Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5424 del 03/03/2017
Cassazione civile, sez. trib., 03/03/2017, (ud. 17/01/2017, dep.03/03/2017), n. 5424
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14108/2013 R.G. proposto da:
D.B.A., D.B.G., D.B.T.,
De.Ba.Al. ed A.A., in proprio, quali soci della De
Baggis di A.D.B. & C. s.n.c. e quali eredi di
D.B.B., rappresentati e difesi dagli Avv.ti Michele Tumminelli e
Domenico Angelini, elettivamente domiciliati presso lo studio di
quest’ultimo in Roma alla via Gavinana n. 4, per procura a margine
del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei
Portoghesi n. 12 è domiciliata;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia n. 154/31/12 depositata il 27 novembre 2012.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio 2017
dal Consigliere Enrico Carbone.
Udito l’Avv. Domenico Angelini per i ricorrenti e l’Avv. Gianna
Galluzzo per la controricorrente.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Sorrentino Federico, che ha concluso per l’integrazione del
contraddittorio nei confronti della società, in subordine per
l’annullamento dell’intero giudizio.
Fatto
FATTI DI CAUSA
In accoglimento dell’appello erariale e in riforma della sentenza di primo grado, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia respingeva l’impugnazione proposta dalla D.B. s.n.c. e dai soci esercenti attività di fabbricazione di mobili in legno – contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei loro confronti per recupero IRAP e IVA in applicazione degli studi di settore sull’anno d’imposta 2005.
I soccombenti ricorrono per cassazione sulla base di due motivi. L’Agenzia delle entrate resiste mediante controricorso.
Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il contraddittorio risulta integro.
Non è stata dedotta da alcuno l’esistenza di soci della D.B. s.n.c. ulteriori ai ricorrenti, che hanno speso la relativa qualità; circa il socio defunto, D.B.B., non è stata dedotta da alcuno l’esistenza di eredi ulteriori ai ricorrenti, che hanno speso la relativa qualità.
La presenza in giudizio di tutti i soci assicura il contraddittorio nei confronti della società di persone (Cass. 27 maggio 2003, n. 8399, Rv. 563606; Cass. 5 aprile 2006, n. 7886, Rv. 588238).
2. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, L. n. 146 del 1998, art. 10, artt. 2697, 2727 e 2728 c.c., D.P.R. n. 633 del 1972 art. 39 (recte D.P.R. n. 600 del 1973).
Si dolgono i ricorrenti che il giudice d’appello abbia confermato l’avviso di accertamento nonostante questo fosse stato emesso in applicazione di uno studio di settore viceversa concretamente inapplicabile a ragione della grave crisi del comparto di pertinenza (mobile canturino).
2.1. Il motivo è inammissibile.
Essendo incontroverso il pieno svolgimento del contraddittorio amministrativo, incombe al contribuente l’onere probatorio circa i fatti giustificativi dell’anomalia del reddito (Cass. 20 febbraio 2015, n. 3415, Rv. 634928; Cass. 13 luglio 2016, n. 14288, Rv. 640541).
La violazione di legge in rapporto all’art. 2697 c.c. è configurabile solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella cui effettivamente incombe, non anche per l’attività di valutazione della prova (Cass. 5 settembre 2006, n. 19064, Rv. 592634; Cass. 17 giugno 2013, n. 15107, Rv. 626907).
Nella specie, il giudice d’appello ha esattamente attribuito al contribuente l’onere di provare i fatti giustificativi dello scostamento reddituale; non sussiste alcuna violazione di legge, quindi, nè può essere censurata sotto questo profilo la valutazione delle allegazioni istruttorie riguardo all’incidenza della crisi di comparto.
3. Il secondo motivo di ricorso denuncia “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo” ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Depositata il 27 novembre 2012, la sentenza d’appello va soggetta ai limiti del sindacato motivazionale di legittimità introdotti dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. L. n. 134 del 2012, operativi anche per il giudizio di cassazione in materia tributaria (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629829; Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8054, Rv. 629832).
Tra questi limiti di cognizione figura l’insindacabilità della motivazione alla stregua del vecchio parametro della “sufficienza” (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830; Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8054, Rv. 629833).
Gli odierni ricorrenti lamentano proprio l’insufficienza della motivazione spesa dal giudice d’appello per escludere la valenza giustificativa della dedotta crisi di settore.
Focalizzata sulla sostanziale invarianza del personale in costanza delle perdite, tale motivazione è – per quanto detto – insindacabile.
4. I motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili e le spese di questo giudizio vanno regolate per soccombenza.
PQM
Dichiara inammissibili i motivi di ricorso e condanna i ricorrenti in solido tra loro a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dichiara che i ricorrenti hanno l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 – quater.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2017