Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5450 del 26/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/02/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 26/02/2021), n.5450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9464-2019 proposto da:

B.A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BOCCHERINI 3, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLO GLINNI,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO FRANCESCO GLINNI;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (INPS) in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso lo studio l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, GIUSEPPE

MATANO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA VITA SCIPLINO,

LELIO MARITATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 591/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 18/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA

ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. B.A.R. convenne in giudizio l’INPS, al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni derivati dalla procedura esecutiva presso terzi, intrapresa ai danni di B. nei confronti del terzo pignorato Zerowat-Hoover, iniziata in base a una iscrizione ipotecaria (1/6/2007 – R.P- 3360 – Reg.Gen. 12441), dichiarata illegittima dal Tribunale di Potenza con sentenza n. 798/2004.

In particolare, l’attore lamentò il mancato recepimento delle somme dovute a titolo di provvigione a causa dell’interruzione del rapporto di agenzia con Zerowat-Hoover e, sempre quale conseguenza dell’ipoteca, la mancata erogazione di un finanziamento bancario di importo pari a Euro 50,000,00.

Con sentenza n. 197/2005 il Tribunale di Potenza rigettò la domanda attorea. Infatti, pur ritenendo accertata la condotta illecita dell’INPS, ritenne non provato il danno lamentato dall’attore.

2. La Corte d’Appello di Potenza, con sentenza n. 591/2018, pubblicata il 18 settembre 2018, ha dichiarato inammissibile sia l’appello principale proposto dal B., per non aver centrato la ratio decidendi della sentenza, sia l’appello incidentale proposto dall’INPS, perchè tardivo.

3. Avverso la suddetta pronuncia B.A.R. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in via gradata nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 4) per violazione ex art. 112 c.p.c. e mancato rilievo della violazione dei principi di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, nonchè lesione dei diritti garantiti”.

Secondo il ricorrente, il Tribunale di Potenza prima e la Corte d’appello poi, non avrebbero dato rilievo ai danni patrimoniali che le condotte illegittime dell’INPS hanno causato. La condotta illecita della pubblica amministrazione costituirebbe di per sè danno in re ipsa, per cui una volta provato l’evento dannoso, si riterrebbero provate anche le conseguenze.

Il motivo è inammissibile.

Innanzitutto lo è perchè non centra la ratio decidendi della sentenza impugnata. Il giudice di merito ha dichiarato inammissibile l’appello in quanto i motivi in parte erano apodittici e in parte non hanno aggredito la motivazione posta a fondamento del rigetto della domanda da parte del Tribunale. Come affermato dalla sentenza d’appello, il B. non ha intercettato le considerazioni del giudice di prime cure, nè ha offerto elementi per sovvertirle.

Con il motivo di ricorso il B. lamenta la valutazione fattuale così come effettuata dal giudice di primo grado, ovvero la mancata prova del nesso eziologico fra l’iscrizione ipotecaria (illegittima) e la perdita del rapporto di lavoro oltre la mancata considerazione dei danni causati dalla condotta dell’INPS sul ricorrente da parte del giudice del merito, senza aggredire in alcun modo la pronuncia di seconde cure. Questo alle non configurabilità del danno re ipsa si VEDE Cass. N. 12132/2020.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c. n. 3) per violazione art. 91 e 92 c.p.c. relativi alla condanna alle spese di lite e alla compensazione delle spese di lite”, in quanto la Corte d’appello avrebbe compensato le spese tra le parti in maniera contraddittoria e senza indicarne gli importi.

Il motivo è inammissibile in quanto trattasi di errore materiale, e pertanto non impugnabile in questa sede, dovendo il dispositivo compensa integralmente le spese “nella misura della metà” essere interpretato alla luce della motivazione (le spese integralmente compensate).

5. Le spese seguono la soccombenza.

6. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 5.000 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

 

 

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