Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5425 del 05/03/2010

Cassazione civile sez. II, 05/03/2010, (ud. 22/01/2010, dep. 05/03/2010), n.5425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.E., titolare della omonima ditta individuale,

rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al

ricorso, dagli Avv. SCOZZAFAVA Oberdan Tommaso e Gian Vito Ranieri,

elettivamente domiciliato nello studio del primo in Roma, via G.

Antonelli, n. 15;

– ricorrente –

contro

Fallimento CESI s.r.l., in persona del curatore pro tempore,

rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del

controricorso, dall’Avv. Viallae do Craia, elettivamente domiciliato

presso lo studio dell’Avv. Patrizia Properzi in Roma, via Sabotino,

n. 46;

– controricorrente –

e sul ricorso promosso da:

Fallimento CESI s.r.l., in persona del curatore pro tempore,

rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del

controricorso, dall’Avv. Viallae – do Craia, elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv. Patrizia Properzi in Roma, via

Sabotino, n. 46;

– ricorrente in via incidentale –

contro

C.E., titolare della omonima ditta individuale,

rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al

ricorso, dagli Avv. Oberdan Tommaso Scozzafava e Gian Vito Ranieri,

elettivamente domiciliato nello studio del primo in Roma, via G.

Antonelli, n. 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona depositata il 21

gennaio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 22

gennaio 2010 dal Consigliere relatore Dott. GIUSTI Alberto;

uditi, per il ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale,

l’Avv. Patrizia Marino, per delega dell’Avv. Oberdan Tommaso

Scozzafava, e l’Avv. Gian Vito Ranieri;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale e l’assorbimento del ricorso incidentale

condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con atto di citazione notificato il 3 novembre 1994 il fallimento della s.r.l. CESI ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Fermo C.E., titolare dell’omonima ditta individuale, per sentirlo condannare al pagamento della somma di L. 123.683.000, oltre accessori, a titolo di corrispettivo per la prestazione resa dalla societa’ per la costruzione, in regime di subappalto, del palazzetto dello sport di (OMISSIS) e di cui alle fatture n. (OMISSIS).

Si e’ costituito C.E., contestando le avverse pretese e deducendo di avere interamente corrisposto il dovuto.

Esperita consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Fermo, con sentenza depositata il 26 febbraio 2004, ha accolto la domanda e condannato il C. al pagamento della somma di Euro 63.618,71 per sorte, oltre interessi.

In particolare, il primo giudice ha ritenuto: provata l’esistenza del contratto di subappalto, pur se contestata l’ampiezza del relativo rapporto; dimostrato l’ammontare del credito della CESI, costituendo le fatture prodotte, in assenza di una specifica contestazione del debitore, valida prova delle pretese dell’attore; esauriente la ricostruzione del c.t.u., il quale ha determinato il congruo corrispettivo per il complesso delle opere di carpenteria e la fornitura dei relativi materiali.

A fronte di tale positivo analitico riscontro, il Tribunale ha escluso l’idoneita’ della nota di credito n. (OMISSIS) (con cui la CESI aveva annullato le fatture nn. (OMISSIS) e, in parte, (OMISSIS) per errata fatturazione) a fornire un convincimento contrario: sia perche’, nonostante si trattasse di un importo molto consistente, non risultava traccia di verifiche o contestazioni da parte del C., se non a piu’ di sette mesi di distanza dalla ricezione dell’ultima fattura ; sia perche’ quest’ultimo non aveva fornito alcun elemento di specificazione dell’asserito errore macroscopico, e reiterato con l’emissione di ben cinque fatture, nel quale sarebbe incorsa la societa’ subappaltatrice.

2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 21 gennaio 2006, la Corte d’appello di Ancona ha respinto il gravame del C..

La Corte territoriale ha condiviso il positivo giudizio dato dal primo giudice sulla attendibilita’ e credibilita’ della consulenza tecnica d’ufficio, rilevando: che il consulente, esaminando le fatture prodotte dalle parti, aveva evidenziato che l’importo complessivo nelle stesse indicato ammontava a L. 329.620.000 per l’anno 1988 e a L. 239.300.000 per l’anno 1989, per un totale quindi di L. 568.920.000; che lo stesso esperto, recandosi presso il Comune di (OMISSIS) e consultando il registro di contabilita’ dei lavori presso l’ufficio tecnico di quel Comune, aveva messo in luce che il complesso dei lavori di carpenteria eseguiti nel periodo interessato (e cioe’ dal (OMISSIS)) era stimabile in L. 567.000.000 circa, cioe’ nella somma quasi identica a quella risultante dalle fatture emesse.

