Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5425 del 18/02/2022
Cassazione civile sez. trib., 18/02/2022, (ud. 10/02/2022, dep. 18/02/2022), n.5425
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19126/2016 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
cui ha domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Fondazione Cassa di Risparmio di La Spezia, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.
Gianluca Antonio Francesco Ferri, presso cui è elettivamente
domiciliata in Roma, al via G. D’Arezzo n. 18;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 27 della Commissione tributaria regionale
della Liguria, pronunciata in data 4 febbraio 2015, depositata in
data 14 gennaio 2016 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 10 febbraio
2022 dal consigliere Andreina Giudicepietro.
Fatto
RILEVATO
che:
l’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi contro la Fondazione Cassa di Risparmio di La Spezia (di seguito Fondazione) per la cassazione della sentenza n. 27 della Commissione tributaria regionale della Liguria, pronunciata in data 4 febbraio 2015, depositata in data 14 gennaio 2016 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa del diniego tacito di rimborso Irpeg relativa all’anno di imposta 2002;
con la sentenza impugnata, la C.t.r. rilevava testualmente: ” La Fondazione Cassa di Risparmio di La Spezia proponeva ricorso avverso il diniego di rimborso opposto dall’Agenzia delle Entrate di La Spezia. L’istanza aveva ad oggetto il rimborso del credito IRPEG, pari ad Euro 824.131,00, evidenziato dalla Fondazione nel Modello Unico 2004, avente ad oggetto l’anno d’imposta 2003. La Fondazione presentava, dunque, istanza di rimborso, cui non seguiva alcun provvedimento da parte dell’ufficio, dando così luogo alla fattispecie di silenzio rifiuto, contro la quale la Fondazione presentava rituale ricorso. L’Ufficio si costituiva in giudizio ritenendo di non concedere il rimborso sulla base della tardiva presentazione della relativa istanza ed in quanto, per l’anno d’imposta in questione, risultava che la Fondazione avesse già ottenuto altri tipi di agevolazione”;
tanto premesso, la C.t.r. riteneva di confermare la decisione di primo grado, ritenendo illegittimo il diniego opposto dall’Ufficio;
in particolare, i giudici di appello ritenevano che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, il rigetto dell’istanza di rimborso del credito d’imposta indicato dal contribuente in dichiarazione deve avvenire secondo le procedure di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, o previo controllo delle dichiarazioni secondo le modalità previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis;
nel caso di specie, l’Ufficio non aveva provveduto ad attivarsi D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, né aveva effettuato il controllo formale sul Modello Unico 2004 presentato dalla Fondazione, riconoscendo così il diritto al rimborso evidenziato nella dichiarazione;
pertanto, secondo la C.t.r., il credito in questione doveva ritenersi consolidato a partire dalla sua indicazione nella dichiarazione dei redditi e si estingueva solo per effetto della prescrizione ordinaria decennale;
dunque, l’istanza di rimborso presentata dalla Fondazione doveva ritenersi tempestiva in quanto presentata in termini;
la C.t.r. riteneva, altresì, priva di fondamento l’eccezione sollevata dall’Ufficio avente ad oggetto la mancanza dei requisiti in capo alla Fondazione per l’applicazione dei benefici previsti dal D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 2, in quanto la condotta tenuta dalla Fondazione risultava rispondente a quanto indicato dallo stesso Ufficio nella Risoluzione 2 ottobre 2001, n. 145, Interpello 954-5/2001;
secondo la C.t.r., la Fondazione aveva provveduto ad adeguare il proprio Statuto alle prescrizioni indicate, così come risultava dagli atti, senza per questo andare a modificare le proprie finalità sociali;
a seguito del ricorso, la Fondazione resiste con controricorso;
il ricorso è stato fissato per la Camera di consiglio del 10 febbraio 2022, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u. c., e dell’art. 380-bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;
successivamente parte contribuente ha depositato copia autentica della sentenza della C.t.r. della Liguria n. 30, pronunciata il 4 febbraio 2015 e depositata il 14 gennaio 2016, con attestazione del passaggio in giudicato, nonché una memoria, con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso dell’Agenzia delle entrate attesa l’efficacia preclusiva del giudicato formatosi per l’annualità 1998;
