Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5419 del 03/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 03/03/2017, (ud. 19/12/2016, dep.03/03/2017),  n. 5419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13395-2012 proposto da:

G.R.C.I.A., elettivamente domiciliata in

ROMA VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

BRIGUGLIO, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA CARLA

GIORGETTI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI

MILANO;

– intimati –

Nonchè da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

G.R.C.I.A., elettivamente domiciliata in

ROMA VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

BRIGUGLIO, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA CARLA

GIORGETTI giusta delega a margine;

– controricorrente al ricorso incidentale –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MILANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 188/2011 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 12/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/12/2016 dal Consigliere Dott. PAGETTA ANTONELLA;

udito per la ricorrente l’Avvocato GIORGETTI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso

incidentale;

udito per il controricorrente l’Avvocato BACOSI che ha chiesto il

rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso

incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso in via principale il rigetto di entrambi

i ricorsi, in subordine il rigetto del ricorso principale e

l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La CTR di Milano, pronunziando sugli appelli riuniti proposti dall’Agenzia delle Entrate avverso le sentenze di primo grado che avevano annullato gli avvisi di accertamento originati da ricostruzione sintetica del reddito ai fini IRPEF e addizionale regionale, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5, 6 e 41, in relazione agli anni di imposta 2001 – 2002 – 2003, in parziale riforma delle decisioni impugnate, ha proceduto alla rideterminazione dei redditi della contribuente G.R.C.I.A. in misura inferiore a quella accertata dall’Agenzia delle Entrate e mandato a quest’ultima per il ricalcolo delle imposte dovute oltre interessi, escluse le sanzioni; ha compensato le spese di lite.

Per quel che ancora rileva, il giudice di secondo grado, respinta la eccezione di tardività degli appelli e ritenuta la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità del D.P.R. cit. art. 38, comma 4, prospettata dalla contribuente sotto il profilo della violazione dell’art. 23 Cost., ha ritenuto: quanto all’imbarcazione di proprietà – descritta nella documentazione in atti come del tipo “yacht cabinato a vela/motoveliero”, dotato di motore di potenza di 145 HP – che la stessa, in ragione di tali caratteristiche, non fosse riconducibile ad alcuna delle categorie previste dalle tabelle ministeriali, le quali distinguevano solo fra imbarcazioni con propulsione a vela e imbarcazioni con propulsione a motore con potenza superiore a 25 HP; pertanto, la determinazione del valore complessivo delle spese di gestione al fine della ricostruzione della capacità contributiva, doveva essere ricavata sommando il valore intero indicato dalle tabelle ministeriali riferito ad una barca a vela alla metà del valore indicato dalle dette tabelle in relazione a imbarcazioni con motore di potenza HP superiore a 25; quanto ai canoni di locazione, la prova del relativo pagamento a mezzo assegni emessi dai genitori della contribuente, non poteva essere ricavata dalla mera corrispondenza tra somma degli importi di tali assegni con quella dei canoni, circostanza questa alla quale non era attribuibile neppure un valore indiziario; quanto alla maggiore capacità di spesa, che la contribuente assume essere frutto di liberalità da parte dei genitori, liberalità attestate da assegni in proprio favore emessi dal padre, l’astrattezza di tale mezzo di pagamento, analogamente ai canoni di locazione, avrebbe richiesto la prova del rapporto sottostante; peraltro, il totale delle somme annualmente incassate, di rilevante entità, esclude che tali donazioni possano configurarsi, ai sensi dell’art. 783 c.c., come di modico valore e, quindi, validamente opponibili, in assenza di atto scritto, all’Amministrazione finanziaria; ciò neppure in rapporto alle condizioni economiche del donante, rimaste indimostrate.

Quanto alle sanzioni le stesse non sono dovute in considerazione dell’obiettiva incertezza circa la portata dell’applicazione delle tabelle ministeriali nel caso di specie.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso sulla base di dieci motivi la contribuente la quale ha reiterato la eccezione di incostituzionalità già formulata nei gradi di merito; l’Agenzia delle Entrate ha resistito con tempestivo controricorso e contestuale ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, avverso il quale la ricorrente principale ha depositato controricorso.

