Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5444 del 18/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2022, (ud. 16/09/2021, dep. 18/02/2022), n.5444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15414-2020 proposto da:

E.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA COVOUR presso la CANCELLERIA

della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FABIO VEDANI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso il decreto n. cronol. 2055/2020 del TRIBUNALE di ORISTANO,

depositato il 16/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO

MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – E.G. ricorre per tre mezzi, nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione, contro il decreto del 16 aprile 2020 con cui il Tribunale di Oristano ha respinto, per tardività dell’insinuazione, la sua opposizione volta ad ottenere l’ammissione allo stato passivo del fallimento per il complessivo importo di Euro 106.124,44, in privilegio, somma dovuta a titolo di differenze retributive, indennità di mancato preavviso e trattamento di fine rapporto, come da sentenza del 10 luglio 2013 del medesimo Tribunale.

2. – Ha osservato il Tribunale: “La tesi dell’opponente secondo cui ai crediti maturati successivamente alla dichiarazione di fallimento sarebbero inapplicabili i termini fissati dall’art. 101 L. Fall., pur sostenuta da alcune pronunce di legittimità, non è condivisibile. Difatti, non operando l’art. 101 L. Fall. alcun distinguo fra crediti sorti anteriormente e successivamente alla dichiarazione di fallimento, nessun argomento testuale autorizza a ritenere che i crediti sorti in pendenza della procedura concorsuale sfuggano all’applicazione delle norme in esso contenute, ed è scarsamente plausibile che l’inesistenza di distinzioni possa essere ascritta a una mera dimenticanza da parte del legislatore, che, invece, come è stato osservato in dottrina, doveva aveva avere ben presente la possibilità che anche in seguito alla dichiarazione di fallimento potessero sorgere crediti astrattamente suscettibili di concorrere al riparto dell’attivo in quanto derivanti da atti o fatti anteriori al fallimento (Cass. civ., n. 903/2008), come lasciano intendere, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, quelle norme, contenute negli artt. 72 e s.s. L. Fall., in virtù delle quali, avendo il curatore facoltà di scegliere se proseguire o meno le relazioni contrattuali pendenti, l’altro contraente, nell’ipotesi di scioglimento del rapporto, ha diritto di far valere nel passivo il credito “conseguente al mancato adempimento” (art. 72 L. Fall., comma 4). Muovendo da questa premessa, deve aderirsi all’orientamento interpretativo, anche di recente espresso dalla Corte di cassazione, secondo cui, con riguardo ai crediti le cui condizioni di partecipazione al passivo fallimento siano venute in essere dopo la sentenza dichiarativa del fallimento, deve escludersi che la possibilità di insinuazione del creditore sopravvenuto non incontri limiti temporali, se non quello indiretto rappresentato dalla sopravvenuta chiusura della procedura fallimentare. Infatti, la posizione di tali crediti va valutata “in coerenza e armonia con l’intero sistema di insinuazione che è attualmente in essere e sulla scorta dei principi costituzionali di guida della materia: quali, appunto, il principio di parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost. e il diritto di azione in giudizio di cui all’art. 24 Cost.”, alla luce dei quali “lo spazio dell’anno – che è fissato come regola per le domande tardive dalla L. Fall., art. 101 – si mostra come la misura temporale espressiva dell’attuale sistema in materia. Con la conseguenza che le domande dei crediti sopravvenuti debbono essere presentate nel termine di un anno dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare” (Cass. civ., n. 28799/2019). In tale prospettiva, deve escludersi che l’opponente abbia presentato la domanda di ammissione al passivo fallimentare in tempo utile; infatti, anche a voler ritenere che il termine annuale per insinuarsi nel passivo avesse iniziato a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza del 10.07.2013 (divenuta definitiva, per quanto è dato evincere dalla documentazione depositata in atti… al più tardi… il 10. 01. 2014… E che la procedura concorsuale fosse sufficientemente complessa da giustificare l’estensione, fino a 18 mesi, del termine per la presentazione dell’istanza di partecipazione al concorso, il ricorso… presentato… quasi tre anni dopo, soltanto in data 11. 07. 2016, non può ritenersi presentato nei termini… Inoltre, deve escludersi la non imputabilità del ritardo, non avendo l’opponente in alcun modo giustificato la propria inerzia… Inoltre, a nulla rileva il fatto che il 23. 07. 2013 l’opponente, mezzo dei propri legali, avesse inviato al curatore fallimentare un fax con cui “quantificava l’entità delle proprie spettanze creditorie”, dacché tale richiesta… e priva dei requisiti previsti dall’art. 93 L. Fall.”.

