Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5450 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. III, 05/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 05/03/2010), n.5450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9237/2009 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GEROLAMO BELLONI 78, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA

ANAGNI, rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIORGIO

SCALIA 12, presso lo studio dell’avvocato GATTI MARCO, rappresentato

e difeso dagli avvocati D’ANGELO Mario, LUCENTE UMBERTO, giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 745/2 008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

21.2.08, depositata il 29/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli il 21.2.2008 e depositata il 29.2.2008 in materia di contratto di locazione.

Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

2. – Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio e dichiarato inammissibile, se si considera che la formulazione dei motivi per cui è chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, infatti, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta.

Nella specie il ricorrente denuncia, con unico motivo, vizi di motivazione.

Per il vizio di motivazione, non è necessaria la proposizione di un quesito di diritto.

A tal fine deve, peraltro, rilevarsi che il requisito concernente il motivo di cui al precedente art. 360 c.p.c., n. 5, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata; sicchè, non è possibile ritenerlo rispettato quando soltanto la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo – come nel caso in esame – riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore, e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis c.p.c., che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è, conseguentemente, inidonea a sorreggere la decisione (Cass. 18.7.2007 n. 16002; Cass. 22.2.2008 n. 4646; Cass. 25.2.2008 n. 4719).

Deve, inoltre, sottolinearsi che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, nelle ipotesi di vizio di motivazione, la relativa censura, dopo la riforma attuata con il D.Lgs. n. 40 del 2006, deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze, nè in sede di formulazione del ricorso, ne in sede di valutazione della sua ammissibilità.

Il ricorrente correttamente, all’esito del motivo, censura – in un momento di sintesi – i vizi di motivazione dai quali ritiene che sia affetta la motivazione della sentenza impugnata.

Ma nella sua enunciazione difetta, sia la puntuale indicazione delle risultanze probatorie – documentali e testimoniali – che considera non adeguatamente motivate, riportata soltanto nella illustrazione del motivo; sia le ragioni per le quali ritiene che le stesse siano viziate; sia, ancora, su quali basi e per quali ragioni ritenga che una loro diversa e corretta valutazione avrebbe condotto ad un esito diverso della controversia; sia l’indicazione precisa del fatto in ordine al quale la valutazione delle risultanze probatorie stesse sia carente, sia della sua decisività.

Appare, invece, che con le censure proposte l’attuale ricorrente proponga, piuttosto, una nuova valutazione – a sè più favorevole – dello stesso materiale probatorio; valutazione che spetta esclusivamente al giudice di merito e non è consentita nel giudizio di legittimità a fronte di una congrua e puntuale motivazione”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, nè alcuna delle parti è stata ascoltata in Camera di consiglio.

Il ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria che non presentano elementi di novità tali da condurre a conclusioni diverse da quelle enunciate nella relazione – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.

Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

 

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