Quanto alla nota di credito, la Corte di Ancona ha sottolineato che essa, priva di alcun riscontro, era intervenuta a sei mesi dall’ultima fattura e, siccome nessuna fattura era stata mai contestata, cio’ alimentava il sospetto che fosse stato posto in atto un tentativo di far risultare insussistente un credito reale del fallimento.

Infine, la Corte territoriale ha rilevato che tale conclusione non puo’ essere inficiata dalla documentazione prodotta dall’appellante nel grado, posto che essa riguarda lavori eseguiti in epoca successiva a quelli di cui e’ causa e sulla base di un contratto stipulato in data (OMISSIS).

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il Cornacchina ha proposto ricorso, sulla base di sette motivi.

L’intimato fallimento ha spiegato controricorso e ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo, resistito, con controricorso, dal C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, il ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., essendo entrambe le impugnazioni riferite alla stessa sentenza.

2. – Con il primo motivo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), il ricorrente in via principale si duole che la Corte territoriale, confermando la valutazione di inattendibilita’ della nota di credito, non si sia pronunciata sulla questione giuridica, sollevata dall’appellante con il primo motivo di gravame, dell’inscindibilita’ del contenuto delle scritture contabili, di cui all’art. 2709 c.c..

Con il secondo mezzo si prospetta che il mancato riconoscimento di valenza probatoria alla nota di credito CESI si tradurrebbe, stante l’applicazione del principio di inscindibilita’ anche alla fattispecie di cui all’art. 2710 c.c., nella violazione degli artt. 2697, 2709, 2710 e 2734 c.c..

Il terzo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione della L. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Poiche’ il citato art. 26 nulla dice in merito al contenuto ed alle specificazioni che la nota di credito deve riportare, essendo sufficiente l’indicazione della fattura da stornare e del contratto in virtu’ del quale le prestazioni fatturate sono state eseguite, e poiche’ tale norma prevede come condizione che la nota di credito sia emessa entro il termine di un anno, il ricorrente ritiene errata la motivazione della Corte d’appello, secondo la quale la nota di credito sarebbe priva di rilevanza probatoria perche’ emessa tardivamente (a sei mesi dall’ultima fattura) e in assenza di specificazioni.

Con il quarto mezzo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) il C. sostiene che la regolarita’ della nota di credito avrebbe dovuto portare a ritenere insussistente l’esposizione debitoria nei confronti del fallimento CESI. 3. – I quattro motivi – i quali, stante la loro intima connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

Non v’e’ dubbio che, a norma dell’art. 2709 c.c., il giudice non puo’ fondare la propria decisione sul fatto sfavorevole all’imprenditore, risultante dai libri e dalle scritture, senza tener conto di altre risultanze che consentano di infirmare l’efficacia probatoria dell’annotazione. In base al principio di inscindibilita’, infatti, i libri e le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione costituiscono prova contro l’imprenditore, ma la parte che voglia trame vantaggio non puo’ scinderne il contenuto a proprio esclusivo favore, dovendo le scritture stesse, una volta invocate ed esibite, essere valutate nella loro interesse, quale che sia la parte a cui favore o a cui carico dispongano (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 1989, n. 1679; Cass., Sez. 2^, 18 marzo 1999, n. 2473; Cass., Sez. 3^, 11 novembre 2005, n. 22896).

E tuttavia il principio di inscindibilita’ del contenuto delle scritture contabili risulta nella specie invocato in modo non pertinente dal ricorrente.

Difatti, il giudice del merito, per ritenere raggiunta la prova del credito del fallimento della societa’ Cesi per i lavori in subappalto eseguiti, presso il palazzetto dello sport di (OMISSIS), su incarico dell’impresa edile C., ha basato il proprio convincimento non soltanto sul fatto dell’emissione delle fatture e della loro accettazione da parte del debitore senza muovere alcun rilievo, ma anche sulle risultanze della esperita consulenza tecnica d’ufficio, dalle quali emerge che il complesso dei lavori di carpenteria posti in essere dalla subappaltatrice nel periodo interessato, desumibili dal registro di contabilita’ dei lavori presso l’ufficio tecnico di quel Comune, e’ stimabile in un importo corrispondente a quello delle fatture.

D’altra parte, la sentenza impugnata ha escluso, con logico e motivato apprezzamento, l’attendibilita’ della nota di credito n. (OMISSIS) con cui la societa’ Cesi ha annullato le fatture (OMISSIS) e parzialmente la n. (OMISSIS), per errata fatturazione, e cio’ per una serie di convergenti ragioni, idonee ad infirmare il senso della scritturazione pregiudizievole: per l’ampio lasso di tempo (sei mesi) trascorso tra l’emissione delle fatture e l’emissione della nota di credito; per l’assenza di previe contestazioni provenienti dal committente debitore; ancora, per la mancata specificazione dell’errore macroscopico e reiterato nel quale sarebbe incorsa la societa’ subappaltatrice in sede di emissione delle fatture. Queste convergenti circostanze hanno indotto il giudice di merito a ritenere che la predetta nota di credito sia stata emessa per un fine simulatorio, diretto a sostanzialmente “azzerare” il debito del C. nei confronti della societa’ subappaltatrice, ormai prossima al fallimento.