3. – Non svolge difese il Fallimento intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4. – Il primo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101 L. Fall., censurando il decreto impugnato per aver negato che all’insinuazione del credito in discorso, maturato successivamente alla dichiarazione di fallimento, fosse inapplicabile il termine previsto da detta disposizione, inapplicabilità invece più volte ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte.

Il secondo mezzo denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per contraddittoria e/o illogica motivazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che lo spazio dell’anno, fissato come regola per le domande tardive dalla L. Fall., art. 101, dovesse essere fatto decorrere dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare.

Il terzo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, artt. 3,24 e 111 Cost., nonché dell’art. 6 della Cedu, censurando il decreto impugnato, nuovamente, laddove aveva affermato che il termine di 12 mesi per il deposito della domanda di ammissione al passivo, a fronte di un credito sopravvenuto in costanza di procedura, vada fatto decorrere dal momento di maturazione del credito, così da adottare una soluzione “creativa”, mutuata da un indirizzo giurisprudenziale di questa Corte che si porrebbe in palese contrasto rispetto al proprio precedente e consolidato orientamento, secondo cui le insinuazioni di crediti sopravvenuti, in quanto sottratte al termine di decadenza di cui all’art. 101 L. Fall., non soggiacciono ad alcun termine.

RITENUTO CHE:

5. – Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

Il giudice di merito ha difatti deciso, in punto di diritto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, giurisprudenza che i tre motivi formulati dal ricorrente, che per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati, non inducono a riconsiderare, tantomeno rimettendo la questione, come richiede il ricorrente, alle Sezioni Unite.

La giurisprudenza di questa Corte si è difatti ormai stabilizzata nel ribadire il principio che segue: “L’insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare non è soggetta al termine di decadenza previsto dall’art. 101 L. Fall., commi 1 e 4; tale insinuazione, tuttavia, incontra un limite temporale, da individuarsi – in coerenza e armonia con l’intero sistema di insinuazione che è attualmente in essere e sulla scorta dei principi costituzionali di parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost. e del diritto di azione in giudizio di cui all’art. 24 Cost. – nel termine di un anno, espressivo dell’attuale sistema in materia, decorrente dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare” (Cass. 17 febbraio 2020, n. 3872, alla cui ampia motivazione e riferimenti giurisprudenziali si rinvia; il principio è stato da ultimo ribadito da Cass. 18 febbraio 2021, n. 3190; Cass. 2 febbraio 2021, n. 2308; Cass. 2 febbraio 2021, n. 2307; non assumono rilievo viceversa, Cass. 10 febbraio 2021, n. 3219, che ha nuovamente rinviato la questione alla pubblica udienza, dalla sesta sezione, ma essenzialmente “con riguardo al presupposto della “non contestazione” ex art. 111 bis L. Fall., comma 1, che esonera dall’accertamento dei crediti prededucibili “con le modalità di cui al capo V””, nonché Cass. 10 febbraio 2021, n. 3218, che ha nuovamente rinviato la questione alla pubblica udienza essenzialmente “con riguardo al dies a quo del termine in questione (e, in via mediata, ai riflessi sull’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 112 L. Fall.”, aspetti, questi ultimi, che nel caso in esame non vengono in discussione).

Nel caso di specie, invero, come osservato dal Tribunale, la sentenza che ha riconosciuto il credito dell’odierno ricorrente è stata pronunciata il 10 luglio 2013, sicché, anche a voler computare il termine annuale (e finanche quello di 18 mesi) dallo spirare del termine “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c., e cioè dal 10 gennaio 2014, sta di fatto che l’insinuazione al passivo, in assenza di qualunque altra giustificazione, reca la data dell’11 luglio 2016.

Privo di fondamento è infine la pretesa del ricorrente di fare applicazione del principio dell’overruling: è difatti agevole osservare che nell’arco temporale in cui l’ E. ha procrastinato la propria iniziativa di insinuazione, da 2013 al 2016, era assente uno stabile approdo interpretativo della S.C., eventualmente a Sezioni Unite, il quale soltanto assume il valore di communis opinio tra gli operatori del diritto, se connotato dai caratteri di costanza e ripetizione (per tali requisiti v. Cass., Sez. Un., 12 febbraio 2019, n. 4135), rinvenendosi, tra le decisioni massimate dall’ufficio preposto, il solo ed isolato responso di Cass. 31 luglio 2015, n. 16218, peraltro criticamente commentato dalla dottrina.

5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

 

 

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