Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5437 del 26/02/2021

Cassazione civile sez. II, 26/02/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 26/02/2021), n.5437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9073-2016 proposto da:

G.M.T., L.S.G., rappresentati e difesi

dall’avvocato Francesco Zisa, con studio in S.Croce Camerina via

Bologna 6;

– ricorrenti –

contro

EDIL V., L.T.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1918/2015 della Corte d’appello di Catania,

depositata il 22/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– L.S.G. e G.M.T. hanno proposto opposizione al decreto ingiuntivo chiesto da Edil V. per il pagamento di lavori commissionati dagli ingiunti ed aventi ad oggetto la demolizione e riedificazione dell’immobile di loro proprietà;

– gli stessi committenti con separato atto di citazione hanno introdotto un giudizio nei confronti dell’impresa Edil V. e del progettista e direttore dei lavori, arch. L.T.S., per sentirli condannare al risarcimento dei danni per la mancata ultimazione dell’opera e per le difformità tra l’opera realizzata e quella pattuita;

-riuniti i giudizi, l’adito Tribunale di Ragusa-sezione distaccata di Vittoria, revocava il decreto ingiuntivo opposto, rigettava la domanda risarcitoria dei committenti e compensava le spese di lite;

– proponevano appello principale i committenti ed appello incidentale la ditta appaltatrice;

– la Corte d’appello di Catania con la sentenza qui impugnata, dopo aver proceduto alla ricostruzione della vicenda, ha respinto l’appello principale ed ha accolto quello incidentale, stabilendo che, ferma la revoca del decreto ingiuntivo, i committenti dovevano pagare all’appaltatore, appellante incidentale, la somma di Euro 24.156,47, oltre le spese per entrambi i gradi del giudizio;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da L.S.G. e G.M.T. sulla base di tre motivi, illustrati da memoria;

– non hanno svolto attività difensiva gli intimati Edil V. e L.T.S..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo i ricorrenti deducono, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1663,1667,1668,2043 e 2059 c.c. e art. 115 e 116 c.p.c. per non avere la corte territoriale ritenuto provata la domanda risarcitoria in relazione al danno morale;

-assumono, in particolare, di avere chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all’inadempimento dell’appaltatore e del progettista e direttore dei lavori; il tribunale aveva respinto detta domanda ed essi avevano proposto appello in via principale; la corte territoriale aveva esaminato le varie voci di danno allegate confermando il rigetto della domanda;

– il motivo è infondato perchè parte ricorrente non indica quale prova sarebbe stata fornita in ordine all’asserito danno derivante dall’aver dovuto vivere a lungo in un luogo diverso (la casa di campagna) dalla propria abitazione, nè la censura specifica quali principi di diritto sarebbero stati violati nella valutazione dell’allegato pregiudizio dal giudice territoriale;

– al contrario, la corte territoriale ha negato la sissistenza di tutti danni richiesti dai committenti e ha chiarito espressamente che pur ravvisando l’errore progettuale, che ha comportato la realizzazione di un fabbricato avente minore estensione, nondimeno non sussisteva il danno lamentato atteso che l’opera progettata inizialmente non avrebbe potuto essere realizzata a causa delle dimensioni del lotto e della necessità di inserire i giunti sismici al confine (cfr. pag. 6 della sentenza);

-tale statuizione non è attinta dalla censura in esame e perciò va ribadito l’esito sfavorevole del mezzo;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 1460,1665,1667 e 1668 c.c. per avere la corte territoriale erroneamente accolto l’appello incidentale e condannato i ricorrenti al pagamento del minor importo di Euro 24.156,47; assumono i ricorrenti l’illegittimità della decisione impugnata, perchè, sebbene abbia accertato la difformità dell’opera realizzata e la mancanza di collaudo strutturale e degli adeguamenti necessari (come evidenziato dal CTU) così ravvisando un grave inadempimento da parte dell’appaltatrice, la corte non avrebbe dovuto riconoscere il diritto dell’appaltatrice al pagamento di quanto richiesto;

– secondo i ricorrenti, il diritto al pagamento dell’appaltatore è subordinato, ai sensi dell’art. 1665 c.c., alla verifica dell’accettazione dell’opera da parte del committente, accettazione che nel caso non vi è stata, sicchè non potrebbe l’appaltatore vantare un diritto al pagamento del corrispettivo;

– la censura è infondata perchè la corte territoriale ha fatto una valutazione dei reciproci inadempimenti delle parti ed ha motivatamente ritenuto più grave quello della committente; si tratta di valutazione che come già chiarito da questa Corte non è suscettibile di sindacato di legittimità (cfr. Cass. 13627/2017);

– con il terzo motivo, formulato in via subordinata per il caso di rigetto dei primi due motivi, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1655,1657 c.c. e degli art. 653 e 92 c.p.c., in relazione all’errato importo quantificato a carico dei committenti e per le spese di lite del 1 e 2 grado;

– in particolare, il conteggio degli importi dovuti dai committenti era stato calcolato dal CTU non sulla base delle tavole ufficiali depositate presso l’ufficio tecnico, bensì sulla base di quelle consegnate dalle controparti durante le operazioni peritali;

– pertanto era arbitraria la operata riduzione di Euro 10.472,13 per la minore superficie realizzata dalla appaltatrice, così come errata era la mancata riduzione dell’importo dovuto dai committenti per le opere extra-contratto che, in mancanza di accettazione, non era dovuto;

– la censura è inammissibile per difetto di specificità in relazione al profilo che richiama le tavole ufficiali, non altrimenti descritte, così come è inammissibile perchè nuova la contestazione sui lavori extra contratto da detrarre dall’importo quantificato perchè il ricorrente non specifica dove essa sarebbe stato precedentemente svolta (cfr. pagg. 12 e 13 del ricorso);

– atteso l’esito sfavorevole di tutti i motivi, il ricorso va respinto;

– nulla va disposto sulle spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

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