Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5444 del 26/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/02/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 26/02/2021), n.5444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35544-2019 proposto da:

D.L.M.T., D.L.V., elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA COLA DI RIENZO 297, presso lo studio dell’avvocato MARCO

FRANCO, rappresentate e difese dall’avvocato DOMENICO MAGISTRO;

– ricorrenti –

contro

A.T., C.G., A.V., A.C.,

S.A., S.C., S.C., S.G.,

S.M.R., S.N., S.R.,

S.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 941/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 17/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. D.L.V. e D.L.M.T., eredi di D.A., hanno proposto ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza 17 ottobre 2018, n. 941/2018, resa dalla Corte d’appello di Messina.

Gli intimati A.T., C.G., A.V., A.C., S.A., S.C., S.C., S.G., S.M.R., S.N., S.R. e S.V. non hanno svolto attività difensive.

2. La Corte di Messina, pronunciando sull’appello formulato da A.T., ha annullato la sentenza resa dal Tribunale di Patti in data 22 ottobre 2015 per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari, rispetto alla domanda di usucapione, “eredi di C.C. e di A.N.”, disponendo il rinvio della causa al giudice di primo grado. La sentenza impugnata dà atto che tanto C.C. che A.N., comproprietarie dei beni oggetto della pretesa usucapione, siano morte, osservando tuttavia come l’attrice D.A. non avesse “provveduto alla citazione dei rispettivi eredi, nè, tantomeno, ove detta qualità fosse stata assunta da una delle parti costituite, ha provveduto alla evocazione delle medesime, oltre che in proprio, anche in tale veste”.

3. L’unico motivo di ricorso allega la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c., deducendo come gli eredi di A.N. fossero A.T., C. e V., già parti del procedimento in quanto originariamente citati dall’attrice, e come le quote di comproprietà rientranti nell’eredità di C.C. fossero confluite, in forza di acquisti causa mortis o inter vivos, nel patrimonio della medesima attrice D.A..

4. Su proposta del relatore, che riteneva che il primo motivo del ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

5. Il ricorso è fondato.

La sentenza della Corte d’appello di Messina ha dichiarato la nullità della decisione di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari “eredi di C.C. e di A.N.”, senza perciò individuare nominativamente le persone che debbano partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari, e senza averne accertato l’esistenza, nonchè verificato i presupposti di fatto che imponessero l’integrazione.

Risulta poi errato in diritto l’argomento, che la Corte di Messina spende in motivazione, secondo cui, ove pure la qualità di erede di C.C. e di A.N. spettasse ad una delle parti già citate nel giudizio in esame, occorreva comunque provvedere “alla evocazione delle medesime, oltre che in proprio, anche in tale veste”. Tale affermazione è contraria ai principi ricavabili da un costante orientamento di questa Corte (arg. da Cass. Sez. 1, 23/05/2008, n. 13411; Cass. Sez. 6 – 3, 07/05/2012, n. 6844; Cass. Sez. 2, 23/08/2019, n. 21657; Cass. Sez. 1, 18/02/2000, n. 1804). Va dunque enunciato il seguente principio:

Qualora una medesima persona fisica cumuli in sè la qualità di parte in proprio e quella di erede di altro soggetto, deceduto prima dell’inizio del giudizio, non è necessario provvedere all’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti quale erede, ove la stessa, avendo già acquisito la qualità ereditaria, sia stata comunque citata nella causa in proprio, ravvisandosi nella specie l’unicità della parte in senso sostanziale (diversa essendo la situazione della morte della parte avvenuta nel corso del giudizio, la quale, in seguito alla interruzione ai sensi dell’art. 299 c.p.c. e art. 300 c.p.c., comma 2, comporta la necessità della citazione in riassunzione – o della prosecuzione del processo – degli eredi in tale qualità, seppur già costituiti nel processo in nome proprio).

Vanno perciò escluse la rimessione al tribunale di primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c. e la declaratoria di nullità della sentenza, come disposte dalla Corte d’appello di Messina, posto che l’integrazione del contraddittorio si risolverebbe nella mera chiamata in causa di parti già in condizione di contrastare la domanda attorea fin dall’origine.

6.La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione, che deciderà uniformandosi all’enunciato principio e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Messina in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

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