Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5451 del 26/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/02/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 26/02/2021), n.5451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 16322/2019 proposto da:

D.R.L., A.A., esercenti la propostà genitoriale

sul figlio minore all’epoca DE ROSA VINCENZO, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE DI

MEGLIO;

– ricorrente –

contro

G.V., D.C.G., G.A., elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIANPAOLO BUONO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1310/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2001 D.R.L. e A.A., in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale del minore V., convennero in giudizio G.V. e D.C.G. nella qualità di genitori di A. al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti dal minore.

In particolare, gli attori dedussero che il figlio fu investito dalla bicicletta condotta da G.A. provocandogli gravi lesioni personali.

I genitori di G.A. si costituirono in giudizio ed eccepirono la manifesta infondatezza della domanda attorea, spiegando domanda riconvenzionale al fine di far condannare gli attori al risarcimento dei danni morali e materiali subiti dal loro figlio.

Con sentenza n. 13699/2014 il Tribunale di Napoli condannò G.V. e D.C.G. al pagamento in solido a favore di D.R.L. e A.A., in proprio e nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale di D.R.V., la somma di Euro 15.021,25 oltre a Euro 4.825,00 per le spese di giudizio.

2. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 1310/2019 pubblicata il 7 marzo 2019, ha accolto parzialmente l’appello proposto da V. e G.A. e D.C.G. ritenendo infondata la pretesa di risarcimento dei danni avanzata dagli attori in quanto priva di sufficienti riscontri probatori. Secondo i giudici di seconde cure, infatti, le testimonianze rese escludevano che G.A. avesse potuto provocare l’incidente.

3. Avverso la suddetta pronuncia D.R.L. e D.R.V. e A.A. ricorrono in cassazione sulla base di due motivi.

3.1. G.V. e G.A. e D.C.G. resistono con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la “violazione dell’art. 116 c.p.c. – violazione dell’art. 2697 c.c. – Errore in iudicando – nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4”. Si dolgono che Corte d’Appello avrebbe messo in dubbio la ricostruzione dell’evento a causa della circostanza riferita da due testimoni che i D.R. avevano proposto ai G. di simulare un sinistro stradale per consentire il risarcimento del danno dalla assicurazione.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 2697 c.c. – violazione dell’art. 116 c.p.c. – nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per illogicità manifesta, contraddittorietà ed insufficiente motivazione”. La Corte avrebbe errato sia nel ritenere inattendibili i testimoni presentati dai ricorrenti, a causa del rapporto di parentela, sia nell’esaminare gli elementi probatori.

I motivi, trattati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono inammissibili in quanto diretti a una rivalutazione delle risultanze probatorie, in particolare testimoniali, così come effettuata dal giudice di seconde cure.

Le censure così come formulate dal ricorrente sono dirette ad ottenere una rivalutazione degli elementi probatori, oltrepassando in questo modo i limiti del sindacato di legittimità. Difatti, la richiesta del ricorrente è volta a ottenere una diversa valutazione in merito alle deposizioni rese da testi. Questa è una attività che rientra nella esclusiva competenza del giudice di merito che, nel caso di specie, ha adeguatamente motivato in merito alle prove testimoniali, per cui la motivazione appare scevra da vizi giuridico formale e in quanto tale non suscettibile di censure.

E comunque i ricorrenti non colgono la ratio decidendi che non fa la questione di incapacità dei testi ma solo di valutazione dell’attendibilità, e, pertanto, confondono la questione del rispetto delle regole dell’onere della prova con la valutazione della prova, che è riservata al giudice di merito.

5. Le spese seguono la soccombenza.

6. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 2.300 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

 

 

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