Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5432 del 18/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2022, (ud. 03/02/2022, dep. 18/02/2022), n.5432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 495/2020 R.G. proposto da:

(OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, in persona del liquidatore p.t.

F.A., rappresentata e difesa dagli Avv. Alde De Montis e

Pier Luigi Usai, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, in persona del

curatore p.t. Dott. Giuseppe Aste, rappresentato e difeso dall’Avv.

Franco Tului, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– controricorrente –

e

A.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Rodolfo

Meloni, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria

civile della Corte di cassazione;

e

RI.EDIL S.R.L. in liquidazione;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 29/19,

depositata il 19 novembre 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 febbraio

2022 dal Consigliere Dott. Mercolino Guido.

 

Fatto

RILEVATO

che la (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, avverso la sentenza del 19 novembre 2019, con cui la Corte d’appello di Cagliari ha rigettato il reclamo da essa interposto avverso la sentenza n. 79/19 del Tribunale di Cagliari, che aveva dichiarato il fallimento della ricorrente, su istanza della Ri.Edil S.r.l. in liquidazione;

che hanno resistito con controricorsi, illustrati anche con memorie, il curatore del fallimento ed A.A., mentre la Ri.Edil non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevando che la sentenza impugnata ha omesso di esaminare il motivo di reclamo con cui essa ricorrente aveva fatto valere il difetto di legittimazione della società istante, in relazione all’avvenuta cessione del credito dalla stessa vantato in favore del socio unico A.A., con la delibera di approvazione del bilancio finale di liquidazione, anteriore alla proposizione dell’istanza di fallimento;

che il motivo è infondato;

che il mancato esame di una questione puramente processuale, come quella riguardante il difetto di legittimazione di una delle parti (rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, in quanto attinente alla verifica della regolarità del contraddittorio, secondo la prospettazione offerta dall’attore: cfr. Cass., Sez. I, 27/03/2017, n. 7776; Cass., Sez. lav., 12/08/ 2016. n. 17092; Cass., Sez. III, 20/12/2005, n. 28227), non può infatti dar luogo al vizio di omessa pronuncia, configurabile esclusivamente nel caso di pretermissione di domande o eccezioni di merito, ma può tradursi soltanto in un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., se ed in quanto risulti censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (cfr. Cass., Sez. VI, 12/01/2016, n. 321; Cass., Sez. I, 24/02/2006, n. 4191; Cass., Sez. V, 6/12/2004, n. 22860);

che è invece inammissibile il secondo motivo, con cui la ricorrente deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 111 Cost., comma 6, censurando la sentenza impugnata per difetto di motivazione, nella parte concernente l’accertamento della legittimazione della società istante, giustificata esclusivamente in virtù della mancata cancellazione della stessa, senza alcun cenno all’intervenuta cessione del credito in favore del socio, perfezionatasi con l’approvazione del bilancio di liquidazione;

che, in sede di legittimità, il carattere puramente processuale della questione concernente il difetto di legittimazione ne esclude infatti anche la de-ducibilità sotto il profilo del vizio di motivazione, essendo questa Corte chiamata ad operare in tal caso come giudice anche del fatto, e potendo pertanto procedere al riscontro del denunciato vizio di attività attraverso l’esame diretto degli atti di causa, indipendentemente dall’esistenza e dalla logicità della motivazione addotta a fondamento della decisione impugnata (cfr. Cass., Sez. I, 10/11/2015, n. 22952; 8/03/2007, n. 5351; Cass., Sez. III, 24/11/2004, n. 22130);

che è parimenti inammissibile, infine, per difetto di specificità, il terzo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 6, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di dichiarare il difetto di legittimazione della società istante, rilevabile anche d’ufficio, e ricollegabile al trasferimento in favore del socio del credito dalla stessa vantato, perfezionatosi con l’approvazione del bilancio di liquidazione e per effetto del consenso alla stessa prestato;

che il potere di procedere all’esame diretto degli atti di causa, spettante al Giudice di legittimità nel caso in cui sia denunciato un error in procedendo, non dispensa infatti il ricorrente dall’onere d’indicare tutti gli elementi caratterizzanti il fatto processuale del quale chiede il riesame, corredando le proprie censure con tutte le precisazioni ed i riferimenti necessari per consentire a questa Corte d’individuare la dedotta violazione processuale e valutarne la portata, prima ancora di verificarne in concreto la sussistenza (cfr. Cass., Sez. I, 25/09/2019, n. 23834; 2/02/2017, n. 2771; Cass., Sez. V, 23/01/2004, n. 1170);

che nella specie il predetto onere non può ritenersi correttamente adempiuto, essendosi la ricorrente limitata, nell’insistere sul difetto di legittimazione della creditrice istante, ad affermare che il consenso formatosi in ordine alla cessione del credito fatto valere a sostegno dell’istanza di fallimento, previsto dal bilancio finale di liquidazione approvato dall’assemblea della società, ne aveva comportato il trasferimento in favore dell’unico socio, indipendentemente dall’estinzione della società conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, senza tuttavia riportare, a corredo delle proprie censure, il testo degli atti invocati, indispensabile ai fini della valutazione richiesta in ordine all’immediata efficacia traslativa del predetto consenso;

che il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo;

che non merita invece accoglimento la domanda di condanna del legale rappresentante della ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 94 c.p.c., proposta dai controricorrenti nelle memorie depositate ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., non ricorrendo il presupposto di tale pronuncia, costituito dal fatto che il destinatario della stessa, pur non avendo assunto la veste di parte nel processo, abbia posto in essere un’attività processuale in maniera autonoma, con la conseguente operatività del principio della soccombenza anche nei suoi confronti (cfr. Cass., Sez. VI, 20/ 05/2020, n. 9203; Cass., Sez. I, 8/10/2010, n. 20878);

che va parimenti rigettata la domanda di condanna della ricorrente al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata o al pagamento dell’ulteriore somma di cui all’art. 96 c.p.c., comma 3, proposta in memoria dall’ A., non ricorrendone neppure in tal caso i presupposti, consistenti rispettivamente nella temerarietà della lite, da intendersi non già come mera opinabilità dell’iniziativa processuale, ma come coscienza dell’infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, ovvero come difetto della normale diligenza per l’acquisizione di detta consapevolezza (cfr. Cass., Sez. I, 9/02/2017, n. 3464; 21/07/2000, n. 9579), e nell’oggettiva valutabilità della condotta della parte in termini di abuso dello strumento processuale, per avere essa agito o resistito pretestuosamente (cfr. Cass., Sez. lav., 15/ 02/2021, n. 3830; Cass., Sez. VI, 24/09/2020, n. 20018; 18/11/2019, n. 29812).

PQM

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuno dei controricorrenti in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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