Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5464 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 28/02/2020), n.5464

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 01760/2018 R.G. proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO STORACE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO MAZZEI;

– ricorrente –

contro

WIND TRE SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MONTESANTO 52, presso lo STUDIO LEGALE

BACCARI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOACCHINO F. BIFULCO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 546/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 06/06/2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 21/11/2019 dal Consigliere Dott. DE STEFANO Franco.

Fatto

RILEVATO

che:

F.L. – dichiarando di agire anche quale legale rappresentante di un’impresa verosimilmente individuale, denominata (OMISSIS) – ricorre, con atto articolato su due motivi e notificato il 29/12/2017, per la cassazione della sentenza n. 546 del 06/06/2017 della Corte d’appello di Salerno, che ha, in accoglimento dell’appello di Wind Telecomunicazioni spa ed in riforma della sentenza di condanna in primo grado per Euro 3.500,00 oltre accessori e spese, dichiarato improponibile – per omesso previo esperimento del tentativo di conciliazione dinanzi al Comitato regionale per le comunicazioni – la sua domanda di risarcimento dei danni per il mancato funzionamento dell’utenza telefonica riferita pure ad un’attività commerciale di ristorazione da lui gestita;

l’intimata ritiene di svolgere qui attività difensiva depositando una memoria, che non dimostra avere notificato ad alcuno;

è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

non sono depositate memorie ai sensi del medesimo art. 380-bis c.p.c., comma 2, u.p..

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

va preliminarmente dichiarata inammissibile la “memoria di costituzione” depositata dalla parte intimata che non abbia previamente notificato al ricorrente il controricorso nel termine previsto dall’art. 370 c.p.c., tale parte neppure potendo giovarsi della facoltà di presentare memorie in vista dell’adunanza camerale prevista dall’art. 380 bis c.p.c. (Cass. ord. 20/10/2017, n. 24835; Cass. Sez. U. ord. 10/04/2019, n. 10019);

ciò posto, il ricorrente – irrilevante ogni questione sulla spendita anche della qualità di legale rappresentante (anzichè di titolare) di un’impresa evidentemente individuale – si duole:

– col primo motivo, di violazione o falsa applicazione della L. n. 249 del 1997, art. 1, comma 11 e del Regolamento di procedura allegato alla Delib. AGCOM 182/02/CONS, artt. 1, 3 e 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, poichè la Corte di merito avrebbe errato e comunque emesso una sentenza nulla, là dove ha ritenuto – in contrasto con Cass. n. 14103/11 – che nel caso di mancata operatività dell’organo conciliativo CORECOM (Comitato regionale per le comunicazioni), il tentativo di conciliazione davanti ad organi alternativi (Camera di Commercio) fosse comunque obbligatorio e che il suo mancato esperimento comportasse l’improponibilità della domanda;

– col secondo motivo, di violazione o falsa applicazione della L. n. 249 del 1997, art. 1, comma 11, e del Regolamento di procedura allegato alla Delib. AGCOM 182/02/CONS, artt. 1, 3 e 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto la Corte di merito avrebbe errato e comunque emesso una sentenza nulla, là dove ha ritenuto – in contrasto con Cass. nn. 25611/16, 24711/16 e 14103/11 – che il mancato esperimento del tentativo di conciliazione ivi previsto desse luogo ad improponibilità definitiva della domanda, anzichè a temporanea improcedibilità dell’azione;

la peculiarità della controversia sta in ciò, che nessun tentativo di conciliazione, invece previsto come obbligatorio dalla normativa richiamata nelle rubriche dei motivi e da espletarsi dinanzi ai Co.re.com. è stato espletato: non quello dinanzi a tali Comitati, perchè, al tempo dell’instaurazione del giudizio, tale organismo non operava nella realtà territoriale dell’utente e cioè in Campania; non quello dinanzi ad organismi alternativi, pure previsti dalla normativa speciale in alternativa ai primi, in quanto dall’attore reputato facoltativo; mentre la Corte d’appello, nella qui gravata sentenza, ha ritenuto – pacifica la non attivazione dei Comitati al tempo in cui il tentativo avrebbe dovuto svolgersi – che comunque un tentativo obbligatorio di conciliazione andasse esperito e, dal suo mancato espletamento, ha fatto oltretutto discendere la radicale e definitiva improponibilità della domanda risarcitoria;

il primo motivo – ove il secondo non possa congiuntamente considerarsi – ha carattere assorbente ed è manifestamente fondato, alla stregua del principio già affermato fin da Cass. 27/06/2011, n. 14103, per la quale, “in tema di controversie tra gli organismi di telecomunicazione e gli utenti, nel regime introdotto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Delib. 182/02/CONS, art. 1, comma 3, laddove prevede che l’art. 12 dell’annesso Allegato A entri in vigore immediatamente ancorchè non siano funzionanti i Comitati regionali per le comunicazioni e, di conseguenza, che non sia esperibile il tentativo di conciliazione obbligatorio previsto dall’art. 3 dello stesso Allegato, va interpretato nel senso che detto tentativo è meramente facoltativo e non obbligatorio quando esso va esercitato dinanzi agli organismi alternativi ai Co.Re.Com. fino al funzionamento effettivo di questi” (nello stesso senso, tra le altre, Cass. ord. 21/02/2012, n. 2536);

in termini sostanzialmente analoghi, poi (Cass. ord. 24/10/2018, n. 26913), si è stabilito che, ai fini dell’integrazione della condizione di procedibilità della domanda giudiziale relativa a controversie tra gli organismi di telecomunicazione e gli utenti, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui alla Delib. 182/02/CONS, art. 3 dell’Allegato A dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non deve svolgersi necessariamente dinanzi ai Co.Re.Com., potendo le parti rivolgersi, alternativamente, alle camere di conciliazione istituite presso le Camere di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato, ovvero ad altri organismi che risultino muniti dei requisiti di imparzialità, trasparenza, efficacia ed equità auspicati dalla raccomandazione della Commissione Europea 2001-310-CE;

poichè a tale orientamento va assicurata continuità, la pronuncia di improponibilità e definitiva in rito è – non solo non in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. 24711/15, Cass. 25611/16, Cass. 4575/18), ma pure sicuramente errata ed ingiustamente soppressiva del diritto di azione dell’odierno ricorrente;

la gravata sentenza va pertanto cassata, con rinvio, per l’esame sotto ogni altro eventuale profilo in rito e nel merito del gravame a suo tempo proposto dall’odierna intimata, alla stessa corte territoriale, ma in diversa composizione;

al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità in riferimento all’esito complessivo della lite, valutati i vizi di costituzione dell’intimata in questa sede;

per essere stato accolto il ricorso, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la gravata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 febbraio 2020

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