anche parte ricorrente ha depositato memoria, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
preliminarmente, come questa Corte ha già rilevato in analoga fattispecie (Cass. n. 21388 del 2020) deve rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di giudicato esterno;
invero, il principio generale della autonomia di ciascuno periodo di imposta, stabilito dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 7, preclude, in via generale, che la sentenza del giudice tributario, che accerta l’entità dell’ammontare dell’obbligazione tributaria per un determinato anno, possa fare stato in riferimento a periodi di imposta diversi da quello accertato, salvo le ipotesi in cui si tratti di imposta unica frazionata in più anni ovvero dell’accertamento di elementi costitutivi della obbligazione tributario aventi carattere permanente, che perciò si estendono ad un pluralità di periodi di imposta;
ciò non si verifica nel caso in esame, in quanto è in discussione la possibilità di rimborso dei crediti di imposta e l’applicabilità alla fattispecie del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 6 (in senso conforme Sez. 5, Sentenza n. 15690 del 23/06/2017; Sez. 5, Sentenza n. 21395 del 15/09/2017);
con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate denunzia la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 43 e 36-bis, e del D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153, art. 12, comma 6;
la ricorrente rileva che i giudici di appello hanno fatto applicazione dell’indirizzo interpretativo secondo il quale, nel caso in cui il contribuente abbia evidenziato in dichiarazione un credito di imposta, non sarebbe necessario alcun altro adempimento per ottenere il rimborso di detto credito, dovendo soltanto attendere che l’Amministrazione Finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, oppure attraverso la rettifica della dichiarazione dei termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43;
secondo la C.t.r., il riconoscimento espresso del credito a seguito della liquidazione cd. automatizzata della dichiarazione ai sensi del citato art. 36-bis, oppure il riconoscimento implicito del medesimo credito attraverso il mancato esercizio nei termini del potere di rettifica, comporterebbe il consolidamento del credito, con conseguente possibilità per il contribuente di pretenderne il rimborso nel termine prescrizionale decennale decorrente dal riconoscimento del credito stesso;
la ricorrente, invece, ritiene che, anche alla luce della sentenza del 15 marzo 2016, n. 5069, delle Sezioni Unite di questa Corte, peraltro resa proprio in materia di rimborsi Irpeg richiesti da fondazioni bancarie, i giudici di appello hanno erroneamente ritenuto consolidato il credito della contribuente, sul presupposto che questo era stato esposto in dichiarazione e che l’Agenzia delle entrate non aveva esercitato, nei termini di legge, i propri poteri di controllo e/o di accertamento;
il motivo è fondato e va accolto;
oggetto del presente giudizio è il rimborso di un credito Irpeg relativo all’anno di imposta 2003;
nella dichiarazione dei redditi presentata dall’odierna controricorrente, il credito scaturiva dall’esistenza di un credito d’imposta sui dividendi ordinari, relativamente ai redditi da capitale da essa percepiti;
in data 13 marzo 2009 la Fondazione ha comunicato un’istanza di rimborso, evidenziando di avere esposto il credito nella dichiarazione e di non essere incorsa in decadenze o diverse preclusioni, posto che, in simili casi, il diritto al rimborso è soggetto a termine decennale di prescrizione;
formatosi il silenzio- rifiuto sull’istanza, la contribuente ha adito la Commissione tributaria provinciale di La Spezia, ribadendo e ulteriormente illustrando le circostanze e gli argomenti precedentemente esposti nell’istanza;
sul punto, la stessa Agenzia ricorrente precisa che, nonostante nella sentenza oggetto del presente ricorso si affermi che l’Agenzia delle entrate avesse contestato la tempestività dell’istanza di rimborso, in realtà, la Direzione provinciale di La Spezia dell’Agenzia delle Entrate, costituitasi in primo grado, non aveva contestato che la Fondazione fosse incorsa in decadenze, ma aveva semplicemente negato la spettanza del rimborso per ragioni di ordine sostanziale;
secondo l’ufficio, alla fattispecie era applicabile il D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 6, a norma del quale non si faceva luogo al rimborso o al riporto a nuovo del credito d’imposta sui dividendi percepiti dalle fondazioni;
