Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5455 del 03/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 03/03/2017, (ud. 01/12/2016, dep.03/03/2017),  n. 5455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29928-2014 proposto da:

BAR.S.A. S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PIETRO BORSIERI 3, presso lo studio dell’avvocato TIZIANA DONNINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARMINE PERRONE CAPANO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.I., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PUBLIO VALERIO 9, presso lo studio dell’avvocato MARIO ROMANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO INSANGUINE, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1096/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 10/06/2014 R.G.N. 6139/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito l’Avvocato ROMANO MARIO per delega orale Avvocato INSAGUINE

DOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Bari ha confermato parzialmente la sentenza del Tribunale di Trani, nella parte in cui era stata accertata la illegittimità del licenziamento di D.I., dipendente della società, assunto nel 2000 ed inquadrato nel 4 livello con mansioni di impiegato d’ordine, ma svolgente mansioni di concetto di 2 livello a far tempo dal 2002, livello riconosciutogli con sentenza del gennaio 2006, passata in giudicato.

La Corte ha ritenuto inammissibili e comunque infondati i motivi di gravame relativi alla regolarità dell’applicazione dei criteri di scelta adottati ed alla sostanziale regolarità della comunicazione fatta ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 precisando che la motivazione del primo giudice era corretta laddove aveva ritenuto che la società convenuta non avesse specificato quale dei cd criteri sociali (carichi di famiglia e anzianità) dovesse prevalere nel caso in cui tra i lavoratori da valutare ve ne fosse qualcuno con carichi di famiglia, ma con minore anzianità rispetto ad altri, non essendo stato precisato nella comunicazione di avvio della procedura nulla di specifico sul punto, se non che tali criteri avrebbero potuto essere valutati in concorso tra loro, senza tuttavia a quali condizioni si sarebbe fatto ricorso alla valutazione “concorsuale ” dei tre criteri.

Secondo la Corte la società, al di là dell’affermazione di principio dell’osservanza dei criteri di scelta e del rilievo della mancanza di carichi di famiglia del D., non aveva censurato, con specifico motivo di gravame, questa ragione di illegittimità del licenziamento affermata dal Tribunale e di per sè sola idonea a sorreggere la decisione. Ciò avrebbe comportato l’inammissibilità del gravame avverso le altre ragioni per difetto di interesse.

La Corte ha comunque rilevato che non vi era stata chiarezza nella scelta dei lavoratori sia con riferimento alle mansioni svolte, sia con riferimento all’anzianità tenuta in considerazione, senza che fossero esplicitati quali fossero stati in concreto i criteri di comparazione ed in particolare le modalità di applicazione dei criteri; ha infine ribadito che vi era stata anche violazione della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 per mancata contestualità della comunicazione di recesso al lavoratore, alle OOSS e ai competenti uffici del lavoro.

Bar.SA spa ha proposto ricorso affidato a due motivi. Ha resistito il D. con contro ricorso. E’ stata depositata memoria dal solo contro ricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5.

Secondo la Corte poichè la procedura di mobilità aveva riguardato soltanto gli impiegati di grado intermedio, con mansioni fungibili e relativi all’intero organico aziendale, sarebbe stato corretto utilizzare il solo criterio dei carichi di famiglia, anche perchè il D. era il dipendente con minore anzianità, senza che vi fosse bisogno di una valutazione comparativa dei criteri tra tutti i dipendenti. Ha indicato la società altri dipendenti che erano stati esclusi o perchè avevano accettato a differenza del D. una riconversione delle mansioni o mansioni inferiori, oppure erano dipendenti a cui non si applicava il ccnl commercio, ma il ccnl di Igiene Urbana FISE; oppure di dipendenti di livello superiore direttivo, 6^ del ccnl multiservizi e non commercio.

Con il secondo motivo di ricorso la società denuncia una violazione o falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 per avere ritenuto tardiva la comunicazione inviata all’ufficio regionale per l’impiego e alla Commissione Regionale, contenente l’elenco e l’esatta indicazione dei lavoratori e la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di cui all’art. 5. La ricorrente precisa che la comunicazione era stata inviata a distanza di soli sette giorni dalla comunicazione dei licenziamenti e che pertanto la Corte avrebbe dovuto ritenerla idonea per essere stata effettuata senza ritardo, secondo un’ interpretazione costituzionalmente adeguata del termine “contestualmente”, come affermato dalla cassazione n. 4970/2006, che ha fatto riferimento ad un obbligo di immediatezza.

Il primo motivo di impugnazione è inammissibile avuto riguardo a quanto osservato dalla Corte territoriale che in premessa ha ritenuto l’inammissibilità del gravame richiamando specifico orientamento di questa Corte – tra le tante Cass. 2811/2006, 21431/2007- secondo cui ove la sentenza del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, tutte idonee a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione con ricorso per cassazione, anche di una sola di tali ragioni, comporta l’inammissibilità anche del del motivo di gravame proposto avverso le altre ragioni, perchè l’avvenuto accoglimento del ricorso (o del motivo di ricorso) non inciderebbe sulla “ratio decidendi” non censurata.

Nel caso in esame la Corte d’Appello, dopo aver rilevato che la comunicazione di avvio della procedura di mobilità elencava in maniera generica i criteri di scelta, senza indicare in alcun modo le modalità con cui si sarebbe dovuta operare la valutazione anche in termini comparativi, ha osservato che l’appellante non aveva censurato con specifico motivo di gravame, questa ragione di illegittimità del licenziamento, affermata dal tribunale ed idonea, di per sè sola, a sorreggere, la decisione.

L’odierna ricorrente non ha impugnato la sentenza anche in merito a tale specifica statuizione, certamente assorbente rispetto alle altre questioni, ma anche in questa sede ha denunciato soltanto la violazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5 sostenendo la legittimità del criterio di scelta adottato, così perpetrando di fatto lo stesso errore: la mancata impugnazione di questo punto della decisione ne ha determinato il passaggio in giudicato.

Egualmente inammissibile deve ritenersi, conseguentemente e per le stesse ragioni, anche il secondo motivo di ricorso, con cui viene denunciata la violazione delle L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 per errata interpretazione di tale norma.

Il ricorso deve pertanto dichiararsi inammissibile, con condanna della società ricorrente, soccombente, alla rifusione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna la società ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 100,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi, oltre spese generali ed oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2017

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