Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5455 del 10/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5455 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza R.G. 10656-2012 proposto
da:
AUTIERO CIRO TRACRI65M16E057B, elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato
e difeso dall’avvocato MIRANDA MAURIZIO giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente Contro
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, in persona del Presidente del
Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA,175, presso la
DIREZIONE AFFARI LEGALE DI POSTE ITALIANE,
rappresentata e difesa dall’avvocato GALASSI SERGIO giusta
procura a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 10/03/2014

- controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 2884/2011 R.G. del TRIBUNALE di
ANCONA , depositata il 14/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

I

Ric. 2012 n. 10656 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-2-

26/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

R.g.n. 10656-12 (c.c. 26.2.2014)

Ritenuto quanto segue:

§1. Ciro Autiero ha proposto istanza di regolamento di competenza contro la s.p.a.
Poste Italiane avverso l’ordinanza del 14 marzo 2012, con la quale il Tribunale ha disposto
la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c. del giudizio introdotto, con citazione del 10
luglio 2011, da esso ricorrente contro l’intimata per ottenere – nel presupposto della sua
intervenuta prescrizione – l’accertamento negativo di un credito vantato nei suoi confronti
dall’intimata.

§1.1. La sospensione è stata disposta dal Tribunale con la detta ordinanza, a
scioglimento della riserva assunta nella prima udienza di comparizione dello stesso 14
marzo 2012, in ragione della pregiudizialità ai sensi dell’art. 295 c.p.c., rispetto al giudizio
davanti ad esso introdotto, del giudizio pendente in sede di appello dinanzi alla Corte
d’Appello di Ancona avverso la sentenza del 5 ottobre 2011, con la quale lo stesso
Tribunale di Ancona, investito nel marzo del 2009 della domanda della s.p.a. Poste
Italiane, intesa ad ottenere la condanna del ricorrente a titolo di risarcimento danni da un
reato di rapina, per cui il medesimo aveva riportato condanna in sede penale , aveva
accolto la domanda, disattendendo previamente, per tardività della sua proposizione,
l’eccezione di prescrizione che era stata fatta valere dall’Autiero. Il Tribunale ha ravvisato
la necessità di disporre la sospensione reputando, sulla base di richiamo alla giurisprudenza
di questa Corte, che fra i due giudizi esistesse una relazione riconducibile all’art. 39 c.p.c.,
dato che ha espressamente «considerato che le norme sulla continenza e litispendenza di
cui all’art. 39 c..p.c. presuppongono la pendenza d due liti dinanzi a giudici di merito
forniti di uguale competenza per grado» ed ha, poi, rilevato che «diversamente si versa
in ipotesi di sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c.>> e, quindi, osservato
che le due cause riguardavano «le stesse questioni solo diversamente prospettate dal
punto di vista dell’accertamento positivo e negativo di un credito».
§2. All’istanza di regolamento di competenza ha resistito con memoria la s.p.a.
Poste Italiane.
§3. Prestandosi il ricorso ad essere deciso con il procedimento di cui all’art. 380-ter
c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue
conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione alle parti ed è stata
fissata l’adunanza della Corte.
§3. Le parti hanno depositato memoria.
Considerato quanto segue:

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Est. aoi& Raffaele Frasca

R.g.n. 10656-12 (c.c. 26.2.2014)

§1. Nelle sue conclusioni il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto dell’istanza
di regolamento di competenza, fondata dal ricorrente sull’assunto che la causa
pregiudicante — a suo dire ai sensi dell’art. 34 c.p.c. – fosse quella sospesa (nella quale la
prescrizione era stata oggetto di richiesta con accertamento avente efficacia di giudicato,
mentre nell’altro processo lo era stata come oggetto di eccezione) e non quella pendente in
appello e che, essendo il giudizio davanti al Tribunale di pronta soluzione, la sospensione
collideva con l’art. 111 della Costituzione.

