Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5424 del 18/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2022, (ud. 01/02/2022, dep. 18/02/2022), n.5424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

SOCIETA’ COOPERATIVA ARCHEOLOGIA, in persona del presidente e L.R.,

rappr. e dif. dall’avv. Gerolamo Angotti

gerolamoangotti.pec.ordineavvocatifirenze.it, elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’avv. Bruno Taverniti, in Roma, Via

Germanico n. 96, come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA DI COSTRUZIONI – SOCIETA’ COOPERATIVA IN LIQUIDAZIONE

COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del commissario liquidatore,

rappr. e dif. dagli avv. Fabrizio Corsini

fabrizio.corsini.ordineavvmodena.it e Mauro Longo

maurolongo.pec.giuffre.it, con elezione di domicilio presso lo

studio del secondo, in Roma, via Pompeo Magno n. 94, come da procura

in calce all’atto;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto Trib. Modena 24/08/2018, n. 8752/2018

in R.G. n. 9484/2016;

viste le memorie delle parti;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 1 febbraio 2022 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. SOCIETA’ COOPERATIVA ARCHEOLOGIA impugna il decreto Trib. Modena 24/08/2018, n. 8752/2018, in R.G. n. 9484/2016 con cui è stata rigettata la sua opposizione allo stato passivo della Cooperativa di costruzioni – società cooperativa in liquidazione coatta amministrativa (LCA), al fine di ottenere il riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 5, per la somma di Euro 134.943,56, già ammessa in chirografo, lamentando che la prelazione invocata fosse stata riconosciuta solo sul minor importo di Euro 45.000,00;

2. secondo il tribunale: a) il credito era fondato su due contratti di subappalto (ex panificio (OMISSIS) e ex (OMISSIS) in Verona), con lavori di ristrutturazione e restauro immobiliare, secondo una denominazione fortemente presuntiva della realizzazione di un opus, di contro all’insufficiente prova in concreto della mera esecuzione di un servizio, invece invocata dalla parte; b) nell’appalto d’opera l’oggetto del contratto è la realizzazione di un bene o comunque la trasformazione di un materiale, mentre nell’appalto di servizi l’oggetto del contratto si concretizza in una prestazione diretta a fornire una utilità a favore del committente e, come tale, integra la fattispecie civilistica del privilegio; b) all’appalto di servizi non si applicano, in quanto incompatibili, gli articoli che si riferiscono alla realizzazione materiale di un’opera, né gli articoli relativi alla consegna dell’opera; c) nel caso di specie, per entrambi i cantieri era disciplinata la verifica delle opere, del collaudo delle varianti e dei pagamenti in corso d’opera, con previsione della garanzia per vizi ai sensi dell’art. 1667 e 1669 c.c., emergendo così che si trattava di convenuta attività di restauro di edifici intesa come modificazione materiale di cose preesistenti e dunque qualificabile come opera;

3. il ricorso è su cinque motivi e ad esso resiste con controricorso Cooperativa di costruzioni – società cooperativa in liquidazione coatta amministrativa, con difese per entrambe integrate da memorie finali;

4. con il ricorso si deduce: a) (primo motivo) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 5, quanto al contratto di assistenza archeologica agli scavi dell’ex panificio, avendo il tribunale erroneamente assimilato al contratto di appalto d’opera una prestazione ascrivibile al contratto di appalto di servizi, poiché diretta a fornire utilità diverse dalla realizzazione di un bene materiale ed autonome rispetto ad altri contratti; b) (secondo motivo) violazione e falsa applicazione dell’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 5, e dell’art. 1362 c.c., comma 1, quanto al contratto di restauro dell’ex (OMISSIS) e al recupero dell’ex panificio, avendo il tribunale travisato la qualificazione giuridica del contratto e lo stesso canone ermeneutico dell’intenzione dei contraenti ai sensi dell’art. 1362 c.c., comma 1, limitandosi all’esame del senso letterale delle parole ed invece trascurando trattarsi rispettivamente di servizi di pulizia delle superfici decorate; c) (terzo motivo) violazione e falsa applicazione dell’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., sotto diverso profilo gradato, contestandosi la lettura di inscindibilità – operata dal tribunale – del contenuto delle prestazioni umane e materiali convenute nei contratti, avendo il tribunale ritenuto di dover verificare la prevalenza del lavoro personale dei soci rispetto all’apporto di materie prime e altre forniture, discernimento nell’appalto d’opera impossibile, data la compenetrazione dei singoli fattori ed invece risultando nella cooperativa, già dal bilancio, prevalente il lavoro dei soci; d) (quarto motivo) violazione e falsa applicazione dell’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 5, e del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, quanto all’appalto ex panificio, considerando che l’attività commissionata ad Archeologia, società cooperativa di produzione e lavoro, è stata svolta mediante l’apporto lavorativo personale e diretto dei soci, secondo chiari indici di

