Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5466 del 07/03/2018
Civile Ord. Sez. 6 Num. 5466 Anno 2018
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso 7793-2017 proposto da:
CASSATA VIRGINIA LIA, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza
Augusto Imperatore 22, presso lo studio dell’avvocato Guido Maria
Pottino, rappresentata e difesa dall’avvocato Nicolò Cassata;
– ricorrente contro
SCHIMMENTI GRAZIA, elettivamente domiciliata in Roma, Via Di
Monte Verde 162, presso lo studio dell’avvocato Giorgio Marcelli,
rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandro Scrima;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 72/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
depositata il 20/01/2017;
Data pubblicazione: 07/03/2018
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/01/2018 dal Consigliere LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;
Rilevato che:
– Cassata Virginia Lia ha proposto tre motivi di ricorso per la
territoriale confermò la pronuncia di primo grado, che, in
accoglimento della domanda proposta nei suoi confronti da
Schimmenti Grazia, ebbe a condannarla al pagamento in favore di
quest’ultima della quota dei frutti degli immobili comuni (provenienti
dall’eredità
di
Gullitta
Giuseppe)
alla
medesima spettante,
quantificata nella somma di euro 24.206,59;
– Schimmenti Grazia ha resistito con controricorso;
– la ricorrente ha depositato memoria;
Considerato che:
– il primo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 cod.
proc. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto non provata la
sussistenza di contratto comodato tra il de cuius e la Cassata) è
inammissibile, risolvendosi in una censura in fatto sulla valutazione
delle prove;
– il secondo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc.
civ., in relazione alla ritenuta cessazione del rapporto di comodato a
seguito della morte del comodante) rimane assorbito nel rigetto del
precedente motivo (in quanto l’insussistenza di un rapporto di
comodato esclude ogni rilievo della questione circa la sua pretesa
estinzione);
– il terzo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 cod.
proc. civ., per avere la Corte territoriale riconosciuto all’attrice il
danno da occupazione illegittima dell’immobile in assenza della prova
dell’an e senza tener conto dello stato reale degli immobili) è
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cassazione della sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte
inammissibile, in quanto – premesso che il comproprietario di un
bene fruttifero che ne abbia goduto per l’intero senza un titolo
giustificativo (esclusa l’applicabilità dell’art. 1148 cod. civ., che
disciplina il diverso caso della sorte dei frutti naturali o civili percepiti
dal possessore di buona fede tenuto a restituire la cosa al
rivendicante) deve corrispondere agli altri, quale ristoro per la
che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell’immobile
che si sarebbe potuto concedere a terzi secondo i correnti prezzi di
mercato, possono essere individuati, solo in mancanza di altri più
idonei criteri di valutazione, nei canoni di locazione percepibili per
l’immobile (Cass., Sez. 2, n. 20394 del 05/09/2013) – la censura si
risolve in una doglianza di merito circa l’accertamento del fatto (stato
dell’immobile) e la valutazione della C.T.U.;
– la memoria depositata dal difensore non offre argomenti nuovi
rispetto ai motivi di ricorso, essendo meramente reiterativa degli
stessi;
–
il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con
conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente,
al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;
– ricorrono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R.
n. 115/2002 per il raddoppio del versamento del contributo unificato;
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al
pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 (duemilatrecento)
per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli
esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
-3-
privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune, i frutti civili,
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione