Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5418 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 5418 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricOrso 13981-2008 proposto da:
NAVALMECCANICA DIESEL DI CENDACH CLAUDIO (00028540995), in
persona del suo procuratore legale, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA ORTI DELLA FARNESINA 116, presso lo studio
dell’avvocato COLICA ROBERTO, che la rappresenta e difende
giusta delega a margine;
– ricorrente contro

FRATINI MARCELLO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO
MARIO 27, presso lo studio dell’avvocato CUFFARO VINCENZO,

AA4

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CONTRI
LORENZO giusta delega a margine;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1157/2007 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA, depositata il 08/11/2007, R.G.N. 1113/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 20/01/2014 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato ROBERTO COLICA;

Data pubblicazione: 07/03/2014

udito l’Avvocato VINCENZO CUFFARO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
l. – Il Tribunale di Chiavari, in accoglimento della
domanda dell’attore Fratini Marcello, condannava la convenuta

restituzione, in favore del medesimo Fratini, della coppia di
eliche di scorta dell’imbarcazione che quest’ultimo aveva
acquistato dalla Società Navassa LTD.
Il giudice di primo grado riteneva che la società
Navassa LTD avesse conferito alla società Navalmeccanica un
mandato senza rappresentanza per l’acquisto delle eliche,
sicché l’acquisto compiuto da Navalmeccanica Diesel,
concernendo beni mobili non registrati e ricadendo
nell’ambito di applicazione dell’art. 1706 cod. civ., si era
prodotto direttamente in capo al mandante (Navassa LTD) e la
successiva alienazione in favore del Fratini aveva comportato
il trasferimento della proprietà, in capo a lui, delle eliche
stesse.
2. – L’impugnazione proposta dalla Ditta Navalmeccanica
Diesel di Cendach Claudio avverso tale sentenza veniva
rigettata dalla Corte di appello di Genova, con sentenza resa
pubblica 1’8 novembre 2007.
2.1. – Per quanto ancora interessa in questa sede, la
Corte territoriale assumeva che, per un verso, sussistessero
«elementi istruttori significativi e sufficienti per ritenere
dimostrato che Fratini Marcello, acquistando alla fine del
1993 dalla venditrice straniera Navassa LTD il motoryacht
“Nina One One”, avesse acquistato anche le due eliche di
riserva costituenti accessorio dell’imbarcazione»; e, per
altro verso, che, “indipendentemente dalle questioni poste
dalla appellante relativamente all’applicabilità nel caso
concreto della disciplina (art. 1706 c.c.) degli acquisti
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ditta Navalmeccanica Diesel di Cendach Claudio alla

operati dal mandatario senza rappresentanza per conto del
mandante”, la Navalmeccanica Diesel non aveva «affatto
provato né la sua proprietà delle due eliche, né l’esistenza
di un suo diritto alla ritenzione di tali specifiche
dotazioni dell’imbarcazione “Nina One One”, esistenti e
considerate come tali al momento della compravendita avvenuta
tra la alienante Navassa LTD e l’acquirente Fratini».

Navalmeccanica Diesel di Cendach Claudio, sulla base di
cinque motivi.
Resiste con controricorso Marcello Fratini.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – Con il primo mezzo

(sub

“A”), definito

“pregiudiziale”, è denunciata, in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., violazione ed
errata applicazione degli artt. 112, 183 cod. proc. civ. e
1706 cod. civ.
La Corte territoriale sarebbe incorsa in una violazione
del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in
quanto avrebbe accolto la domanda del Fratini “formulata
sulla originaria causa petendi del tutto abbandonata in prime
cure, disattesa comunque dalla sentenza del Tribunale non
riproposta dal Fratini in sede di appello incidentale”.
Viene, quindi, formulato, in calce al ricorso ma con
specifico riferimento al motivo in esame (“A”), il seguente
quesito: “Accerti la Corte se vi è stata violazione ed errata
applicazione degli artt. 112, 183 c.p.c., 1706 c.c. nella
omessa statuizione da parte della Corte del merito sul motivo
d’appello di Navalmeccanica di denuncia del giudicato del
Tribunale per aver accolto la domanda del Fratini fondata
sulla nuova

causa petendl

introdotta solo in memoria di

replica ex art. 190 c.p.c. del mandato senza rappresentanza
asseritamente conferito da Navassa a Navalmeccanica, con
conseguente applicazione dell’art. 1706 c.c.”.
3