Il Pubblico Ministero ha osservato che esattamente il Tribunale aveva in sostanza
ravvisato nesso di pregiudizialità fra i due giudizi.
§2. Il Collegio rileva innanzitutto che la relazione fra il giudizio sospeso e quello
pendente in appello deve essere ricondotta alla figura della continenza, perché, se è vero
che l’uno e l’altro dei due giudizi ineriscono all’accertamento dello stesso credito e,
dunque, della sussistenza o meno della medesima situazione giuridica creditoria, tuttavia lo
sono con un petitum che non coincide, perché nel primo caso, cioè nel giudizio ora
pendente in appello, alla richiesta di accertamento del modo di essere del credito, postulata
in senso positivo, si accompagna la richiesta di condanna al suo adempimento fatta da
parte dell’attrice Poste italiane, mentre nel secondo, cioè nel giudizio in cui è stata
pronunciata la sospensione, la richiesta di accertamento del detto modo di essere, postulata
nel senso della inesistenza di esso, cioè sub specie di accertamento negativo, rappresenta
l’unico petitum.
Nella giurisprudenza della Corte, del resto, vige (nonostante il contrario avviso della
dottrina, che qualifica la relazione fra giudizio di accertamento positivo pur recante
richiesta di condanna e giudizio di accertamento negativo della stessa situazione giuridica
sub specie di litispendenza, così riconducendola al primo comma dell’art. 39 c.p.c.) il
principio di diritto secondo cui <<È da escludersi (per mancata identità di "petitum") la litispendenza tra cause aventi ad oggetto, rispettivamente, il mero accertamento negativo della sussistenza di una obbligazione, e l'accertamento della sussistenza e della validità della medesima obbligazione nonché la richiesta di condanna della controparte all'adempimento (ovvero al risarcimento dei danni da inadempimento).>> (Cass. sez. un. n. 5295 del 1998; successivamente Cass. sez. un. n.
5758 del 1998; la giurisprudenza delle sezioni semplici ha continuato ad ispirarsi a tale
principio).
§2.1. Tanto premesso, si osserva che la relazione fra il giudizi di accertamento
positivo con richiesta di condanna all’adempimento e quello di accertamento negativo
4
Est. Cons.

aele Frasca

R.g.n. 10656-12 (c.c. 26.2.2014)

della stessa situazione giuridica è relazione che – una volta riportata all’àmbito della figura
della continenza, con riferimento al criterio appunto della continenza, previsto dal secondo
comma della norma – palesa che una di esse “contiene” l’altra, nel senso che ha ad oggetto
lo stesso accertamento, salva la maggiore estensione del petitum. Essa si connota
necessariamente nel senso che è la causa di accertamento positivo recante la richiesta di
condanna a “contenere” quella di accertamento negativo e ciò tanto più quando, come nella
specie quest’ultima è stata proposta per accertare l’inesistenza del diritto di credito oggetto

dell’accertamento positivo e della richiesta di condanna sulla base della deduzione di un
fatto estintivo del credito stesso, la prescrizione, che era stato già dedotto nell’altro
processo. Ma, peraltro, la continenza non opererebbe in senso diverso, se l’accertamento
negativo fosse richiesto, ferma l’identità della situazione giuridica oggetto delle due
domande e, quindi, l’identità del diritto di cui si discute, sulla base di fatti (non
identificatori del diritto, perché altrimenti si tratterebbe di diverso diritto e non vi sarebbe
continenza) non allegati nell’altro giudizio: è sufficiente osservare che tali fatti, in quanto
rilevanti per l’accertamento richiesto o vi dovevano e potevano essere allegati e non lo
sono stati o lo sono stati irritualmente.
In questo secondo caso, in un sistema processuale imperniato — come quello attuale sulle preclusioni, si tratterà di vedere come il coordinamento regolato dal secondo comma
dell’art. 39 c.p.c. deve operare.
§2.2. Si rileva, poi, che nella specie anche il criterio della prevenzione, supposto
dall’art. 39, secondo comma, c.p.c. sarebbe stato operante a favore della causa di
accertamento positivo, introdotta per prima.
§2.3. L’ulteriore criterio finale previsto dal secondo comma dell’art. 39 c.p.c., quello
della competenza su entrambe le cause, supposto dalla norma per determinare il giudice
che le deve trattare unitariamente, viceversa, nella specie non può operare, per l’assorbente
ragione che la competenza dei due giudici si articola in gradi diversi, essendo la causa di
accertamento positivo pendente in grado di appello.
In tal caso la giurisprudenza di questa Corte, sulla base della considerazione che la
relazione di continenza, per come regolata dal secondo comma dell’art. 39 c.p.c. impone la
realizzazione del simultaneus processus in definitiva davanti a quello fra i due giudici
dinanzi ai quali si trovino la causa contenente e la causa contenuta che ha competenza su
entrambe, una volta constatato che, quando una delle due cause pende davanti ad un grado
di impugnazione, pur essendo essa quella che avrebbe potuto esercitare la vis actractiva,
non è possibile detta realizzazione, ha sostenuto che il coordinamento debba realizzarsi in
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Est. Con Raffaele Frasca

