Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5415 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 27/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 27/02/2020), n.5415

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28804-2014 proposto da:

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE e CARLA

D’ALOISIO;

– ricorrenti –

contro

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso da se medesimo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 390/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 27/05/2014, R.G.N. 955/2013.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 27.5.2014, la Corte d’appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto l’opposizione proposta dall’avv. C.M. avverso l’avviso di addebito con cui l’INPS gli aveva richiesto somme per contributi dovuti alla Gestione separata per l’anno 2006 e, in accoglimento dell’appello incidentale, ha dichiarato l’avv. C. non tenuto all’iscrizione presso la Gestione separata, condannando l’INPS a rifondergli le spese del doppio grado;

che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che l’avv. C. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di ricorso, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 26-31, D.L. n. 98 del 2011, 18, commi 1-2, (conv. con L. n. 111 del 2011), D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53, L. n. 576 del 1980, artt. 10, 11 e 22, e L. n. 247 del 2012, art. 21, comma 10, per avere la Corte di merito ritenuto che l’avv. C., pur non essendo tenuto all’iscrizione presso la Cassa Forense per mancato raggiungimento della soglia minima di reddito all’uopo necessaria, non fosse tenuto a versare i contributi presso la Gestione separata in relazione all’esercizio della professione di avvocato abitualmente svolta;

che il motivo è fondato, essendosi consolidato il principio di diritto secondo cui gli avvocati iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie che, svolgendo attività libero-professionale priva del carattere dell’abitualità, non hanno – secondo la disciplina vigente ratione temporis, antecedente l’introduzione dell’automatismo della iscrizione – l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti all’albo professionale, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, secondo cui l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale (Cass. n. 32167 del 2018, cui hanno dato recentemente seguito Cass. nn. 317 e 318 del 2020);

che l’anzidetto principio non appare prima facie tale da giustificare i dubbi di legittimità costituzionale paventati da parte controricorrente, non essendo configurabile alcun rapporto di corrispettività tra l’obbligo del versamento contributivo e la prestazione previdenziale assicurata dalla gestione che ne è destinataria nè alcun principio generale di restituzione di contributi legittimamente versati per i quali manchino o non possano più verificarsi i presupposti per la maturazione del diritto ad una prestazione previdenziale (v. tra le tante Cass. n. 29910 del 2011);

che, non essendosi la Corte territoriale uniformata all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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