Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5464 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/03/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 05/03/2010), n.5464

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

V.R.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia-Romagna n. 59/10/08 del 4/7/08.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto il ricorso del contribuente, promotore finanziario, contro il silenzio rifiuto formatosi su istanze di rimborso IRAP. L’intimato non. si è costituito.

Il ricorso contiene un motivo. Può essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) e rigettato, per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con l’unico motivo l’Agenzia sostiene, sotto il profilo della violazione di legge, che i promotori finanziari, in quanto imprenditori, sarebbero sempre soggetti ad IRAP. Il mezzo è manifestamente infondato in quanto le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (SS.UU. 12111/09)”;

che le parti non hanno presentato memorie;

che il collegio condivide la proposta del relatore;

che pertanto il ricorso deve essere rigettato;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese, in difetto di costituzione dell’intimato.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

 

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