La ricorrente principale ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 378 del 1994, art. 1, che ha novellato la L. n. 50 del 1971, art. 1, e succ. modif. cui rinviano le premesse del D.Lgs n. 171 del 2005 (“Codice della nautica da diporto”), della L. n. 50 del 1971, art. 1, del D.Lgs. n. 436 del 1996, art. 1 di “Attuazione della direttiva 94/25/CE/ in materia di progettazione, costruzione e immissione in. Commercio di unità da diporto”, della norma EN UNI ISO 12217-2, punto 3.1.2., norme dell’ISO/TC recepite dal CEN/CS T01 come norme EN, in supporto alla direttiva 94/25/CE, e recepite dall’UNI a livello nazionale italiano come norme EN UNI ISO.

Si censura, in sintesi, la decisione per non avere fatto riferimento alle norme sopra richiamate al fine del corretto inquadramento della imbarcazione di proprietà della contribuente. Alla stregua di tali disposizioni, infatti, la imbarcazione in oggetto, in ragione delle sue caratteristiche, avrebbe dovuto essere qualificata come “a vela” e ricondotta, quindi, al corrispondente parametro rivelatore di capacità contributiva previsto dalle tabelle ministeriali.

Con il secondo motivo si deduce, in via subordinata, omessa e insufficiente motivazione su fatto decisivo e controverso ovvero sulla definizione di “barca a vela” quale presupposto per l’applicazione alla fattispecie de qua dei coefficienti di cui al punto 2.2 della tabella allegata al D.M. 10 settembre 1992 e successive modificazioni. Si sostiene che i giudici di secondo grado non hanno fornito adeguato apparato motivazionale, in relazione alla normativa richiamata con il primo motivo, all’assunto che l’imbarcazione posseduta parteciperebbe sia dei caratteri della barca a vela sia dei caratteri della barca a motore. In particolare si contesta il rilievo attribuito alla dotazione di un motore di potenza 145 HP, al fine della corretta qualificazione dell’imbarcazione.

Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c.; si censura la decisione in quanto essenzialmente resa sulla base di un giudizio secondo equità e non secondo diritto. In questa prospettiva si sostiene che gli unici coefficienti applicabili erano quelli previsti dai decreti ministeriali non essendo ammesse soluzioni creative o manipolatrici ed in particolare la possibilità di operare, come invece avvenuto, una commistione fra gli stessi.

Con il quarto motivo si deduce omessa o insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia ovvero sulla percentuale di applicazione degli indici previsti al punto 2.1.e 2.2. della tabella di cui al D.M. 10 settembre 1992 e successive modificazioni,. Si censura la decisione per non avere fornito adeguato apparato motivazionale alla scelta di applicare la metà del valore dei coefficienti riferita ad un’imbarcazione di motore superiore a HP 25 (punto 2.2. D.M. cit.) e sommarla al valore totale risultante dall’applicazione dei coefficienti riferiti ad una barca a vela (punto 2.1. D.M. cit.).

Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 commi 4, 5 e 6, e con esso dei Decreti Ministeriali 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992 nonchè della tabella di cui al decreto ed allegata al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 4.5.2005. Si sostiene che ove vi fosse stata corretta applicazione degli indici rivelatori di capacità contributiva di cui ai decreti ministeriali menzionati e ove, in particolare, la imbarcazione posseduta fosse stata correttamente ricondotta all’ambito delle “imbarcazioni a vela” alla stregua dei menzionati decreti ministeriali, sarebbe venuto meno, per ciascun anno di imposta, lo stesso presupposto, – scostamento del reddito oltre il quarto – alla base dell’accertamento induttivo.

Con il sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 738 c.c., comma 2 censurandosi la decisione per avere ritenuto, in contrasto con la costante giurisprudenza di legittimità, le donazioni ricevute dai genitori, non di modico valore. Si evidenzia che nei gradi di merito era stata prodotta ampia documentazione attestante non solo le condizioni economiche della contribuente ma anche il fatto che la famiglia G.R. era dotata, all’epoca dei fatti, di importanti risorse finanziarie come comprovato dalle dichiarazioni dei redditi dei genitori della contribuente riferite agli anni oggetto di accertamento. La adeguata considerazione delle condizioni economiche dei genitori avrebbe dovuto indurre a configurare gli atti di liberalità di questi come donazioni di modico valore e pertanto opponibili all’Agenzia delle Entrate, senza necessità di forma scritta.