Ne’ risulta violata o erroneamente applicata la disposizione della L. n. 633 del 1972, art. 26, istitutiva dell’imposta sul valore aggiunto, giacche’ il mero rispetto formale delle condizioni che consentono al prestatore di servizi, attraverso l’emissione di una nota di credito entro un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile, di portare in detrazione l’IVA nel rapporto tributario pubblicistico che si instaura con l’Amministrazione finanziaria, non impedisce al giudice civile del rapporto contrattuale di considerare inattendibile, perche’ simulata, la risultanza contabile e di ritenere ancora in piedi l’operazione per la quale era stata emessa fattura.

4. – Il quinto motivo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) censura che i giudici d’appello abbiano ritenuto irrilevante la documentazione allegata al fascicolo d’appello senza alcuna motivazione che ne giustificasse la dedotta irrilevanza. Il fatto che tali documenti fossero successivi ai fatti di causa sarebbe la dimostrazione dell’inadempimento della CESI al contratto di subappalto, a causa del quale la ditta C. e’ stata costretta a rivolgersi ad altra ditta per terminare i lavori assunti in appalto dal Comune di (OMISSIS). La Corte d’appello avrebbe dovuto accertare la valenza probatoria degli atti depositati in fase di impugnazione, volti a dimostrare l’inadempimento della CESI al contratto di subappalto e la validita’ ed idoneita’ probatoria della nota di credito n. (OMISSIS), “come richiesto dall’appellante a pag. 6 dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di impugnazione ed a pag. 3 e ss. della comparsa conclusionale del C. del 17 novembre 2005”.

Il settimo motivo denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La Corte d’appello avrebbe omesso ogni motivazione in ordine al mancato esame dei documenti depositati dalla ricorrente all’udienza del 17 marzo 2005, al fine di verificare l’inadempimento dell’appellata e il costo sostenuto dal ricorrente per ultimare i lavori commissionati dal Comune di (OMISSIS) e dimostrati dalla fattura della ditta Il Faro.

5. – Entrambi i motivi sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione.

Il ricorrente, infatti, deduce l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di atti documentali che dimostrerebbero l’inadempimento della societa’ Cesi al contratto di subappalto con l’impresa C., ma, quantunque richiami scritti difensivi del giudizio di merito facenti riferimento al contenuto di detta documentazione, omette di riprodurre il tenore esatto, trascrivendone il testo, delle risultanze il cui omesso o inadeguato esame e’ censurato: e cio’ era un preciso onere del ricorrente, per rendere possibile a questa Corte, sulla base del solo ricorso e senza necessita’ di indagini integrative non consentite, di valutare la pertinenza e la decisivita’ di quelle risultanze (tra le tante, Cass., Sez. 12^, 31 marzo 2006, n. 7610; Cass., Sez. 3^, 25 agosto 2006, n. 18506).

6. – Con il sesto motivo (violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e 1218 c.c. e degli artt. 61, 191 e 194 c.p.c.) si chiede se la sentenza, la’ dove riconosce provato il credito vantato dalla CESI, sia nell’an che nel quantum, sulla base delle risultanze della sola c.t.u., incorra nella violazione o falsa applicazione delle norme che impongono all’attore di provare i fatti posti a fondamento della propria pretesa e delle norme che escludono che la c.t.u. possa essere utilizzata per compiere indagini volte all’accertamento di fatti la cui dimostrazione rientra nell’onere probatorio delle parti.

7. – La censura e’ infondata, perche’ la consulenza tecnica d’ufficio e’ stata utilizzata non gia’ per compiere indagini esplorative dirette all’accertamento di circostanze di fatto la cui dimostrazione rientrava nell’onere probatorio della parte attrice, ma per fornire al giudice di merito l’apporto di cognizioni tecniche in ordine alla corrispondenza degli importi recati nelle fatture con quanto risultante dal registro di contabilita’ dei lavori presso l’ufficio tecnico del Comune di (OMISSIS).

8. – Il ricorso principale e’ rigettato.

E’ pertanto assorbito l’esame dell’unico mezzo del ricorso incidentale condizionato con cui, denunciandosi violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 345 c.p.c., si addebita alla Corte territoriale di avere preso in considerazione i documenti tardivamente prodotti dall’appellante e esteso l’esame a profili non dedotti con i motivi di gravame.

9. – Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE Riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale condizionato; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge.

Cosi deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010

 

 

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