tuttavia i giudici di merito avevano ritenuto che l’ufficio non potesse negare la spettanza di un rimborso esposto in dichiarazione quando non avesse previamente e tempestivamente attivato, nei confronti della medesima dichiarazione, i poteri di accertamento previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, ovvero i poteri di controllo della dichiarazione previsti dal medesimo D.P.R., art. 36-bis;
come evidenziato dalla ricorrente, il suddetto orientamento è stato superato dalla sentenza 15 marzo 2016, n. 5069, delle Sezioni Unite di codesta Suprema Corte, peraltro resa proprio in materia di rimborsi Irpeg richiesti da fondazioni bancarie, secondo cui ” in tema di rimborso d’imposte, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum”;
tale decisione ha avuto ulteriore seguito in due recenti pronunce delle Sezioni Unite (Cass. S.U., 29/7/2021, n. 21765 e n. 21766), secondo cui, in tema di rimborso dell’eccedenza detraibile dell’Iva, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell’imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento o per la rettifica dell’imponibile e dell’imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento;
ciò in quanto tale contestazione, ove fondata, consente all’amministrazione di evitare un esborso e non di far valere una propria pretesa nei confronti della contribuente;
pertanto, nella fattispecie in esame, in cui la C.t.r. ha rilevato che l’amministrazione finanziaria non aveva attivato i propri poteri di accertamento e di controllo, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 43 e 36-bis, l’Agenzia delle entrate poteva comunque opporsi all’istanza di rimborso della contribuente, contestando la spettanza del credito di imposta, come risulta aver fatto fin dal primo grado di giudizio;
comunque, è opportuno sottolineare che, anche nel caso in cui l’ufficio avesse effettuato un controllo meramente formale della dichiarazione (il controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis), non vi sarebbe stato un riconoscimento implicito del credito;
come è stato detto, “in tema di rimborso di imposta, lo svolgimento senza rilievi del controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, non equivale a riconoscimento implicito del credito esposto in dichiarazione, potendo questo essere contestato anche dopo la scadenza dei termini per l’accertamento, sicché detto controllo non incide sul decorso del termine di prescrizione del credito” (Cass. n. 7132 del 2019);
con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153, art. 12, comma 6;
secondo l’Agenzia delle entrate, nel riconoscere alla Fondazione il diritto al rimborso, che era pacificamente maturato in forza di un credito di imposta sui dividendi percepiti, la Commissione regionale avrebbe violato il D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 6, a tenore del quale “non si fa luogo al rimborso o a riporto a nuovo del credito d’imposta sui dividendi percepiti dalle fondazioni”;
invero, il fatto che la C.t.r. avesse affermato che la Fondazione aveva titolo a usufruire del regime agevolato non escludeva l’applicabilità alla fattispecie del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 6, anzi, secondo la ricorrente, ne costituiva il presupposto logico;
secondo la ricorrente, il citato art. 12, comma 6, doveva essere letto in stretta connessione con la disposizione contenuta nel medesimo art., comma 2, in base alla quale “alle fondazioni previste dal comma 1, operanti nei settori rilevanti, si applica il regime previsto dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6”;
la tesi dell’Agenzia delle entrate è che la ratio delle norme risiedesse nell’esigenza di evitare che l’assoggettamento all’Irpeg con aliquota ridotta desse luogo ad un rimborso in capo alle fondazioni dell’Irpeg assolta dalle società partecipate, in quanto nel citato art. 12, tra i commi 2 e 6, esisteva un legame di interdipendenza sistematica, che non consentiva l’applicazione della norma agevolativa (comma 2) senza applicazione della norma limitativa (comma 6);
di conseguenza non poteva escludere l’applicazione del citato art. 12, comma 6, la circostanza che dovesse “ritenersi legittimo l’utilizzo da parte della Fondazione delle agevolazioni previste dalla norma sopra indicata, in quanto la stessa presentava i requisiti atti ad ottenere i benefici in questione”, perché il diritto a fruire delle agevolazioni non poteva esonerare la Fondazione dall’applicazione della regola contenuta nella norma in rubrica;
il motivo è fondato e va accolto;
in linea generale giova premettere che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, le fondazioni bancarie, quali enti di gestione della quota maggioritaria del capitale delle aziende di credito conferite in apposite società per azioni ai sensi del D.Lgs. n. 356 del 1990, non possono essere assimilate agli enti ed istituti aventi finalità generali di assistenza, beneficenza, istruzione e cultura, ai quali il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, riconosce il beneficio della riduzione a metà dell’aliquota sull’Irpeg;
