Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5450 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2020, (ud. 17/10/2019, dep. 28/02/2020), n.5450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25101-2018 proposto da:

I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIO CONSENTINO;

– ricorrente –

Contro

UNIPOLSAI SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio

dell’avvocato LETIZIA CAROLI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

G.A., LA MORGANS SRL, P.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 8/2018 del TRIBUNALE di ENNA, depositata il

26/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO

CIGNA.

Fatto

RILEVATO

che:

P.G. e I.A. convennero in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di G.N.A., la Morgana srl e la Milano Assicurazioni SpA per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un sinistro stradale accaduto il (OMISSIS) lungo la (OMISSIS).

A sostegno della domanda esposero che I.A. procedeva a bordo del motociclo Yamaha, di proprietà di P.G., allorquando l’autocarro Fiat, condotto da G.A., di proprietà della Morgans srl ed assicurato Milano Assicurazioni, che procedeva in direzione opposta, decideva repentinamente di svoltare per accedere ad una stradina laterale, sicchè l’ I., per evitarlo, si inseriva nella stradina laterale, rovinando a terra.

L’adito Giudice di Pace ritenne la paritaria responsabilità dei soggetti coinvolti e liquidò il conseguente danno.

Con sentenza 8/2018 del 26-2-2018 il Tribunale di Enna, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla Milano Assicurazioni ed in totale riforma della gravata decisione di primo grado, ha ritenuto l’esclusiva responsabilità dell’ I., che procedeva a velocità non adeguata ed al centro della carreggiata; in particolare il Tribunale ha evidenziato che quest’ultimo procedeva in direzione da Pinna a Catania ad una velocità non consona alle condizioni della strada, ove (come risultava dal rapporto degli agenti della P.S.) vi era limite di 50 Km/h, segnale di pericolo generico e di strada dissestata (velocità eccessiva riferita anche dalla teste D.M.C.); al riguardo il Tribunale ha soggiunto che l’ I. (come evidenziato dagli agenti di P.S.) procedeva al centro della carreggiata lungo la linea continua quando, visto all’improvviso l’autocarro del G. (che era quasi fermo e stava per svoltare, e quindi non stava effettuando alcuna manovra improvvisa), frenava bruscamente (con traccia di frenata per metri 11,50) e, non sapendo come evitare l’ostacolo, imboccava la stradina laterale e rovinava a terra in ragione sia della velocità sia della sede stradale in terra battuta; l’incidente, quindi, era avvenuto per esclusiva responsabilità dell’ I., che non era riuscito a governare il mezzo, e non in ragione del comportamento del G., che era quasi fermo (irrilevante era, pertanto, al riguardo, il tasso alcolemico superiore a quanto consentito rinvenuto sul G.).

Avverso detta sentenza I.A. propone ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo ed illustrato anche da successiva memoria.

Resiste con controricorso UnipolSai Assicurazioni SpA (società incorporante la Milano Ass.ni)

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alle parti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo il ricorrente, denunziando – ex art. c.p.c., nn. 3 e 5, – violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., e artt. 115 e 116 c.p.c., si duole che il Tribunale abbia ritenuto sussistente una responsabilità esclusiva in capo all’ I. sull’erroneo presupposto di una velocità eccessiva tenuto dalla stesso, senza tenere in considerazione tutte le prove a suo favore (v. sentenza Giudice di Pace che aveva annullato il verbale di violazione dell’art. 141 C.d.S., contestata all’ I.) e senza attribuire rilievo alle violazioni poste in essere dall’altro conducente; solo invece la sussistenza di una prova liberatoria avrebbe potuto superare la presunzione di cui all’art. 2054 c.c..

Il motivo è inammissibile.

Le denunziate violazioni di legge si risolvono, invero, in una richiesta di nuovo esame delle risultanze istruttorie, non consentita in sede di legittimità, a maggior ragione dopo la novella dell’art. 360, n. 5, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.; conf. Cass. S.U. 8053 e 8054 del 2014; v. anche Cass. 19881 del 2014; Cass. 11892/2016; Cass. 21152/2014 e Cass. 17761/2016, che ha precisato che per “fatto” deve intendersi non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo (conf. Cass. 29883/2017); nel caso di specie il ricorrente non ha indicato alcun “fatto storico” (nel senso su precisato) omesso, ma si è limitato (inammissibilmente, per quanto detto) a criticare la valutazione delle risultanze istruttorie per come operata dalla Corte territoriale.

In particolare il secondo motivo non denuncia affatto nè la violazione nè la falsa applicazione delle due norme di diritto indicate nella intestazione, ma ne postula la violazione come risultato di una sollecitazione a rivalutare risultanze istruttorie, il che (come detto) non è consentito dai limiti del controllo della motivazione sulla questio facci esistenti a seguito della novellazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

In ogni modo, inoltre, non sussiste la violazione dell’art. 116 c.p.c., (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), che, come precisato da Cass. 11892 del 2016 e ribadito (in motivazione) da Cass. S. U. 16598/2016, è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando (e non è il caso di specie) il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.

Nè sussiste la violazione dell’art. 115 c.p.c., che, come precisato da Cass. 11892/2016, può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche quando (come nella specie) il medesimo, nel valutare le risultanze istruttorie, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Salvo revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato relativamente al presente giudizio di legittimità, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis; tale ulteriore importo non è dovuto, ai sensi del combinato disposto di cui al medesimo D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 11 e 131, che ne prevedono la prenotazione a debito, da cui consegue la non debenza del pagamento anche dell’ulteriore importo ai sensi di detto D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater; (conf. Cass. 7368/2017, secondo cui “in materia di ricorso per cassazione, il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato non è tenuto, ove sia rigettata l’impugnazione, al versamento, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio”; conf. Cass.. 9538/2017; 18523/2014).

La liquidazione del compenso al difensore della parte ammessa a patrocinio a spese dello Stato, ove ne restino confermate le relative condizioni giustificative, è riservata, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 83, al giudice di merito che ha emesso la pronuncia passata in giudicato per effetto della presente ordinanza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente I.A. al pagamento, in favore della resistente UnipolSai Assicurazioni SpA, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.300,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

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