Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5433 del 03/03/2017
Cassazione civile, sez. trib., 03/03/2017, (ud. 13/02/2017, dep.03/03/2017), n. 5433
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4020/2013 R.G. proposto da:
B.A.P., rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo
PERRELLI, con domicilio eletto presso l’Avv. Lanfranco CUGINI, in
Roma, via Leone IV, n. 4, giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio
sez. staccata di Latina n. 818/39/11, depositata il 15 dicembre
2011;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 febbraio 2017
dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli;
udito l’Avv. Lanfranco Cugini per delega dell’Avv. Paolo Perrelli che
chiede l’accoglimento del ricorso;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale DE RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 818 del 2011, la CTR del Lazio – sez. staccata di Latina ha respinto l’appello di B.A.P., esercente attività di laboratorio di fotografia, confermando la decisione delle CTP di Frosinone che, in relazione alle difficoltà allegate a giustificazione dei minori ricavi, aveva parzialmente annullamento l’avviso di accertamento per l’anno 2005, fondato sull’applicazione degli studi di settore, riducendo l’importo del maggior reddito d’impresa rettificato.
2. Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente con cinque motivi. L’Agenzia delle entrate è costituita ai soli fini della discussione.
Il collegio delibera l’utilizzazione di motivazione semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Con il primo motivo la contribuente denuncia, ex art. 360 c.p.c., co,,a 1, n. 4, la nullità della sentenza per omessa indicazione degli elementi dai quali il giudice ha tratto il proprio convincimento.
Con il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per aver omesso di pronunciare su tutti i motivi di appello.
Con il terzo motivo censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la decisione impugnata per omessa insufficiente e, in subordine, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, individuato nella assegnata prevalenza dello studio di settore rispetto alle dichiarazioni rese dal contribuente in sede di contraddittorio.
Con il quarto motivo denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 ed omessa insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, per non essere stati considerare gli elementi forniti dalla ricorrente.
Con il quinto motivo, infine, denuncia la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 per non aver la sentenza annullato l’avviso di accertamento in quanto privo di motivazione sulle ragioni addotte dal contribuente.
4. I motivi, da trattare congiuntamente perchè connessi, sono fondati.
La CTR, infatti, ha indicato gli elementi allegati dalla contribuente l’ubicazione dell’esercizio in una piccola cittadina (Fontana Liri) e la controversia con i due ex dipendenti infedeli innanzi al giudice del lavoro sì da determinare una flessione nel volume degli affari – per poi concludere, con un evidente salto logico, affermando “pertanto la sentenza impugnata va considerata equa e giusta”.
La CTR, in altri termini, si è limitata ad una sintesi sommaria della decisione di primo grado, che ha ritenuto di condividere senza, tuttavia, chiarire quali fossero le ragioni, gli elementi fattuali e l’iter logico giuridico seguito a fondamento della soluzione accolta – la quale, dunque, si è tradotta in una formula del tutto irrelata rispetto alla premessa – nè, più specificamente, posto a giustificazione della configurabilità dei presupposti di gravità dell’accertamento induttivo e, comunque, dell’adeguatezza della rideterminazione del reddito d’impresa così come effettuata dal primo giudice e censurata dalla contribuente.
In materia, del resto, vale il principio per cui il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’ufficio, sicchè il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte, con l’ulteriore precisazione che l’Amministrazione finanziaria, nel regime anteriore alle modifiche operate dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 23, al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, conv. con mod. nella L. n. 427 del 1993 (e, dunque, prima del 1 gennaio 2007), non è legittimata a procedere all’accertamento induttivo, al di fuori delle ipotesi tipiche previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, allorchè si verifichi un mero scostamento non significativo tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore, ma solo quando venga ravvisata una “grave incongruenza” (Cass. n. 26481 del 2014, Rv. 633651).
5. Conclusivamente, in accoglimento del ricorso, va cassata la pronuncia impugnata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della CTR del Lazio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata. Rinvia a diversa sezione della CTR del Lazio, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2017