Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5461 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 28/02/2020), n.5461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28809/2017 R.G. proposto da:

B.A., in proprio e nella dedotta qualità di titolare

dell’Azienda LA GRAMOLA, da considerarsi, in difetto di elezione di

domicilio in Roma, per legge domiciliata ivi, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

LUCIANO LORUSSO, RENZO VERDIANELLI;

– ricorrente –

contro

V.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. G. AVEZZANA

1, presso lo studio dell’avvocato ORNELLA MANFREDINI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati NINO SCRIPELLITI,

ELENA BELLANDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1360/2016 del TRIBUNALE di LIVORNO, depositata

il 10/11/2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 21/11/2019 dal Consigliere Dott. DE STEFANO Franco.

Fatto

RILEVATO

che:

la controversia seguita all’intimazione di uno sfratto per morosità ad opera di V.M. nei confronti di B.A. – e nella quale è stato chiamato in causa l’Istituto Oblati di San Giuseppe quale proprietario sovrastante quello oggetto di locazione nella prospettata qualità di responsabile dei danni pure dedotti in giudizio – è stata definita in primo grado dalla sentenza n. 1360 del 10/11/2016 del Tribunale di Livorno, l’appello avverso la quale si adduce essere stato dichiarato inammissibile ex art. 348-bis c.p.c. con ordinanza della Corte di appello medicea che si adduce resa il 21/09/2017 e comunicata il successivo 22;

B.A. ricorre, affidandosi a tre motivi e con atto notificato a mezzo p.e.c. il 21/10/2017, per la cassazione della sentenza di primo grado, accennando ad una spiegata revocazione;

l’intimata V.M. resiste con controricorso, notificato solo il 23/01/2018, con preliminare eccezione di tardività del ricorso;

è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

non sono depositate memorie ai sensi del medesimo art. 380-bis c.p.c., comma 2, u.p..

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

la mancata costituzione, benchè tardiva, dell’unica intimata rende applicabili i principi di Cass. Sez. U. 25/03/2019, n. 8312, in tema di inoperatività della sanzione di improcedibilità in caso di carenze formali nelle copie dei provvedimenti notificati resi oggetto di ricorso per cassazione, nonchè quelli di Cass. Sez. U. 24/09/2018, n. 22438, sulle conseguenze delle carenze formali delle copie analogiche dei ricorsi nativi informatici notificati a mezzo posta elettronica certificata;

il ricorso, che rispetta i termini di cui all’art. 348-ter c.p.c. quanto alla dichiarata data di comunicazione dell’ordinanza, è peraltro inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè si fonda su di una serie di emergenze dello svolgimento processale riguardo alle quali non fornisce un’indicazione specifica;

infatti, a prescindere pure dai dubbi sull’ammissibilità di una formulazione di motivi che si esaurisca nella pedissequa riproduzione di quelli di appello anche quando si tratti del peculiare ricorso per saltum di cui all’art. 348-ter c.p.c., nel ricorso è totalmente carente la specifica e puntuale indicazione dei mezzi o delle istanze istruttorie o delle tesi difensive che si pretendono pretermessi od anche solo malamente interpretati, del resto quanto a quest’ultimo punto essendo ormai precluso, in sede di legittimità e a differenza dall’appello, ogni controllo sulla motivazione resa dal giudice del merito, se non nei ristrettissimi limiti (nei quali evidentemente non rientra la presente fattispecie) di cui a Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014;

il ricorso è quindi inammissibile e tanto va dichiarato in dispositivo, ma l’ingiustificabile tardività del controricorso e la carenza di successive attività della controricorrente impediscono di liquidare in favore di quest’ultima le spese del giudizio di legittimità (da ultimo, Cass. ord. 24/08/2018, n. 21105);

poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo “, di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 febbraio 2020

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