Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5422 del 05/03/2010
Cassazione civile sez. II, 05/03/2010, (ud. 15/12/2009, dep. 05/03/2010), n.5422
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. ATRIPALDI Umberto – rel. Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.F.E. C.F. (OMISSIS), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CIRCONVALLAZIONE CLODIA 5, presso lo Studio
dell’avvocato SCIARRA NICOLINO, rappresentato e difeso dall’avvocato
CERELLA GIOVANNI;
– ricorrente –
contro
CASSA RISPARMIO DELLA PROVINCIA DI CHIETI SPA P.I. (OMISSIS) in
persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore Avv.
C.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E.Q.
VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato PETRACCA NICOLA,
rappresentato e difeso dall’avvocato CARBONI BRUNO;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il
26/06/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del
15/12/2009 dal Consigliere Dott. ATRIPALDI Umberto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso con condanna alle spese.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
D.F.E. ha impugnato, nei confronti della s.p.a. Cassa di Risparmio di Chieti, con ricorso notificato il 7.10.04, la sentenza della Corte di Appello dell’Aquila, notificata il 29.6.04;
che, in riforma di quella di 1 grado, gli aveva rigettato la domanda “di riduzione in pristino dell’altezza dell’edificio” della intimata.
Lamenta la violazione degli artt. 871, 872, 873 c.c., dell’art. 879 c.c., comma 2, nonchè omessa insufficiente ed erronea motivazione, dato che erroneamente la Corte di Appello, nell’affermare che la violazione della normativa sulle altezze nella specie non aveva carattere integrativo dell’art. 873 c.c., non aveva considerato che il fabbricato della intimata, non solo era stato sovradimensionato, ma aveva anche violato “la distanza”, che si era ridotta di 32 cm, rispetto al suo edificio. Nè, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, tra le rispettive costruzioni era interposta una pubblica strada. L’intimata resiste.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Affetto da inammissibilità si manifesta l’unico motivo del ricorso, col quale è denunciata in modo del tutto generico, senza il benchè minimo riferimento alla normativa codicistica o regolamentare da applicare, la violazione delle distanze fra i rispettivi edifici, che l’intimata avrebbe ridotto di 32 cm. – Questione, per di più, che risulta coperta dal giudicato, non avendo il ricorrente impugnato la decisione del 1 giudice, che ha ritenuto tardiva, come evidenziato nell’impugnata sentenza, la sua inerente domanda perchè formulata solo nella comparsa conclusionale. Donde legittimamente la Corte di Appello ha limitato l’indagine al denunciato superamento delle originarie altezze dell’edificio ristrutturato, e constatato che tale violazione non interagiva con la disciplina delle distanze, nella specie in alcun modo collegata all’altezza degli edifici;
correttamente ha respinto la domanda di riduzione in pristino. Sulla base di quanto esposto risulta assorbita per manifesta irrilevanza l’ulteriore questione relativa alla ritenuta interposizione di una pubblica strada fra gli edifici di cui è causa. Al rigetto segue la condanna alle spese.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese in Euro 1.700,00, di cui 1500,00 per onorari.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2010