superamento della presunzioni di inscindibilità dei fattori, per cui sarebbe discriminatorio ed irragionevole escludere in toto l’applicabilità del privilegio, invece che ammetterlo quantomeno nella misura del 50% del credito fatturato per il contratto di subappalto di lavori pubblici e secondo la rispettiva disciplina; e) (quinto motivo) violazione e falsa applicazione dell’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 5, e della L. Fall., artt. 54 e 55, laddove il privilegio non accordato al credito ex art. 2751-bis c.c., n. 5, si sarebbe dovuto estendere altresì agli interessi, ai sensi della L. Fall., artt. 54 e 55, ragione assorbita nella pronuncia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. i primi tre motivi, trattati unitariamente per l’intima connessione, sono inammissibili; il tribunale, con motivazione esplicitata sulla base di specifiche circostanze riferite all’esame dei contratti di subappalto sottostanti al credito rivendicato in privilegio, ha conferito rilievo al rispettivo oggetto così pervenendo a confermarne la natura di contratto d’opera; si tratta di ricostruzione della fattispecie non solo non sottoposta ad alcuna appropriata censura, trattandosi di apprezzamento di fatto che ha selezionato gli elementi istruttori emersi (Cass. s.u. 8053/2014), ma deponente per la corretta conferma dell’indirizzo più volte espresso da questa Corte, e al quale va data continuità, per cui l’art. 2751-bis c.c., n. 5, non prevede l’applicabilità del privilegio, che assiste i crediti delle società od enti cooperativi di produzione e lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita di manufatti, anche ai crediti per compensi di appalti d’opera, difettando, in questa ipotesi, la sicura prevalenza dell’attività lavorativa rispetto agli altri fattori produttivi dell’impresa, “in quanto la considerazione contrattuale della prestazione lavorativa nella sua globalità non consente di valutare l’incidenza delle singole componenti, sicché risulta ragionevole la previsione di un trattamento differenziato” anche ai fini della lettura secondo criteri di orientamento costituzionale differenziato (Cass. n. 4383 del 2015); l’indirizzo è stato ripetuto anche di recente in Cass. n. 4184 del 2018, Cass. n. 281 del 2021 e Cass. n. 40486 del 2021;

2. inoltre, non è emerso in giudizio, nonostante la allegazione odierna della ricorrente, alcuna valutazione effettivamente comparativa del fattore-lavoro rispetto ad altri componenti della produzione, da riferirsi non solo in astratto alla formula organizzativa della cooperativa, ma più in concreto – allo svolgimento delle prestazioni contrattuali originanti il credito, già ammesso nella sola sede chirografaria; la considerazione, a sua volta, preclude una diversa verifica della regola applicata dal tribunale sulla scorta del parallelo principio per cui – come affermato sin da Cass. n. 12136 del 2014 e poi Cass. n. 22147 del 2016, e anche ove superato, come invece qui escluso, il vaglio della tipologia contrattuale – i requisiti essenziali perché una cooperativa di produzione e lavoro sia ammessa, in sede di accertamento del passivo fallimentare, al privilegio previsto dall’art. 2751-bis c.c., n. 5, sono, per un verso, che il credito risulti pertinente ed effettivamente correlato al lavoro dei soci e, per altro verso, che l’apporto lavorativo di questi ultimi sia prevalente rispetto al lavoro dei dipendenti non soci; ne deriva che, ai fini del riconoscimento della prelazione, non è possibile il ricorso a parametri diversi da quelli indicati, collegati a canoni funzionali o dimensionali ovvero a comparazioni fra lavoro dei soci e capitale investito;

3. né soccorre ad una diversa soluzione il richiamo a Cass. 14241/2018, con cui questa Corte ha solo menzionato che, nella “figura generale dell’appalto, la norma dell’art. 1655 c.c., vi ricomprende tanto il “compimento di un’opera”, quanto, e indifferentemente, il “compimento di un servizio”. Sì che, per sé, la normativa generale dettata per l’appalto – e quindi pure la disposizione dell’art. 1667 – trova comunque applicazione anche per l’appalto di servizi”; il precedente, infatti, non appare adeguato alla fattispecie di causa, incentrata piuttosto sulla combinazione necessaria delle citate norme con altre, in materia di privilegio, solo così definendosi l’istituto giuridico applicabile;

4. il quarto motivo esprime una questione in apparenza non trattata avanti al tribunale, così discendendone una qualificazione di novità, come tale implicante l’inammissibile disamina in questa sede, avendo omesso il ricorrente di indicare con precisione in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass. 32804/2019); ne consegue l’assorbimento del quinto motivo e l’irrilevanza dell’eccezione di irritualità della produzione documentale in questa sede sollevata dal controricorrente;

il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile con riguardo ai primi quattro motivi, assorbito il quinto; ne discende la condanna alle spese secondo soccombenza e liquidazione come meglio in dispositivo, nonché la dichiarazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in 7.200 Euro, oltre a 200 Euro per esborsi, nonché al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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