Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5457 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2020, (ud. 17/10/2019, dep. 28/02/2020), n.5457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12786-2018 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 257,

presso lo studio dell’avvocato MANUELA VENEZIA, rappresentata e

difesa dall’avvocato RODRIGO AMOROSO;

– ricorrente –

contro

IONIO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 106, presso

lo studio dell’avvocato PAOLA MARIA ANGELA VACCARO, rappresentata e

difesa dagli avvocati FRANCESCO ZOMPI’, MASSIMO SERGIO MERCURIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 346/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 27/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Casarano, condannò la Ionio s.r.l., rimasta contumace nel giudizio, al pagamento, in favore dell’attrice B.A., della somma di Euro 3.866,05, oltre interessi e con il carico delle spese, a titolo di risarcimento dei danni conseguenti al cedimento della struttura di una sedia sdraio di proprietà della convenuta, titolare di un esercizio turistico in località marina, cedimento che aveva causato la caduta dell’attrice con conseguenti danni.

2. Impugnata la decisione dalla società Ionio, la Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 27 marzo 2017, in accoglimento del gravame, dopo aver ricostruito l’iter processuale del giudizio di primo grado e tutti i vari tentativi di notifica dell’atto di citazione, ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado per ritenuta inesistenza della notifica dell’atto di citazione introduttivo, con conseguente impossibilità di disporre il regresso del procedimento ai sensi dell’art. 354 c.p.c.; il tutto con condanna della B. al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Lecce propone ricorso B.A. con atto affidato a due motivi.

Resiste la Ionio s.r.l. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 140,149,156,157 e 160 c.p.c.; con il secondo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 354 c.p.c..

Sostiene la ricorrente – dopo aver ripercorso i principali passaggi della motivazione con la quale la Corte d’appello è pervenuta alla conclusione che la notifica dell’atto di citazione era da considerare inesistente – che tale decisione sarebbe errata perchè la giurisprudenza di questa Corte avrebbe ridotto, per non dire eliminato del tutto, la figura giuridica della inesistenza della notifica; e comunque, nella specie, potrebbe trattarsi, tutt’al più, di una notifica nulla, per cui la Corte di merito avrebbe dovuto rimettere la causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 354 cit., e non dichiarare semplicemente la nullità della sentenza del Tribunale.

2. I due motivi, supportati da argomentazioni in sostanza coincidenti, sono da trattare congiuntamente, data l’evidente connessione che li unisce.

Essi sono entrambi privi di fondamento, anche se la sentenza impugnata deve essere corretta nella motivazione.

2.1. La Corte di merito è pervenuta alla conclusione che la notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, più volte tentata dalla parte attrice ed alla fine compiuta ai sensi dell’art. 140 c.p.c., fosse da ritenere inesistente, in tal modo riformando la decisione del Tribunale che aveva invece ritenuto valida l’ultima notifica compiuta. La decisione della Corte salentina è, in effetti, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, correttamente richiamata dalla parte ricorrente. Le Sezioni Unite, con la sentenza 20 luglio 2016, n. 14916, hanno infatti stabilito che l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.

Consegue da tale giurisprudenza, che l’odierna pronuncia integralmente condivide e fa propria, che i vari tentativi di notifica dell’atto di citazione di primo grado, ivi compreso l’ultimo, ritenuto valido dal Tribunale, non potevano considerarsi inesiftenti, configurando invece altrettante ipotesi di notifica nulla.

2.2. Ciò nonostante, la correttezza del menzionato richiamo giurisprudenziale non giova alla ricorrente, posto che nel caso in esame si è verificata un’altra situazione.

La giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha anche stabilito che nella ipotesi in cui venga disposta la rinnovazione della notifica nulla di un atto processuale, ove venga dichiarata l’invalidità anche della notificazione in rinnovazione, non è più possibile ordinare un’ulteriore rinnovazione ai sensi dell’art. 162 c.p.c.; ciò perchè, quando la nullità è dichiarata la prima volta, il giudice assegna un termine per la rinnovazione, la cui natura perentoria non consente che per il completamento della medesima attività sia concesso un nuovo termine, atteso che l’art. 153 c.p.c. vieta la proroga dei termini perentori, salvo che sussistano i presupposti per la rimessione in termini (così, da ultimo, l’ordinanza 17 luglio 2019, n. 19218, in linea con altre pronunce fra cui la sentenza 20 gennaio 2006, n. 1180, e l’ordinanza 31 luglio 2018, n. 20255). In altri termini, attesa la previsione dell’art. 291, comma 1, c.p.c., secondo cui il termine concesso per il rinnovo della notifica dell’atto di citazione è perentorio, e considerata l’improrogabilità dei termini perentori stabilita dall’art. 153 cit., il Tribunale non avrebbe potuto concedere – come invece si è pacificamente verificato una serie molteplice di termini per reiterare la notifica non andata a buon fine.

Risulta invece dalla sentenza impugnata che furono concessi non meno di tre o quattro termini ai sensi dell’art. 291 codice di rito. Di talchè se ne trae la doverosa conclusione per cui nel giudizio di primo grado è stata compiuta un’evidente violazione dell’art. 291 cit.; il Tribunale, cioè, anzichè considerare valida l’ultima notifica compiuta ai sensi dell’art. 140 c.p.c., avrebbe dovuto disporre la cancellazione della causa dal ruolo e l’estinzione del processo, ai sensi dell’art. 291, u.c., in esame.

E’ appena il caso di rilevare, infine, che la notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c., ritenuta valida dal Tribunale ebbe luogo in data 4 aprile 2005 in (OMISSIS), cioè nello stesso luogo ove era stata inutilmente tentata in precedenza.

Così corretta la motivazione della sentenza impugnata, la stessa resiste al motivo di ricorso.

3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020.

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