Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5445 del 10/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5445 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 3368-2012 proposto da:
VITANGELI LAURA VTNLRA62E55H501C, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA LUCIO PAPIRI() 83, presso lo studio
dell’avvocato AVITABILE ANTONIO, che la rappresenta e difende
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
REPUBBLICA ITALIANA, in persona del Presidente del Consiglio
dei Ministri, MINISTERI DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E
RICERCA, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO
DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 10/03/2014

con troricorrenti avverso la sentenza n. 18/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA
dell’1/12/2010, depositata il 10/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

AMENDOLA;
udito l’Avvocato Avitabile Antonio difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA
DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente
comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.
“Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:

1. Con atto di citazione notificato il 28 gennaio 2003, Laura Vitangeli,
premesso di essere stata ammessa a un corso di specializzazione
nell’anno accademico 1990/1991, conseguendo il relativo titolo nel
1994, convenne innanzi al Tribunale di Roma la Repubblica Italiana in
persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministro della Salute
e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, chiedendo che, accertato
e dichiarato il suo diritto alla retribuzione prevista dall’art. 6 del d.lgs.
n. 257 del 1991 nonché al risarcimento dei danni per il mancato
riconoscimento del titolo in ambito comunitario, i convenuti venissero
condannati al pagamento delle somme ad essa dovute.
Dedusse che le direttive CEE nn. 75/362, 75/363, 82/76, 93/16,
avevano attribuito ai medici specializzandi il diritto ad una adeguata

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12/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE

remunerazione durante il periodo di formazione, fissando al 31
dicembre 1982 il termine per il loro recepirnento da parte degli Stati
membri; che tuttavia lo Stato Italiano aveva provveduto alla, peraltro
incompleta, trasposizione della normativa comunitaria
nell’ordinamento interno solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257, posto

alle scuole di formazione specialistica dell’anno accademico
1991/1992; che pertanto ella aveva diritto ai predetti compensi e, in via
alternativa o subordinata, al ristoro dei pregiudizi subiti.
Costituitisi in giudizio, le Amministrazioni convenute contestarono le
avverse pretese.
2. Con sentenza n. 8860 del 2006 il giudice adito, ritenuta fondata
l’eccezione di prescrizione, rigettò la domanda.
Proposto gravame dalla soccombente, la Corte d’appello di Roma, in
data 10 gennaio 2011, lo ha respinto.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte Laura
Vitangeli, formulando due motivi.
Resiste con controricorso la Repubblica Italiana in persona del
Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca, del Ministro della Salute e del Ministro
dell’Economia e delle Finanze.
3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata,
successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis,
inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in
applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi, per
quanto di ragione, accolto.
Queste le ragioni.

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che aveva ivi riconosciuto una borsa di studio unicamente agli ammessi

4. Con il primo motivo di ricorso l’impugnante denuncia violazione
degli artt. 2043 e 2943 cod. civ., ex art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Oggetto delle critiche è l’affermazione della Curia territoriale secondo
cui l’azione ex adverso esperita era prescritta, avendo il giudice di prime
cure correttamente collegato la decorrenza del termine di prescrizione

del 1991, avvenuta il 16 agosto di quell’anno.
Sostiene per contro la ricorrente che non solo le sezioni unite della
Corte di cassazione avevano stabilito la soggezione alla ordinaria
prescrizione decennale delle pretese risarcitorie azionate dai medici per
la mancata attuazione delle direttive CEE in punto di trattamento degli
specializzandi (Cass. civ. sez. un. 17 aprile 2009, n. 9147), ma che più
recenti arresti del Supremo Collegio avevano fissato il dies a quo del
relativo termine nella data di entrata in vigore della legge n. 390 del
1999, e cioè nel 27 ottobre 1999.
5. Le critiche sono prive di pregio nella parte in cui contestano la
soggezione al termine di prescrizione quinquennale, sancito dall’art.
2048, n. 4, cod. civ., della pretesa volta al riconoscimento della
remunerazione di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991.
La Curia capitolina ha invero specificamente evidenziato che nessun
rilievo era stato formulato nell’atto di appello in ordine al tipo e alla
durata della prescrizione che il giudice di prime cure aveva ritenuto
applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio, di talché la correttezza di
tale capo della pronuncia del Tribunale non poteva più essere posta in
discussione. Ed è significativo che nessuna censura abbia formulato
l’impugnante per confutare la ritenuta operatività del giudicato interno
sul punto.

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alla data della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del d.lgs. n. 257

Ne deriva che l’astratto richiamo ai principi enunciati dalle sezioni
unite di questa Corte nella sentenza n. 9147 del 2009 difetta di
specificità.
6. Fondate appaiono invece le censure relative alla individuazione del

dies a quo del termine di prescrizione.

tardiva e incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle
direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in
favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari —
trasposizione realizzata solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 — la
situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai
soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va
dal 10 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991 è
rimasta inalterata; che la lacuna è stata parzialmente colmata solo con
l’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, norma che ha riconosciuto
il diritto ad una borsa di studio in favore dei beneficiari di sentenze
irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; che conseguentemente
tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia non compresi
tra i soggetti individuati dal citato art. 11, hanno avuto da quel
momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più
emanato altri atti di adempimento alla normativa europea; che pertanto
nei loro confronti la prescrizione della pretesa risarcitoria era
cominciata a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore
del menzionato art. 11 (confr. Cass. civ. 17 maggio 2011, n. 10813).
7. Con il secondo mezzo la ricorrente, deducendo violazione degli arti
342, 329, secondo comma e 100 cod. proc. civ., contesta
l’affermazione del decidente secondo cui nessuno specifico motivo di
gravame era stato articolato dall’impugnante con riferimento alla
ritenuta estinzione per prescrizione della domanda risarcitoria
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Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, a seguito della

connessa al mancato riconoscimento del punteggio di cui all’art. 4 del
d.lgs. n. 257 del 1991.
Sostiene per contro l’esponente che nell’atto di appello essa aveva
criticato raccoglimento dell’eccezione di prescrizione anche in
relazione a tale capo della domanda.

Per quanto risulta dalla sentenza impugnata, il giudice di prime cure
aveva dichiarato estinto il diritto azionato ex art. 2947 cod. civ.,
applicando cioè il termine di prescrizione quinquennale stabilito dalla
predetta norma, con decorrenza dal 1994, anno in cui l’attrice aveva
terminato il corso di specializzazione.
Ora, a ben vedere, l’appellante, senza dolersi del tipo di prescrizione
applicato dal primo giudice, come innanzi precisato, ne contestò
tuttavia la decorrenza, in quella sede insistendo perché il dies a quo
venisse individuato, in relazione a tutti i diritti azionati, nelle pronunce
della Corte di Giustizia del 29 febbraio 1999 e del 3 ottobre 2009.
Ne deriva che la mancanza, in parte qua, di specificità delle censure
formulate in sede di gravame era solo apparente.
Il ricorso appare pertanto destinato all’accoglimento anche sotto
questo ulteriore profilo”.
Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra
trascritta relazione, alla quale la resistente non ha del resto neppure
replicato.
Ne deriva che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve
essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità,
alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

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8. Le critiche appaiono fondate.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la
sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di
cassazione, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio

2014.

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