l’esistenza, in capo a tali fondazioni, di una presunzione di esercizio di impresa bancaria comporta, infatti, che esse, ove intendano beneficiare dell’agevolazione fiscale prevista dal citato art. 6, devono fornire la prova, in applicazione della regola generale prevista dall’art. 2697 c.c., di aver svolto, in via esclusiva o prevalente, un’attività di promozione sociale e culturale senza fini di lucro, in luogo di quella, prevista dal legislatore, di controllo e governo delle partecipazioni bancarie (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7882 del 20/04/2016; si veda anche Sez. U., Sentenza n. 1576 del 22/01/2009);
inoltre, questa Corte ha avuto modo di affermare che “nella disciplina fiscale delle fondazioni bancarie di cui al D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153, art. 12, il divieto, previsto dal comma 6, di rimborso o riporto a nuovo del credito d’imposta sui dividendi, intende evitare la persistenza di tale beneficio in sovrapposizione con le agevolazioni tributarie (esonero dalla ritenuta sui dividendi L. 29 dicembre 1962, n. 1745, ex art. 10-bis, ed aliquota dimidiata Irpeg, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, ex art. 6) riconosciute alle fondazioni che hanno adeguato gli statuti alle disposizioni del titolo I (comma 1), con la conseguenza che, per negare legittimamente il rimborso, l’ufficio ha l’onere di dedurre e provare che la fondazione richiedente ha adeguato il proprio statuto nel modo suddetto o che, comunque, ha effettivamente goduto, nell’esercizio in corso, delle predette agevolazioni” (Cass.26886/2009);
nel caso di specie, il giudice di appello, con accertamento in fatto in alcun modo oggetto di impugnazione, ha affermato che la fondazione aveva legittimamente usufruito delle agevolazioni fiscali di cui al D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, in quanto la sua condotta risultava rispondente a quanto indicato dallo stesso Ufficio nella Risoluzione n. 145 del 2 ottobre 2001, Interpello 954- 5/2001;
secondo la C.t.r., la Fondazione aveva provveduto ad adeguare il proprio Statuto alle prescrizioni indicate, così come risultava dagli atti, senza per questo andare a modificare le proprie finalità sociali;
dunque, se così fosse, proprio sulla base di tale statuizione, che non è stata impugnata in sede di legittimità, il giudice di appello avrebbe dovuto ritenere operante il divieto di rimborso del credito di imposta sui dividendi;
invero, come evidenziato dalla ricorrente, le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 153 del 1999, citato art. 12, comma 6, concernente la preclusione al rimborso o al riporto a nuovo del credito d’imposta sui dividendi percepiti dalle fondazioni, avevano la finalità di evitare che l’assoggettamento all’Irpeg con aliquota ridotta desse luogo ad un rimborso in capo alle fondazioni dell’Irpeg assolta dalle società partecipate;
pertanto, nello stesso art. 12, tra il comma 6 ed il comma 2, esisteva un legame di interdipendenza sistematica che non consentiva l’applicazione della norma agevolativa senza l’applicazione della norma limitativa;
in tal senso deponeva anche l’interpretazione fornita dallo stesso Ufficio nella Risoluzione n. 145 del 2 ottobre 2001, Interpello 9545/2001, richiamata da parte controricorrente;
in tale Risoluzione (relativa agli effetti sospensivi del comunicato stampa del Governo italiano, a far data dal 3 aprile 2000, nel contesto della comunicazione con la quale la Commissione UE ha invitato lo Stato italiano a presentare osservazioni in merito al D.Lgs. n. 153 del 1999, a norma dell’art. 88, paragrafo 2 del Trattato CE), l’Agenzia delle entrate rilevava che la sospensione, riguardante il citato art. 12, commi 1 e 2, si estendeva anche alle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 153 del 1999, citato art. 12, comma 6, concernente la preclusione al rimborso o al riporto a nuovo del credito d’imposta sui dividendi percepiti dalle Fondazioni, proprio per il legame di interdipendenza con lo stesso art., comma 2;
infine, nel caso di specie non si pone neanche un problema di retroattività delle norme di cui al D.Lgs. n. 153 del 1999, in quanto l’annualità in contestazione è il 2003;
in conclusione, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.t.r. della Liguria, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.t.r. della Liguria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022