoi atti o provvedimenti ed a maggior ragione per porre rimedio alle loro conseguenze, alcuna azione in forme diverse dalle opposizioni esecutive o dalle altre iniziative specificamente previste da detto sistema processuale (tra le ultime: Cas. 18/08/2011, n. 17371; Cass. 20/03/2014, n. 6521; Cass. 02/04/2014, n. 7708; Cass. 31/10/2014, n. 23182; Cass. 29/05/2015, n. 11172; Cass. ord. 14/06/2016, n. 12242; Cass. 06/03/2018, n. 5175);

– il secondo motivo è – anche per altro verso – inammissibile, perchè una statuizione di inammissibilità priva in radice il giudice della potestas iudicandi sul merito della questione, sicchè l’ulteriore motivazione in ordine all’infondatezza di quest’ultima deve qualificarsi come impropria ed anzi priva di qualsiasi valenza e la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare: pertanto, è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, che deve ritenersi svolta solamente ad abundantiam nella sentenza gravata (in termini: Cass. Sez. U. 20/02/2007, n. 3840; successivamente, tra molte altre: Cass. 05/07/2007, n. 15234; Cass. 02/05/2011, n. 9647; Cass. Sez. U. 17/06/2013, n. 15122; Cass. 19/12/2014, n. 27049; Cass. Sez. U. 02/10/2015, n. 19704; Cass. ord. 22/02/2017, n. 4541; Cass. ord. 11/10/2018, n. 25319);

il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile ed il soccombente ricorrente condannato alle spese del giudizio di legittimità;

poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto dal testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 febbraio 2020

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