Con il settimo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per non avere la CTR valutato le produzioni documentali versate in atti dalla contribuente. Si censura, in particolare, la decisione per avere ritenuto non dimostrate le condizioni economiche del donante pur avendo la contribuente dato prova delle stesse mediante produzione, nel corso del giudizi, delle dichiarazioni dei redditi dei genitori.

Con l’ottavo motivo di ricorso, si deduce, in via subordinata, omessa insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, ovvero sulla prova circa le condizioni economiche dei genitori in relazione alle erogazioni effettuate per spirito di liberalità nei confronti della figlia. Si censura la decisione per non avere offerto adeguato supporto motivazionale alla statuizione relativa alla insufficienza o carenza di prova delle condizioni economiche dei donanti.

Con il nono motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, per avere incluso tra i beni indici di maggiore capacità contributiva, presunta iuris et de iure, l’immobile condotto in locazione, le cui spese di mantenimento (canoni di locazione) non erano state sopportate dalla contribuente. Dalla documentazione versata in atti risultava, infatti, dimostrato non solo che i genitori godevano ciascuno di redditi rilevanti ma anche che gli stessi erano “proprietari” della società Spicher, locataria dell’immobile; si evinceva, in particolare, che ogni semestre la madre della contribuente provvedeva al saldo delle fatture emesse dall’immobiliare nei confronti di tutti i componenti del nucleo familiare e che l’importo degli assegni corrispondeva alle speculari fatture emesse dalla società in favore della contribuente.

Con il decimo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c. e il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3. Si censura, in sintesi, la sentenza impugnata per avere ritenuto che la modifica del termine di impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c., richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, modifica introdotta dal L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 17, trovava applicazione solo in ipotesi di giudizio di primo grado instaurato dopo l’entrata in vigore – il 4.7.2008 – della L. n. 69 cit..

Con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2. Si censura la decisione per avere escluso il pagamento delle sanzioni sulla base di una non corretta applicazione del principio di diritto relativo all’incertezza normativa oggettiva.

Ragioni di ordine logico, collegate al rilievo dirimente del suo eventuale accoglimento, impongono di esaminare con priorità il decimo motivo di ricorso principale, motivo incentrato sulla tardività – per violazione del termine semestrale di impugnazione – degli appelli proposti dall’Agenzia delle Entrate avverso le sentenze di primo grado che avevano accolto i ricorsi della contribuente.

Esso è infondato. La decisione di secondo grado, che ha ritenuto applicabile il termine annuale di impugnazione per essere i giudizi di primo grado stati introdotti in epoca antecedente al 4 luglio 2009, è infatti coerente con la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, la quale ha chiarito che il termine semestrale di impugnazione, risultante dalla modifica introdotta dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, si applica, ai sensi dell’art. 58 della medesima legge, ai giudizi instaurati, e non alle impugnazioni proposte, a decorrere dal 4 luglio 2009, essendo quindi ancora valido il termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia anteriore a quella data. (v. fra le altre, Cass. n. 6784 del 2012, n. 14267 del 2015). Sempre in via preliminare deve essere affermata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, nella parte in cui demanda, in violazione del principio della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost., – si sostiene – l’attuazione dello strumento dell’accertamento induttivo ad una fonte di diritto di rango inferiore.

In continuità con precedenti di questa Corte che hanno scrutinato la questione, deve essere, infatti, ribadito che le norme relative agli indici di capacità contributiva utilizzati per l’accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, non sono norme tributarie sostanziali, ma norme procedimentali, perchè esse regolano le modalità di esercizio del potere di accertamento di cui limitano la discrezionalità, vincolandola a criteri predeterminati; si tratta di normazione secondaria, ma adottata in conformità alla riserva relativa di legge ex art. 23 Cost. e uniformemente efficace per tutti gli uffici. (v., fra le tante, Cass. n. 694 del 2009 e n. 2123 del 2002).

Il primo ed il secondo motivo di ricorso, trattati congiuntamente per evidente connessione, sono da respingere.