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre

2. – Con il secondo mezzo

(sub “B”), anch’esso ritenuto

“pregiudiziale”, è dedotta, in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., violazione ed errata
applicazione degli artt. 343-346 cod. proc. civ. e 2909 cod.
civ.
La Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sul
giudicato implicito formatosi a seguito della sentenza di

Fratini fondata sulla originaria

causa petendi

non accolta

dal Tribunale, ma non più riproposta con l’appello
incidentale.
Viene, quindi, formulato, in calce al ricorso ma con
specifico riferimento al motivo in esame (“B”), il seguente
quesito: “Accerti la Corte se vi è stata violazione ed errata
applicazione degli artt. 343-346 cpc., 2909 cc. nella omessa
statuizione da parte della Corte del merito che ha accolto la
domanda di Fratini fondata sulla originaria causa petendi non
accolta dal Tribunale e non fatta oggetto di appello
incidentale”.
3. – I primi due motivi di ricorso – che possono essere
esaminati congiuntamente e che sono assistiti da quesiti
art.

ex

366-bis cod. proc. civ. (applicabile ratione temporis,

per esser la sentenza impugnata stata pubblicata l’e novembre
2007) al limite dell’ammissibilità – sono inammissibili sotto
altro profilo.
3.1. – In via preliminare, occorre rilevare che tali
mezzi, nella parte in cui denunciano la violazione ed errata
applicazione di norme sostanziali e processuali, come reso
evidente dalla sostanza delle censure (in tal senso, cfr.
Cass., sez. un., 24 luglio 2013, n. 17931), sono da
scrutinare sotto lo spettro del n. 4 del primo comma,
dell’art. 360 cod. proc. civ. e, dunque, come

errores in

procedendo.
Tanto premesso, la censura di

error in procedendo,

per

poter avere ingresso in questa sede, deve essere confezionata
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primo grado, avendo, infatti, statuito sulla domanda del

in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di
rito e, tra queste, anzitutto quella di specificità della
prospettazione (cfr. Cass., sez. un., 22 maggio 2012, n.
8077), di cui il principio di autosufficienza del ricorso è
precipitato. Trattasi, dunque, di regola consentanea alla
funzione che questa Corte, in ragione della natura della
denuncia veicolata ai sensi del n. 4 del primo comma

quella di “giudice del fatto processuale”.
Sicché, ai fini dell’ammissibilità dei motivi, il
ricorrente avrebbe dovuto, anzitutto, esplicitare
puntualmente il contenuto degli atti processuali all’uopo
rilevanti (e, tra questi, l’atto introduttivo del giudizio,
quello che conterrebbe la presunta modificazione attorea
della causa petendi

originaria, la sentenza di primo grado e

la comparsa di costituzione in appello del Fratini), mentre a
ciò non ha provveduto in modo adeguato e sufficiente, posto
che nel ricorso sono appena riportati soltanto taluni stralci
decontestualizzati di atti processuali (peraltro, solo
genericamente identificati), come tali inidonei a fornire
piena contezza dell’impianto allegatorio da cui si dovrebbero
poter desumere gli

errores in procedendo

denunciati e, di

conseguenza, la portata dei vizi dai quali sarebbe affetta la
sentenza della Corte territoriale.
La rilevata carenza strutturale di confezionamento del
motivo, cui si accompagna anche la mancata produzione degli
atti processuali sui quali i vizi dedotto si fondano (che è
imposta a pena di improcedibilità dall’art. 369, secondo
comma, n. 4, cod. proc. civ.), appare nella specie ancor più
significativa, giacché la Corte territoriale (muovendo dal
corretto presupposto per cui spetta al giudice del merito
l’interpretazione della domanda giudiziale) ha deciso la
controversia a prescindere dalla ricostruzione in termini di
mandato della vicenda contrattuale oggetto di cognizione,
siccome seguita dal giudice di primo grado, là dove la
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dell’art. 360 cod. proc. civ., è tenuta ad esercitare e cioè

sentenza di prime cure era stata impugnata dall’attuale
ricorrente proprio in ragione della dedotta insussistenza del
mandato, con la conseguenza che non poteva essersi formato
giudicato sull’interpretazione della domanda attorea, poi
diversamente intesa dal giudice del gravame.
4. – Con il terzo motivo

(sub “C”) è prospettata, in

relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc.

