Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5435 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. II, 05/03/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 05/03/2010), n.5435

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DI CAMPO MARZIO 69, presso lo studio dell’avvocato

D’ALESSANDRO VINICIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA VESCOVIO 21, presso lo studio dell’avvocato MANFEROCE

TOMMASO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 816/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

03/02/2010 dal Consigliere Dott. BURSESE Gaetano Antonio;

udito l’Avvocato D’ALESSANDRO Vinicio, difensore della ricorrente che

ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MANFEROCE Tommaso, difensore della resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 1.4.92 G.N. citava avanti al tribunale di Roma C.C. per sentir dichiarare aperta la successione del proprio padre G.S. ed attribuire agli eredi le quote ereditarie di loro spettanza. Il tribunale, previo espletamento della CTU, con sentenza in data 21.6.2002 disponeva lo scioglimento della comunione ereditaria ed attribuiva alla G.N. i beni di cui alla quota A ed alla C.C. e quelli di cui alla quota B stabilendo i relativi conguagli.

La decisione veniva impugnata dalla G. che ne chiedeva la riforma deducendo che il tribunale era incorso in un errore per quanto riguarda la valutazione del villino di (OMISSIS) che era stato sottostimato in quanto non era stato tenuto conto del valore dell’area edificabile allo stesso annessa al villino stesso. Si costituiva l’appellata C.C. chiedendo il rigetto de gravame; proponeva a sua volta appello incidentale sia in relazione al valore del villino che riteneva sovrastimato, sia per la rideterminazione dei conguagli, sostenendo in specie che doveva essere esclusa dall’asse ereditario la somma proveniente dai BOT o almeno che fosse rideterminata nel suo esatto ammontare.

L’adita Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 816/05, depos.

18.12.2002 rigettava l’appello proposto dalla G., ritenendo che la relativa richiesta era inammissibile comportando un ampliamento della causa petendi in appello e considerato altresì che essa appellante ne corso del giudizio di primo grado aveva approvato senza riserve il piano di riparto formato dal C.T.U., chiedendo che lo stesso fosse dichiarato esecutivo; in parziale accoglimento dell’impugnazione incidentale, determinava in Euro 24.874,33 la quota del ricavato della vendita dei BOT da inserire nell’asse ereditario, determinando in misura pari ad Euro 11.730,80 il conguaglio a carico della C.C..

Per la cassazione di tale pronuncia, propone ricorso la G. N., sulla base di n. 3 censure; la C.C. resiste con controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente denunzia l’errata e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata. Deduce che l’appello era diretto a correggere un errore commesso dal tribunale circa il valore di un’area edificabile compresa ne villino di (OMISSIS) sottostimata dal CTU, e si lamenta che la Corte romana aveva rigettato la relativa istanza in quanto il predetto errore non era stato rilevato durante il processo di primo grado, anzi secondo, lo stesso giudice, era stato in un certo qual modo condiviso dalla stessa appellate, che aveva approvato senza riserve il piano di riparto predisposto dal CTU, chiedendo espressamente al giudice di dichiararlo esecutivo. Invero secondo la ricorrente, la Corte i merito avrebbe dovuto correggere Terrore che era frutto di una riunione fittizia errata.

Con il 2 motivo del ricorso, l’esponente denunzia la violazione ed errata applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 345 c.p.c. ritenendo erroneo il richiamo del giudice d’appello all’art. 112 c.p.c. Deduce di avere accettato la quota ereditaria nella convinzione che fosse giusta; l’appello era infatti diretto ad ottenere la correzione dell’errore di formazione della massa ereditaria in base a cui le quote erano state formate. In effetti la quota attribuita sarebbe “giuridicamente ma non matematicamente esatta”; il giudice a quo non aveva motivato perchè non aveva inteso correggere il denunciato errore, a nulla rilevando che tale errore era stato da lei in un certo qua modo “accettato” e “condiviso” nel giudizio di primo grado nel momento in cui aveva avallato il piano di riparto.

Entrambi i motivi sono infondati.

Come ha rilevato la controricorrente, sia il primo che il 2 motivo sono inammissibili in quanto la ricorrente avrebbe dovuto censurare la dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione per la novità della domanda in appello pronunciata dal giudice a quo piuttosto che l’omissione di pronuncia ex art. 112 c.p.c.. Invero La Corte di merito, con motivazione puntuale ha infatti esposto le ragioni per cui giudicava nuova e quindi inammissibile la domanda proposta dall’appellante, ritenendo che essa si fondava su un tema decidendum mai sottoposto all’esame del tribunale e come tale non poteva trovare accoglimento in sede di gravame.

In proposito ha precisato questa S.C. che “l’omessa pronuncia, qualora cada su una domanda inammissibile, non costituisce vizio della sentenza e non rileva nemmeno come motivo di ricorso per Cassazione, in quanto alla proposizione di una tale domanda non consegue l’obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito (Cass. n. 12412 del 25/05/2006).

Con il 3 motivo del ricorso, i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 581 c.c. e l’errata motivazione. Si sostiene che a seguito della correzione – che la corte d’appello questa volta ha fatto, accogliendo l’appello incidentale della C.C. – del valore effettivo ricavato dalla vendita dei BOT, le quote non sarebbero più uguali, per cui ” la quota B è più elevata della quota A di circa Euro 1.594,98, che disponendo la divisione esattamente per metà considera, che entrambe le quote debbono essere equivalenti.

Anche tale doglianza non ha pregio.

Intanto occorre precisare che la G.N., era legittimata – a differenza dell’altra coerede – a proporre l’appello incidentale non essendo vincolata dall’avvenuta accettazione del piano di riparto. La censura poi non risponde al criterio dell’autosufficienza poichè non riporta nel dettaglio le due quote con i valori dei singoli beni assegnati alle due coeredi, per cui non sarebbe possibile stabilire se le quote stesse sono o meno uguali. Si tratta peraltro di un’operazione effettuata dal giudice a quo proprio allo scopo di perequare le quote stabilite con il piano di riparto, come peraltro ampiamente spiegato e chiarito nella sentenza impugnata con puntuale motivazione. In ogni caso l’eventuale mancata uguaglianza delle quote per un errore di calcolo del giudice, configurerebbe soltanto un vizio revocatorio non censurabile in sede di legittimità.

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato; le spese seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 3500,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

 

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