L’assunto secondo il quale la verifica della riconducibilità del possesso dell’imbarcazione all’una o all’altra delle categorie prese in considerazioni dai decreti ministeriali al fine della ricostruzione sintetica del reddito dovrebbe essere effettuata alla stregua delle definizioni e classificazioni contenute dalla legislazione in tema di nautica da diporto e della legislazione di attuazione della direttiva 94/25/CE/ in materia di progettazione, costruzione e immissione in commercio di unità da diporto nonchè delle norme tecniche recepite dal CEN/CS T01 come norme EN, in supporto alla detta direttiva e recepite dall’UNI a livello nazionale italiano come norme EN UNI ISO, è da disattendere in quanto, come già chiarito da questa Corte, “ai fini che la legge tributaria si propone, non rilevano le classificazioni che, ad altri fini (costruzione, iscrizione negli appositi registri, abilitazioni alla navigazione correlata alla sicurezza della navigazione stessa e della vita umana; comando e condotta delle imbarcazioni) ossia ai fini dell’applicazione del codice della navigazione, dei relativi regolamenti di esecuzione e delle altre leggi speciali, sono contenute nella L. 11 febbraio 1971, n. 50, recante norme sulla navigazione da diporto e modificato dalla L. 6 marzo 1976, n. 51, che distingue tra unità, navi, imbarcazioni e natanti da riporto sono utilizzate dal legislatore. Tali classificazioni sono estranee alle norme tributarie, perchè, nell’ambito di esse, l’imbarcazione, comunque sia classificata nella disciplina che ne regola la navigazione, rileva in quanto, sulla base di parametri precostituiti esclusivamente propri della legge tributaria, sia indicativa di capacita contributiva, maggiore o minore a seconda di taluni connotati che, nella valutazione legislativa, costituiscono elementi e circostanze di fatto certi, rivelatori di reddito” (Cass. n. 1622 del 1991).

Il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso principale, esaminati congiuntamente in quanto intesi a censurare, sotto plurimi profili, le modalità di determinazione del valore complessivo attribuito, ai fini della ricostruzione della capacità contributiva, alla proprietà dell’imbarcazione della contribuente sono inammissibili per difetto di interesse ad impugnare.

Si premette che la sentenza impugnata incorre in errore nel ritenere che l’imbarcazione in oggetto, per le sue caratteristiche di motoveliero cioè di imbarcazione a propulsione sia a motore che a vela, non sia riconducibile ad alcuna delle categorie di beni contemplate dalla tabella allegata al Decreto Ministeriale (19 settembre 1992 e succ. modifiche) in quanto tale tabella distingue, nell’ambito delle “navi e imbarcazioni da diporto”, solo tra “imbarcazioni da diporto di stazza lorda superiore a 3 t. e fino a 50 t., con propulsione a vela” (Tabella 2.1.) e “imbarcazioni da diporto di stazza lorda non superiore a 50 t. con propulsione a motore di potenza superiore a 25 HP effettivi” (Tabella 2.2).

La corretta lettura di tali previsioni induce, infatti, ad escludere quel “vuoto” di disciplina che ha indotto il giudice di secondo grado ad affidarsi ad una soluzione di tipo essenzialmente equitativo nel ricostruire la maggiore capacità contributiva connessa alla disponibilità di una imbarcazione avente le caratteristiche -motoveliero – di quella in proprietà della contribuente.

Le specifiche finalità del cd. redditometro, le quali non possono essere condizionate dalle caratteristiche tipologiche della categoria del bene preso in considerazione se non ove queste siano rilevanti ai fini della capacità contributiva, non imponeva, infatti, una disciplina separata dell’imbarcazione tipo “motoveliero”, caratterizzata cioè dalla possibilità di propulsione sia a motore che a vela”.

La norma secondaria, laddove ha fatto riferimento alle “imbarcazioni da diporto di stazza lorda non superiore a 50 t. con propulsione a motore di potenza superiore a 25 HP effettivi”, ha, infatti, mostrato di privilegiare come autonomo elemento rivelatore di capacità contributiva il fatto che la imbarcazione fosse dotata di un motore di potenza superiore a 25 HP, circostanza questa ritenuta di per sè sola (ed a prescindere dalla concorrente possibilità di propulsione anche a vela) significativa di maggiori costi di gestione in astratto sostenibili dal contribuente – rispetto a quelli scaturenti dalla disponibilità di un’imbarcazione con propulsione esclusivamente a vela oppure, di un’imbarcazione a vela ma dotata (anche) di un motore non superiore a 25 HP effettivi (verosimilmente, quindi destinato ad essere utilizzato solo in funzione ausiliaria dello svolgimento delle manovre in porto).