1325 n. 3, 1346, 1418, 1140, 1147 cod. civ.
La Corte avrebbe errato nel valutare le risultanze
istruttorie (o comunque le avrebbe valutate in modo
inadeguato ed insufficiente e ciò in riferimento sia alle
prove orali, sia in riferimento a quelle documentali, che
alle difese in atti), dalle quali emergerebbe, invece, che
“la Navalmeccanica ha acquistato le eliche da Radice e non le
ha mai consegnate a Navassa che gliele aveva ordinate e mai
pagate; quindi che le eliche sono di proprietà e possesso di
Navalmeccanica”, là dove il Fratini non sarebbe riuscito a
provare “il preteso titolo della sua proprietà delle due
eliche”. Di qui anche l’errore giuridico in cui sarebbe
incorso il giudice del merito, giacché, in relazione
all’affermata vendita delle eliche, difetterebbe “l’elemento
essenziale del prezzo rimasto ignoto del tutto”, atteso che
“in tale ignoranza si sa solo che Navassa non ha mai pagato
alcunché a Navalmeccanica”, con la conseguenza che “Navassa
non ha mai acquistato le due eliche” e, pertanto, non le
avrebbe potute “validamente” vendere al Fratini.
Viene, quindi, formulato, in calce al ricorso ma con
specifico riferimento al motivo in esame (“C”), il seguente
quesito: “Accerti la Corte se vi è stata violazione ed errata
applicazione degli artt. 1470, 1325 n. 3, 1346, 1418, 1140,
1147

cc.

nella statuizione della Corte del merito di

accertamento dell’acquisto da parte del Fratini delle due
eliche

de quibus da Navassa,

in realtà mai acquistate da

parte di Navassa da Navalmeccanica, unica proprietaria al
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civ., la violazione ed errata applicazione degli artt. 1470,

possesso esclusivo delle stesse da lei acquistate da Eliche
Radice”.
4.1. – Il motivo è inammissibile.
Con esso, nonostante si deduca anche un vizio di
violazione di legge, il ricorrente mira essenzialmente a
censurare l’apprezzamento di fatto che sorregge la decisione
del giudice del merito, in forza della critica al

delle prove acquisite in giudizio. In ciò, del resto, si
risolve anche la doglianza che indugia sul meccanismo
traslativo della compravendita, giacché essa muove da una
ricostruzione dei fatti che si pone in antitesi con quella
accertata dalla Corte territoriale.
Sicché,

non

solo l’inammissibilità del motivo

deriverebbe proprio dal suo precipuo contenuto volto ad
ottenere una nuova valutazione del fatto attraverso una
lettura delle risultanze probatorie favorevole alla parte,
così da surrogarsi (per l’appunto, in modo inammissibile) al
potere che in siffatto ambito è riservato esclusivamente al
giudice del merito (tra le tante, Cass., 6 aprile 2011, n.
7921), ma ancor prima perché non risulta assistito da idoneo
quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.
Questo, infatti, si sarebbe dovuto articolare

in

coerenza con la sostanza delle censure, che sono
essenzialmente indirizzate a veicolare un vizio di
motivazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod.
proc. civ. – in guisa di quesito c.d. “di fatto” (o
altrimenti detto di “sintesi”), il quale, sulla scorta di un
ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale (tra le altre,
Cass., 16 luglio 2007, n. 16002; Cass., sez. un., 1 ° ottobre
2007, n. 20603; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18
novembre 2011, n. 24255), è volto ad indicare chiaramente, in
modo sintetico, evidente ed autonomo, il fatto controverso
rispetto al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, così come le ragioni per le quali la dedotta
7

ragionamento decisorio che si snoda tramite la valutazione

insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione, a tal fine necessitando,
segnatamente, la enucleazione conclusiva e riassuntiva di uno
specifico passaggio espositivo del ricorso nel quale tutto
ciò risalti in modo in equivoco, tale da rendere
intelligibili le censure a prescindere dalla lettura
dell’intero motivo.

