Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5423 del 03/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 03/03/2017, (ud. 17/01/2017, dep.03/03/2017),  n. 5423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8798/2013 R.G. proposto da:

A.N. s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi

Vespoli, elettivamente domiciliata in Roma alla via Buccari n. 3

presso lo studio dell’Avv. Bruno Forti, per procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei

Portoghesi n. 12 è domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 452/1/12 depositata il 15 ottobre 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio 2017

dal Consigliere Carbone Enrico.

Udito l’Avv. Luigi Vespoli per la ricorrente.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Sorrentino Federico, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Su ricorso della A.N. s.r.l., esercente lavorazioni meccaniche conto terzi, la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli annullava l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei confronti della società per recupero IRES, IRAP e IVA in applicazione degli studi di settore sull’anno d’imposta 2004.

Parzialmente accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, la Commissione Tributaria Regionale della Campania limitava l’annullamento, riducendo del 30 per cento i maggiori ricavi accertati. La società ricorre per cassazione sulla base di quattro motivi. L’Agenzia delle entrate resiste mediante controricorso.

Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, artt. 62 – bis e 62-sexies, artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 3, 9 e 39, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, nonchè omesso esame circa un fatto decisivo e controverso ex art. 360 c.p.c., n. 5; il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, L. n. 241 del 1990, art. 3.

I motivi vanno scrutinati insieme, perchè entrambi lamentano che il giudice d’appello abbia considerato legittimo l’utilizzo dello studio di settore in chiave indiziaria e parzialmente confermato l’avviso di accertamento, pur non motivato sulle ragioni dedotte dalla contribuente in fase amministrativa.

1.1. I motivi sono infondati laddove considerano lo studio di settore un mero canale di legittimazione dell’accertamento analitico – induttivo, privo di autonoma valenza indiziaria.

Per giurisprudenza consolidata, la procedura di accertamento standardizzato mediante studi di settore costituisce proprio un sistema di presunzioni semplici, fermo che la gravità, precisione e concordanza degli indizi soggiace al vaglio del contraddittorio (Cass., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635, Rv. 610691; Cass. 15 maggio 2013, n. 11633, Rv. 626925; Cass. 12 dicembre 2013, n. 27822, Rv. 629568; Cass. 6 agosto 2014, n. 17646, Rv. 631951).

1.2. I motivi sono inammissibili laddove assumono la pretermissione delle ragioni dedotte dalla contribuente nel contraddittorio amministrativo.

Vero che, per la richiamata giurisprudenza, l’avviso di accertamento basato sugli studi di settore deve motivare anche sulle contestazioni sollevate nel contraddittorio precontenzioso.

Tuttavia, l’odierno ricorso manca di trascrivere i passi salienti dell’avviso di accertamento e così impedisce al giudice di legittimità di verificarne la motivazione, ciò che integra violazione del principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c. (Cass. 13 agosto 2004, n. 15867, Rv. 575601; Cass. 4 aprile 2013, n. 8312, Rv. 625996; Cass. 19 aprile 2013, n. 9536, Rv. 626383).

2. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 115 c.p.c., per aver il giudice d’appello rideterminato arbitrariamente l’imponibile in via equitativa, senza considerare che l’amministrazione non aveva contestato le giustificazioni offerte in ordine allo scostamento dei ricavi; il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 7, per aver il giudice d’appello gravato il contribuente dell’onere della prova negativa circa l’inesistenza del maggior reddito.

I motivi vanno scrutinati insieme, perchè entrambi lamentano un esercizio giuridicamente scorretto dei poteri – doveri decisori del giudice di merito.

2.1. I motivi sono infondati.

Non risultando carenze motivazionali dell’avviso di accertamento (p. 1.2.), proprio il contribuente era onerato di provare i fatti positivi idonei a giustificare l’anomalia del reddito (Cass. 20 febbraio 2015, n. 3415, Rv. 634928; Cass. 13 luglio 2016, n. 14288, Rv. 640541); non risultando carenze motivazionali dell’avviso di accertamento (p. 1.2.), neppure emergono fattispecie rilevanti di non – contestazione.

Quanto all’abbattimento del 30 per cento sui maggiori ricavi, non si tratta di equità cerebrina del giudice d’appello, ma di un congruo riflesso della proposta conciliativa in sede precontenziosa (cfr. pag. 3 di ricorso); peraltro, atteso che la riduzione giova alla contribuente, il ricorso sul punto non è sorretto dall’interesse ad impugnare, che deve riferirsi all’utilità concreta della parte e non alla correttezza astratta della decisione (Cass. 26 luglio 2005, n. 15623, Rv. 583871; Cass. 27 gennaio 2006, n. 1755, Rv. 586704; Cass. 19 maggio 2006, n. 11844, Rv. 589392; Cass. 23 maggio 2008, n. 13373, Rv. 603196).

3. Il ricorso deve essere rigettato, con aggravio di spese.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la A.N. s.r.l. a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dichiara che la ricorrente ha l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2017

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