L’Agenzia delle Entrate, pacifica la dotazione di un motore superiore a 25 HP, ha correttamente ricondotto il valore dell’imbarcazione della contribuente a quello scaturente dai coefficienti relativi alle “imbarcazioni da diporto di stazza lorda non superiore a 50 t. con propulsione a motore di potenza superiore a 25 HP effettivi” di cui al punto 2.2 della tabella ministeriale e, quindi superiore a quello accertato dalla sentenza impugnata.

Da tutto quanto sopra scaturisce che la corretta applicazione delle tabelle ministeriali, avrebbe comportato l’applicazione del solo parametro barca a motore, con applicazione quindi del valore corrispondente all’intero, pari, secondo quanto riportato nella decisione impugnata, a Euro 97.985,67 e, quindi, superiore a quello complessivamente attribuito dal giudice di appello pari a 85.291,49.

A tanto consegue, la inammissibilità, per difetto di interesse ad impugnare (Cass. n. 14127 del 2011), dei motivi in esame il cui accoglimento avrebbe comportato una decisione più sfavorevole all’impugnante e più favorevole alla controparte rispetto alla sentenza di appello.

Il sesto il settimo e ottavo e nono motivo, esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati.

E’ opportuno premettere, in linea generale, che, considerata la finalità propria dell’accertamento sintetico del reddito ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, inteso alla ricostruzione della effettiva capacità contributiva del contribuente sulla base della disponibilità di una serie di beni e servizi, non può assumere rilievo limitativo di tale verifica la mancata adozione della forma prescritta per la opponibilità a terzi delle donazioni effettuate in favore della G.R. da parte dei genitori. In questa prospettiva è quindi da escludere valenza dirimente alla circostanza, valorizzata dalla CTR sotto il profilo della inopponibilità all’Amministrazione finanziaria di tali donazioni, per carenza dei prescritti requisiti di forma ex art. 782 c.c..

Tanto premesso, l’accertamento di fatto alla base del decisum del giudice di secondo grado con riferimento all’allegato aiuto finanziario da parte dei genitori della contribuente, sia in punto di pagamento dei canoni di locazione sia in punto di ulteriore contributo finanziario destinato alle più generali esigenze di vita, risulta inficiato dalla mancata considerazione delle ingenti risorse economiche nella disponibilità dei genitori della contribuente. La CTR ha, infatti, espressamente affermato, sia pure ai fini della esclusione della configurabilità della modica donazione, che tali condizioni erano rimaste indimostrate.

Al contrario, dalla documentazione acquisita nell’ambito del giudizio di merito, richiamata in ricorso da parte ricorrente con modalità conformi alle prescrizioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (v. pag. 44 e 45 del ricorso principale), si evince che negli anni di imposta oggetto di accertamento ciascun genitore della G. ha presentato dichiarazione dei redditi per diverse centinaia di migliaia di Euro.

Se si considera che, secondo quanto riferito in sentenza, le somme che la contribuente assume avere costituito aiuto economico da parte dei genitori ammontano per l’anno 2001 a Euro 47.000,00, per l’anno 2002 a Euro 14.142,00 e per l’anno 2003 a Euro 60.965,00, la valutazione della plausibilità del contributo finanziario dei genitori non potrà essere effettuata prescindendo dal rapporto tra la entità di tali elargizioni ed i redditi personali dei genitori nel medesimo periodo. Analogamente, alla luce di tale circostanza, oltre che dalla particolare compagine societaria della società proprietaria dell’immobile detenuto in locazione (v. ricorso pagg. 55 e sgg.) dovrà essere rivisitata anche la vicenda relativa alle spese per il pagamento dei canoni di locazione All’accoglimento dei motivi in esame consegue la cassazione della decisione, con rinvio, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, ad altro giudice di secondo grado, assorbito il ricorso incidentale.

PQM

La Corte rigetta il primo, il secondo e il decimo motivo; dichiara inammissibili il terzo, il quarto e il quinto; accoglie il sesto, settimo, ottavo e nono assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla CTR di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2017

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