Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5435 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. III, 27/02/2020, (ud. 18/11/2019, dep. 27/02/2020), n.5435

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19416-2018 proposto da:

SIBEG SRL, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione, nonchè legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAZZARO SPALLANZANI N 22/A,

presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE TORINO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AMAP SPA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso

lo studio dell’avvocato VALENTINA NOVARA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALESSANDRO PALMIGIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2479/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 23/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Sibeg s.r.l. nel 2008 convenne dinanzi al Tribunale di Palermo la società Amap s.p.a., esponendo di avere stipulato con quest’ultima un contratto di somministrazione di acqua per usi industriali, e che la società somministrante le aveva addebitato costi inspiegabili e largamente superiori ai consumi effettivi.

Chiese che fosse perciò accertata la minor somma da essa attrice dovuta.

2. Il Tribunale di Palermo con sentenza 28 maggio 2011 n. 2686 rigettò la domanda, ritenendo dimostrato dalla somministrante il corretto funzionamento del contatore, ed invece, non dimostrata dall’attrice la circostanza che i consumi reali fossero inferiori a quelli addebitati.

3. La Corte d’appello di Palermo con sentenza 23 dicembre 2017 n. 2479 rigettò il gravame della società soccombente.

Ritenne la Corte d’appello che:

-) fosse dimostrato che il vecchio contatore, rimosso dalla Amap, funzionava correttamente;

-) fosse dimostrato che il nuovo contatore, installato dalla Amap, funzionava correttamente;

-) non fosse dimostrato dalla Sibeg che i consumi reali furono inferiori a quelli addebitati;

-) non vi era la necessità di ammettere nè le prove testimoniali, nè la consulenza tecnica di ufficio richieste dalla Sibeg, perchè superflue alla luce dei documenti prodotti dalle parti.

4. La sentenza d’appello è impugnata per cassazione dalla Sibeg con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso la Amap.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame d’un fatto decisivo.

Deduce che la Corte d’appello avrebbe trascurato di considerare che la Sibeg aveva effettuato le verifiche sui contatori in totale autonomia. Li aveva infatti installati e disinstallati senza preavviso; ne aveva verificato il funzionamento nei propri uffici o presso terzi da essa scelti; tutte le suddette operazioni erano avvenute senza la partecipazione della Sibeg.

Sostiene che se la Corte d’appello avesse “tenuto in debito conto le modalità che hanno caratterizzato la unilaterale sostituzione dei contatori”, avrebbe dovuto concludere che la somministrante non avesse fornito la prova che gli importi indicati nelle fatture corrispondessero ai consumi effettivi.

1.2. Il motivo è inammissibile per due indipendenti ragioni:

-) in primo luogo, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, poichè in presenza di una doppia pronuncia conforme di merito non è consentito prospettare in sede di legittimità il vizio di omesso esame del fatto;

-) in secondo luogo, perchè in ogni caso il motivo censura nella sostanzànon già l’omesso esame d’un fatto decisivo, ma il modo in cui la Corte d’appello ha valutato le prove raccolte nel corso di giudizio, ed in particolare la valutazione di attendibilità della documentazione prodotta dalla società somministrante.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo la società ricorrente, senza inquadrare formalmente la censura in alcuno dei vizi di cui all’art. 360 c.p.c., lamenta che erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto attendibile e decisiva la documentazione prodotta in giudizio dalla Amap, e con la quale quest’ultima aveva inteso provare il corretto funzionamento dei contatori.

2.2. Anche questo motivo è manifestamente inammissibile, perchè censura il modo in cui il giudice di merito ha valutato le prove.

Ma una censura di questo tipo – si scontra con il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo la società ricorrente, anche in questo caso senza inquadrare formalmente la censura in alcuno dei vizi di cui all’art. 360 c.p.c., lamenta che erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto non dimostrata, da parte sua, la circostanza che i consumi effettivi fossero inferiori a quelli addebitati.

3.2. Il motivo è inammissibile per le medesime ragioni indicate con riferimento al secondo motivo.

4. Le spese.

4.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, , e sono liquidate nel dispositivo.

4.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna Sibeg s.r.l. alla rifusione in favore di Amap s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 5.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2.

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Sibeg s.r.l. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 18 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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