Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5446 del 26/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/02/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 26/02/2021), n.5446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6098-2019 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE

MAZZINI 145, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO LOMBARDI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFREDO RUSSO;

– ricorrente –

contro

MO.GI., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ELENA GROSSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 337/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 10/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente è l’avvocato M.P. che ha difeso in una controversia civile Mo.Gi.. Quest’ultimo aveva concesso in locazione a tale P.F. l’azienda destinata all’esercizio di un bar, e, dopo la restituzione, aveva ritenuto che i beni costituenti l’azienda erano stati danneggiati dalla conduttrice, ma, avendo perso la causa, ha attribuito l’esito negativo alla responsabilità del difensore, cui ha rimproverato di non aver chiesto alcun mezzo istruttorio, neanche il deposito dei documenti in suo possesso.

M. si è difeso sostenendo di avere sollecitato la parte a fornire indicazioni sui mezzi istruttori da articolare (nomi dei tesi, documenti ecc.) ma inutilmente e di non avere dunque proceduto ad istruttoria proprio per tale motivo; comunque ha fatto notare che gli si contesta di non avere indicato mezzi istruttori che sarebbero stati irrilevanti e che conseguentemente non v’è alcun nesso tra il supposto suo inadempimento e l’esito negativo della causa.

Il Tribunale ha però ritenuto la negligenza del difensore ed ha accolto la domanda, e questa decisione è stata poi confermata in appello, con motivazione pressochè aderente a quella del primo grado.

Il M. ricorre con tre motivi. V’è controricorso del Mo..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

p..- La ratio della sentenza impugnata è nel fatto che il ricorrente disponeva dei mezzi istruttori, che erano stati suggeriti o consegnati (quanto ai documenti) dalla parte ed ha colpevolmente omesso di indicarli o di chiederne l’assunzione.

Quanto al nesso di causalità, ritiene la corte di merito di far proprie le osservazioni svolte dal giudice di primo grado.

p.. – I motivi di ricorso sono tre.

Il primo ed il terzo vertono sulla medesima questione e possono esaminarsi congiuntamente.

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., ma anche difetto di motivazione.

Secondo il ricorrente con specifico motivo di appello si era censurata la motivazione con cui il Giudice di pace aveva sbrigativamente ritenuto) che vi fosse un nesso di causa tra l’asserito inadempimento del difensore ed il danno subito, ossia la perdita della probabilità di vincere la causa.

A fronte di tale specifico motivo, la corte ha risposto con una motivazione per relationem, vale a dire limitandosi a fare riferimento alla motivazione impugnata.

Secondo il ricorrente questa decisione costituisce omessa pronuncia, o comunque è una motivazione meramente apparente.

Con il terzo motivo invece si denuncia violazione degli artt. 1223 e 1227 c.c. quanto alla valutazione della idoneità della mancata istruttoria a determinare l’esito lite, o ad incidere sulla probabilità di uno favorevole per il cliente.

Si tratta di motivi che attengono ad una comune questione.

Con uno specifico motivo di appello, nel ricorso richiamato, il ricorrente aveva posto la questione della sufficiente motivazione da parte del giudice di primo grado della esistenza del nesso causale tra l’inadempimento ed il danno, ed aveva in particolare eccepito che la motivazione era apodittica anche in ragione del fatto che la causa era stata persa perchè era emerso che i beni erano sin dall’inizio non idonei, anzichè essere stati danneggiati dalla conduttrice.

Egli si duole del fatto che il giudice di appello, a fronte di tale motivo, ha così deciso: “Quanto infine alla sollevata questione del nesso di causalità tra inadempimento ed evento dannoso, il primo giudice l’ha affrontata adeguatamente a pagina 7 della sentenza (punto 2.4, lett. c) e nulla deve aggiungersi per evidenziare l’infondatezza della spiegata censura” e che, a sua volta, il giudice di primo grado ha ritenuto che “sussite il nesso il nesso di causalità tra condotta inadempiente e danno in quanto, ore il professionista avesse diligentemente provveduto al deposito delle memorie istruttorie e della documentazione necessaria a far valere il diritto del suo assistito, quest’ultimo avrebbe, alla stregua di criteri, conseguito il suo diritto”, dove secondo il ricorrente non vi sarebbe alcuna motivazione, in quanto non si dice perchè se fosse stata tenuta la condotta alternativa lecita, la causa sarebbe stata vinta, e quali i criteri probabilistici che portano a tale giudizio.

Entrambi i motivi sono infondati.

In realtà, le ragioni che hanno indotto a ritenere sussistente il nesso di causalità si rinvengono comunque nella motivazione impugnata e specialmente nella parte in cui si assume che la conduttrice aveva assunto impegno di conservare i mobili e nella parte in cui richiama la presunzione legale ex art. 1590 c.c., presunzione che la corte ritiene, e sul punto non è smentita, non sia stata fatta valere dal difensore (pp. 4-5- della sentenza).

In sostanza la ragione del probabile accoglimento, o dell’esito diverso del giudizio, emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, la quale osserva che, da un lato, la conduttrice aveva assunto impegno di custodire i beni, e tale impegno andava evidenziato e fatto valere; dall’altro, che il difensore nemmeno ha invocato la presunzione di cui all’art. 1590 c.c., per il quale si presume che il conduttore ha ricevuto la cosa in buono stato locativo.

Si tratta di accertamenti in fatto qui non censurabili e non censurati, del resto.

Il secondo motivo censura violazione degli artt. 1176,2236 e 1218 c.c..

Secondo il ricorrente la corte ha violato sia le norme in tema di onere della prova, che le regole processuali in tema di fatti ammessi dalla parte avendo ritenuto che il difensore avrebbe dovuto procurarsi dal cliente le informazioni sui mezzi istruttori da richiedere, ove non in suo possesso, pur avendo però atto che in realtà erano di fatto in suo possesso.

Il motivo è inammissibile.

La ratio della decisione è un’altra: la corte ritiene, per l’appunto, che in gran parte il difensore avesse i mezzi di prova da indicare e non li ha indicati, non essendovi alcuna inversione dell’onere di prova in questo giudizio, nè potendosi ravvisare una violazione del principio dei fatti ammessi e dunque provati.

Il ricorso va pertanto respinto.

PQM

La corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 2000,00 giuro, oltre 200,00 di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

 

 

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