R.g.n. 10656-12 (c.c. 26.2.2014)

altro modo ed ha ravvisato che esso sia quello della sospensione, per la ragione che si deve
assicurare comunque il coordinamento che si sarebbe assicurato ove le due cause fossero
state pendenti nello stesso grado.
Si è così affermato che <> (Cass. (ord.) n.
19525 del 2007, del resto invocata nell’ordinanza impugnata).
§2.4. Ora, nel caso di specie, ove la causa oggi pendente davanti al giudice d’appello
fosse stata pendente in primo grado, la seconda causa introdotta in accertamento negativo
dal qui ricorrente, in quanto introdotta davanti allo stesso giudice investito dell’altra e,
quindi, sulla base di una medesima postulazione di competenza, se fosse stato operante il
secondo comma dell’art. 39, attesa la competenza del primo giudice pure sulla seconda
causa, necessariamente avrebbe dovuto trattarsi dal giudice adito per primo.
Peraltro, la pendenza delle due cause davanti allo stesso ufficio avrebbe imposto che
la logica della norma del secondo comma dell’art. 39 c.p.c. si attuasse non già attraverso il
meccanismo della rimessione da esso supposto quando i due giudizi pendono davanti ad
uffici diversi, bensì a norma dell’art. 274 c.p.c., applicato con ispirazione proprio a quella
logica.
Una volta constatato che il primo giudizio era ormai trasmigrato in appello, sempre
la logica del secondo comma dell’art. 39, non potendo immaginarsi che il secondo
processo destinato altrimenti a subire la vis actractiva potesse tramite il meccanismo della
rimessione passare al secondo rado di giudizio, imponeva, come ha ritenuto il giudice
anconetano, di realizzare il coordinamento ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
E ciò tanto più se si considera che il fatto posto a base dell’azione di accertamento
negativo nel secondo giudizio, cioè la prescrizione, era già stato allegato nel primo
giudizio ed era stato oggetto di esame, conclusosi con valutazione di irritualità della sua
allegazione per tardività.
Va considerato che, in un caso come quello che si esamina l’operare della
pregiudizialità a favore del primo giudizio si correla anche alla circostanza che, ove il
coordinamento si fosse potuto realizzare ai sensi del secondo comma dell’art. 39 c.p.c.,
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Est. Coi Raffaele Frasca

R.g.n. 10656-12 (c.c. 26.2.2014)

l’essersi verificata una preclusione nel primo giudizio alla deduzione dell’eccezione di
prescrizione per la tardività della sua allegazione, necessariamente avrebbe dovuto
determinare, per evitare che, attraverso la proposizione del secondo giudizio di
accertamento negativo basato sulla prescrizione si realizzasse l’aggiramento della
preclusione, la conseguenza che dall’accertamento della irritualità della deduzione della
prescrizione e della sua irrilevanza ai fini della decisione sul primo giudizio, ove questo
fosse sfociato in una pronuncia sul merito della situazione giuridica in senso positivo, si

sarebbe dovuta trarre l’impossibilità di dare rilievo alla prescrizione quanto al secondo
giudizio.
La sospensione del secondo giudizio, dunque, in ragione della impossibilità di una
trattazione unitaria per la pendenza di quello altrimenti attraente in grado di appello, appare
allora vieppiù giustificata, perché, ove il primo giudizio si dovesse concludere con una
sentenza che accerti l’esistenza della situazione di credito delle Poste Italiane, l’essersi
formato il relativo giudicato anche in ragione del non essersi potuto dare rilievo alla
prescrizione, in quanto tardivamente allegata, comporterà che alla sua allegazione nel
secondo giudizio non potrà darsi rilievo.
§2.4. Conclusivamente, l’istanza di regolamento di competenza dev’essere rigettata
sulla base del seguente principio di diritto: <>.
§3. Le spese del giudizio di regolamento seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo ai sensi del d.m. n. 140 del 2012.
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Est. Cons Raffaele Frasca

R.g.n. 10656-12 (c.c. 26.2.2014)

P. Q. M.

La Corte rigetta l’istanza di regolamento di competenza. Condanna parte ricorrente
alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro
seimiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre accessori come per legge.

febbraio 2014.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 26

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