Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5454 del 18/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 18/02/2022), n.5454

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16901-2020 proposto da:

C.A., rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE IAFISCO e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

D.V.M., rappresentato e difeso dagli avvocati ERNESTO

CICCHETTI e GIUSEPPE CORBO e domiciliato presso la cancelleria della

Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 594/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 29/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/01/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato C.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (OMISSIS), con il quale il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di San Severo, gli aveva ingiunto il pagamento, in favore di D.V.M., del compenso relativo ad alcune prestazioni di lattoneria eseguite dall’opposto per conto dell’opponente. Quest’ultimo deduceva, in particolare, di aver saldato quanto dovuto, ed eccepiva che, comunque, le prestazioni non erano state completate dal subappaltatore, tanto che era stato poi incaricato del loro completamento un altro soggetto. L’opponente chiedeva inoltre, in via riconvenzionale, la condanna dell’opposto al pagamento di alcune contrapposte poste creditorie.

Con sentenza n. 1779/2015, resa nella resistenza della parte opposta, il Tribunale accoglieva l’opposizione, revocando il decreto opposto; accoglieva in parte anche la domanda riconvenzionale, condannando il D.V. al pagamento in favore del C. dell’importo di Euro 1.193,64; compensava le spese di lite per la metà, ponendone la restante parte a carico dell’opposto.

Interponeva appello il D.V. e La Corte di Appello di Bari, con la sentenza impugnata, n. 594/2020, resa nella resistenza del C., riformava la decisione di prima istanza, confermando tuttavia la revoca del decreto ingiuntivo, perché l’opposto aveva riconosciuto di essere creditore di somma inferiore a quella originariamente indicata in sede monitoria, e condannando quindi l’opponente al pagamento di Euro 8.100,36 oltre accessori e spese.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione C.A., affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso D.V.M..

In prossimità dell’adunanza camerale, la parte controricorrente ha depositato memoria, instando per la refusione delle spese anche della fase cautelare ex art. 373 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c..

Rigetto del ricorso.

Con sentenza n. 1779/2015 il Tribunale di Foggia rigettava l’opposizione proposta da C.A. avverso il decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto da D.V.M., titolare della ditta DVM Project Lattonerie, condannando quest’ultimo – in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dall’opponente – al pagamento in favore del predetto della somma di Euro 1.193,64.

Con la sentenza oggi impugnata, la Corte di Appello di Bari, in riforma della sentenza di prime cure ed in accoglimento del gravame proposto dal D.V., ha condannato C.A. al pagamento in favore dell’appellante della somma di Euro 8.100,36 oltre interessi legali decorrenti dal deposito del ricorso per decreto ingiuntivo a suo tempo emesso dal giudice di prima istanza.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione, affidandosi a tre motivi.

Con il primo motivo, il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale della L. n. 98 del 2003, artt. da 62 a 72, che ha convertito il D.L. n. 69 del 2013, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 25 Cost., comma 1, l’art. 106 Cost., comma 2, e l’art. 111 Cost., in funzione della partecipazione di un giudice ausiliario al collegio giudicante in seconde cure. L’eccezione è manifestamente infondata, alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 17 marzo 2021, con la quale è stata dichiarata l’incostituzionalità delle norme di cui al motivo in esame, “… nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, art. 32 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della L. 28 aprile 2016, n. 57)”.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1460 c.c., e dell’art. 194 c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe dovuto rilevare che, a fronte dell’eccezione di inadempimento sollevata in prime cure dall’opponente, il D.V., creditore opposto ed appellante, non aveva fornito la prova dell’adempimento della propria obbligazione. Sarebbero, al riguardo, ininfluenti le risultanze della C.T.U., posto che all’ausiliario possono essere affidate solo indagini di natura tecnica, e non anche l’apprezzamento relativo all’esecuzione della prestazione a regola d’arte della prestazione, che si risolverebbe in un giudizio sull’adempimento dell’obbligazione. La doglianza è inammissibile: dalla lettura della sentenza impugnata si evince che l’indagine affidata al consulente in prima istanza era finalizzata alla verifica delle prestazioni effettivamente rese dal creditore opposto e della congruità dei costi esposti in fattura, rispetto ai valori risultanti dai vigenti prezziari. Si tratta di una indagine di carattere tecnico, dalla quale – come risulta a pag. 4 della sentenza impugnata – è emersa “… la congruità dei costi indicati nella ridetta fattura, risultati addirittura inferiori a quelli rinvenibili dai prezziari vigenti all’epocà.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 208 c.p.c., e dell’art. 104 disp. att. c.p.c., perché il giudice di merito lo avrebbe erroneamente dichiarato decaduto dalla prova orale che era stata articolata ed ammessa in primo grado in relazione alla dedotta incompleta e viziata esecuzione dei lavori commissionati al D.V.. Il ricorrente, nel contestare il relativo passaggio della motivazione della sentenza impugnata, sostiene di aver fornito la dimostrazione del motivo per il quale i testimoni non erano stati citati per l’udienza fissata per l’assunzione della prova, ma omette di richiamare tanto il provvedimento con il quale il Tribunale aveva dichiarato la decadenza dalla prova, quanto l’istanza depositata per invocarne la revoca. In tal modo, il C. non consente al collegio di verificare, tanto i motivi dell’omessa citazione dei testimoni, quanto quelli allegati nell’istanza di revoca del provvedimento di decadenza di cui anzidetto, così non permettendo il controllo sulla sussistenza del vizio denunciatò.

Il Collegio condivide la proposta del Relatore.

Il ricorso va quindi rigettato, in coerenza con la proposta del relatore.

Le spese, liquidate come da dispositivo, sia per il presente giudizio di legittimità che per la fase ex art. 373 c.p.c., seguono la soccombenza.

Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, nonché di quelle della precedente fase cautelare ex art. 373 c.p.c., che liquida in Euro 1.200, di cui Euro 200 per esborsi; il tutto, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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