Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 546 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 11/01/2017, (ud. 05/10/2016, dep.11/01/2017),  n. 546

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4572-2015 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DEL FANTE

2, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALMERI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUCA GIARDINI CANNIZZARO, giusto mandato a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMI E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 878/2014 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, emesso il 19/05/2014 e depositato il 03/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la Corte d’appello di Caltanissetta, con decreto depositato il 3 luglio 2014, ha rigettato il ricorso proposto da A.G. per la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dell’indennizzo in conseguenza della durata non ragionevole del giudizio pensionistico introdotto dinanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale pensioni civili di Roma, in data 9 maggio 1970, e definito con sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, depositata il 7 dicembre 2011, di rigetto della domanda, con compensazione delle spese di lite;

che la Corte d’appello ha escluso la sussistenza del patema d’animo derivante dal ritardo nella definizione del giudizio presupposto, rilevando che, come emergeva dalla articolata motivazione della sentenza suddetta, la domanda del ricorrente – che aveva ad oggetto il riconoscimento del trattamento pensionistico privilegiato per infermità dipendente da causa di servizio – era palesemente destituita di fondamento ab origine, e che il ricorrente aveva fatto un uso dello strumento processuale non conforme agli interessi e alle finalità di legge;

che, per la cassazione del decreto, ha proposto ricorso A.G., sulla base di tre motivi;

che il Ministero dell’economia e delle finanze ha depositato atto per l’eventuale partecipazione all’udienza.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 6, par. 1, della Convenzione EDU e della L. n. 89 del 2001, art. 2 nonchè dell’art. 167 c.p.c. e art. 2697 c.c.;

che secondo il ricorrente la Corte d’appello non avrebbe potuto valutare il merito della pretesa azionata nel giudizio presupposto, ai fini della sussistenza del diritto all’indennizzo, in quanto non consentito dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 nel testo antecedente alla riforma introdotta con il D.L. n. 83 del 2012, applicabile ratione temporis, e che, in ogni caso, si doveva escludere l’abuso del diritto, essendo provato che il ricorrente si era adoperato alla sollecita definizione del giudizio con il deposito dell’istanza di prelievo nel 1986;

che neppure era sostenibile la tesi della consapevolezza originaria della infondatezza della pretesa, giacchè il ricorrente aveva ottenuto il riconoscimento della causa di servizio, come comprovato dalla certificazione medica richiamata dalla stessa Corte d’appello, e del resto, quanto meno per i primi 30 anni di durata del giudizio presupposto (1970-2001), non era neppure astrattamente ipotizzabile la strumentalizzazione del processo ai fini dell’equa riparazione, non esistendo ancora la normativa di riferimento, introdotta con la L. n. 89 del 2001;

che, infine, il Ministero non aveva specificamente contestato in comparsa di risposta la sussistenza dtt1presupposti del diritto all’equa riparazione, essendosi limitato ad una generica difesa con cui rimetteva alla Corte d’appello ogni valutazione;

che con il secondo motivo è denunciata nullità della sentenza per erroneità del presupposto di fatto del mancato riconoscimento della causa di servizio, che era smentito dal parere espresso in data 4 ottobre 2011 dalla Commissione medico-legale per la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti Regione siciliana, riportato in ricorso;

che con il terzo motivo è denunciato vizio di motivazione, per omesso esame circa il fatto decisivo della sussistenza della causa di servizio;

che le doglianze sono fondate;

che, come ampiamente evidenziato da questa Corte (ex plurimis, Cass., sez. 6-2, sent. n. 21131 del 2015), in tema di equa riparazione, anche prima dell’intervento legislativo del 2012, l’indennizzo poteva essere negato a chi avesse agito o resistito temerariamente nel giudizio presupposto, pure in assenza di condanna per responsabilità aggravata nel giudizio presupposto, alla quale si riferisce il comma 2 quinquies, lett. a), che espressamente abilita il giudice della domanda di equa riparazione ad effettuare il relativo accertamento nei casi in cui questo non sia già stato compiuto dal giudice del giudizio presupposto;

che la statuizione di compensazione delle spese di lite disposta all’esito del giudizio presupposto, in quanto implica l’accertamento negativo della temerarietà ovvero dell’abuso del processo della parte soccombente, impedisce al giudice dell’equa riparazione di rivalutare tale profilo ed escludere ab origine il diritto all’indennizzo;

che rimane integro, evidentemente, anche in tali casi, il sindacato del giudice dell’equa riparazione in ordine alla permanenza dell’incertezza sull’esito della lite, con la possibilità di escludere il danno da irragionevole durata dal momento di cui si siano verificate sopravvenienze che elidono quell’incertezza e con essa il patema d’animo (Cass., sez. 6-2, sent. n. 4890 del 2015; Cass., sez. 6-2, sent. n. 18654 del 2014 non massimata);

che, nel caso di specie, la Corte d’appello ha negato il diritto all’equa riparazione ritenendo che il ricorrente fosse ab origine consapevole della infondatezza della pretesa, nonostante la disposta compensazione delle spese di lite del giudizio presupposto;

che il rilievo assorbe le ulteriori censure relative all’erronea ricognizione della fattispecie concreta e all’omesso esame del fatto decisivo dell’avvenuto riconoscimento della causa di servizio;

che all’accoglimento del ricorso segue la cassazione del decreto impugnato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale procederà ad un nuovo esame della domanda di equa riparazione, alla luce dei richiamati principi, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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