formulato quesito.
Peraltro, seppur si ipotizzasse che il motivo proponga
anche una denuncia di error in iudicando, il relativo quesito
di diritto sarebbe comunque del tutto inidoneo a sorreggere
la doglianza, giacché palesemente privo dei caratteri propri
che dovrebbe esibire (tra le tante, Cass., 25 marzo 2009, n.
7197 e Cass., 8 novembre 2010, n. 22704) e cioè: a) la
riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al
giudice di merito (siccome da questi ritenuti per veri,
altrimenti mancando la critica di pertinenza alla
decídendl

ratio

della sentenza impugnata); b) la sintetica

indicazione della regola di diritto applicata dal quel
giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del
ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie.
5. – Il quarto ed il quinto mezzo sono proposti “nella
denegata ipotesi in cui il S.C. ritenesse di non accogliere i
superiori motivi pregiudiziali A e B, accogliesse il motivo
principale C, ma reintroducesse le tesi del mandato senza
rappresentanza con applicazione dell’art. 1706 cc. Di cui
alla sentenza di prime cure”.
5.1. – Segnatamente, con il quarto mezzo

(sub

“D”) è

denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n.
5, cod. proc. civ., la violazione ed errata applicazione
degli artt. 1705, 1706, 1470 cod. civ.
E’

censurata

la

decisione

di

primo

grado

nell’applicazione delle regole sul mandato, adducendosi che

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Appare evidente che nulla di tutto ciò emerge dal

tale contratto non sarebbe ravvisabile nella specie in
ragione degli esiti della prova acquisita.
Viene, quindi, formulato, in calce al ricorso ma con
specifico riferimento al motivo in esame (“D”), il seguente
quesito: “Accerti la Corte se vi sarebbe violazione ed errata
applicazione degli artt. 1705, 1706, 1470 cc. ove si
ritenesse che Navassa avesse dato a Navalmeccanica mandato

rispetto”.
5.2. – Con il quinto mezzo

(sub “E”) è, poi, dedotta, in

relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc.
civ., la violazione ed errata applicazione degli artt. 2761,
2756, 2797 cod. civ.
La doglianza è volta a far riconoscere in capo a
Navalmeccanica mandataria il diritto di ritenzione.
Viene, quindi, formulato, in calce al ricorso ma con
specifico riferimento al motivo in esame (“E”), il seguente
quesito: “Accerti la Corte se vi sarebbe violazione ed errata
applicazione dell’art. 2761 cc. ove non si ritenesse,
nell’ipotesi di ritenuta esistenza di mandato senza
rappresentanza di Navassa a Navalmeccanica, il diritto di
Navalmeccanica di ritenzione, con facoltà di vendita coattiva
delle due eliche di cui è causa”.
che possono essere

5.3. Entrambi i motivi

congiuntamente scrutinati – sono inammissibili.
E’ lo stesso ricorrente, infatti, a condizionarne
l’esame all’accoglimento del motivo

sub

“C” – e cioè del

terzo mezzo – che, invece, è stato dichiarato inammissibile.
Ciò senza tener conto, peraltro, che la declaratoria di
inammissibilità delle denunce si imporrebbe già per il solo
fatto che esse si appuntano contro la sentenza di primo grado
e non aggrediscono la statuizione resa da quella della Corte
di appello, impugnata in questa sede, la quale ha deciso la
controversia prescindendo dalla ragione giustificatrice che

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senza rappresentanza ad acquistare le due eliche di

attiene alla qualificazione della vicenda negoziale

in

termini di mandato.
8. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e
il ricorrente, in quanto soccombente, condannato al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, come
liquidate in dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte
ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente,
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida
in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00, per
esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 20 gennaio 2014.

LA CORTE

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