Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5444 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2020, (ud. 17/10/2019, dep. 28/02/2020), n.5444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26284-2017 proposto da:

G.L., G.A., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA FILIPPO CIVININI 85, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

MARIANI rappresentate e difese dall’avvocato GIUSEPPE MARTINO;

– ricorrenti –

contro

C.F., M.G.;

– intimati –

contro

FONDO DI ROTAZIONE PER LA SOLIDARIETA” ALLE VITTIME DELLA MAFIA, in

persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 404/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 07/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO

CAGNA.

Fatto

RILEVATO

che:

G.A. e G.L. propongono ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza 404/2017 con cui la Corte d’Appello di Lecce ha confermato la decisione con la quale il Tribunale di Lecce aveva condannato C.F. e M.G. al risarcimento, in loro favore, del danno subito in conseguenza dell’omicidio del fratello G.G., di cui il C. ed il M. erano stati ritenuti responsabili (fatto accertato con sentenza penale irrevocabile); in particolare la Corte territoriale, nel confermare l’importo di Euro 25.000,00 liquidato dal Tribunale a titolo di “danno da perdita del rapporto parentale” in favore di ciascuna delle sorelle, ha evidenziato che siffatto importo era ricompreso nella forbice (da Euro 24.000,00 ad Euro 142.000,00) prevista per il risarcimento di detto danno dalle tabelle milanesi e che non erano state nè dedotte nè provate circostanze volte a dimostrare lo sconvolgimento dello stile di vita provocato dalla perdita del congiunto.

C.F. e M.G. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il Fondo di Rotazione per la Solidarietà alle Vittime della Mafia ha depositato “atto di costituzione” al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo le ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, si dolgono che. la Corte territoriale (così come aveva fatto in precedenza il Tribunale) abbia apoditticamente affermato che non era stata fornita la prova del danno e non abbia spiegato perchè un omicidio efferato (quale quello di specie) avesse meritato la liquidazione del minimo tabellare.

Il motivo è inammissibile in quanto con lo stesso si denunzia un vizio motivazionale (omessa, insufficiente e contradditoria motivazione su un punto decisivo della controversia), senza tuttavia attenersi ai criteri ed ai limiti previsti dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5., applicabile ratione temporis, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione” relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); conf. Cass. S.U. 8053 e 8054 del 2014; v. anche Cass. 21152/2014 e Cass. 17761/2016, che ha precisato che per “fatto” deve intendersi non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo (conf. Cass. 29883/2017); nel caso di specie il ricorrente non ha indicato alcun “fatto storico” (nel senso su precisato) omesso, ma si è limitato (inammissibilmente, per quanto detto) a contestare l’operata liquidazione equitativa del danno in quanto vicina ai minimi tabellari, deducendo genericamente al riguardo solo una omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”.

In ogni modo, anche a volere intendere la censura come proposta “in iure”, la stessa è da ritenere comunque inammissibile in quanto del tutto assertoria, non offrendo alcun elemento per disattendere la valutazione della Corte di merito.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, non avendo C.F. e M.G. svolto attività difensiva in questa sede ed essendosi il Fondo di Rotazione per la Solidarietà alle Vittime della Mafia “costituito” al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente G.L. (che con dichiarazione in data 21-12-2018 ha rinunciato al gratuito patrocinio, al quale con delibera 11-10-2017 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce era stata in precedenza ammessa unitamente a G.A.), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Salvo revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio, non sussistono, invece, i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente G.A., ammessa al patrocinio a spese dello Stato relativamente al presente giudizio di legittimità con delibera 11-102017 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del cit. art. 13; tale ulteriore importo non è dovuto, ai sensi del combinato disposto di cui il medesimo D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 11 e 131, che ne prevedono la prenotazione a debito, da cui consegue la non debenza del pagamento anche dell’ulteriore importo ai sensi del detto D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater; (conf. Cass. 7368/2017, secondo cui “in materia di ricorso per cassazione, il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato non è tenuto, ove sia rigettata l’impugnazione, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio”; conf. Cass.. 9538/2017; 18523/2014).

La liquidazione del compenso al difensore della parte ammessa a patrocinio a spese dello Stato, ove ne restino confermate le relative condizioni giustificative, è riservata, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 83, al giudice di merito che ha emesso la pronuncia passata in giudicato per effetto della presente ordinanza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della sola ricorrente G.L., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso; dà atto della non sussistenza di detti presupposti da parte della ricorrente G.A..

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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