Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5410 del 27/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 27/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 27/02/2020), n.5410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12888-2014 proposto da:

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, C.F. (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 36,

presso lo studio dell’avvocato MARIO MASSANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ENRICO CORNELIO;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 111/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 28/03/2013, R.G.N. 399/2010.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 21 febbraio 2013 la Corte d’appello di Venezia respinge sia l’appello principale di R.G. sia l’appello incidentale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti avverso la sentenza n. 300/2010 del locale Tribunale, con la quale il suindicato Ministero in attuazione del verbale di conciliazione in data 18 luglio 2008 era stato condannato a pagare al R., a completamento di quanto dovuto, la somma di Euro 24.917,60 oltre interessi legali fino al saldo, con decorrenza dalla data della domanda e non dal maturato, stante la rinuncia del dipendente contenuta nel verbale di conciliazione;

che la Corte territoriale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) le censure del Ministero ricorrente non consentono di riformare la sentenza appellata, in quanto con tale sentenza sono stati riconosciuti al R. solo gli importi spettanti in base al verbale di conciliazione n. 118 del 18 luglio 2008 sottoscritto avanti al Tribunale di Venezia, nel quale le parti avevano disposto l’attribuzione al dipendente degli importi monetari di tutti gli istituti contrattuali spettanti al “personale ex RID” (Registro Italiano Dighe), al quale si applicava la contrattazione collettiva del personale della Presidenza del Consiglio, senza eccezioni;

b) sono infondate anche le censure del R. perchè basate sull’erroneo presupposto secondo cui il verbale di conciliazione menzionato contenesse anche il riconoscimento del suo diritto all’inquadramento giuridico nel ruolo del RID;

che avverso tale sentenza il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti propone ricorso affidato a due motivi;

che resiste, con controricorso, R.G. il quale propone a sua volta ricorso incidentale per due motivi;

che R.G. deposita anche memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso principale articolato in due motivi;

che con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni di legge e di contrattazione collettiva nonchè dell’art. 3 Cost. e del divieto di reformatio in pejus, sostenendosi che al R. non spetterebbero, sulla base della normativa relativa ai dipendenti transitati dal RID al Ministero, le indennità attribuitegli in giudizio;

che con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dall’effettiva portata del verbale di conciliazione n. 118 del 18 luglio 2008;

che anche il ricorso incidentale è articolato in due motivi;

che con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. e di altre norme di diritto, per avere la Corte d’appello interpretato il verbale di conciliazione in oggetto in modo erroneo, laddove ha escluso che in esso fosse contenuto anche il riconoscimento del diritto del R. all’inquadramento giuridico nel ruolo del RID;

che con il secondo motivo si denuncia dell’art. 1366 c.c. e dell’art. 1183 c.c. per non avere la Corte d’appello considerato – ai fini della decorrenza degli interessi – che la relativa rinuncia presupponeva un celere adempimento da parte del Ministero, che invece è stato inadempiente;

che l’esame congiunto – reso opportuno dalla loro intima connessione dei motivi del ricorso principale porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso stesso, per plurime ragioni;

che il primo motivo è inammissibile perchè con esso si affrontano questioni che sono fuori dal thema decidendum proprio del giudizio di appello, limitato all’esame delle questioni relative alla corretta attuazione del verbale di conciliazione in data 18 luglio 2008 sottoscritto dalle parti avanti al Tribunale di Venezia;

che il secondo motivo è inammissibile, in primo luogo, perchè è formulato sotto il profilo della contraddittorietà motivazionale, benchè il vizio della motivazione non costituisca più ragione cassatoria a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134; disposizione, quest’ultima, in forza della quale è deducibile per cassazione esclusivamente l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, e che deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità; sicchè l’anomalia motivazione denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (sul punto vedi per tutte: Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216). Vizi, questi, che non sono dedotti con riguardo alla decisione impugnata;

che, peraltro, le questioni proposte con il suddetto secondo motivo sono formulate senza l’osservanza con riguardo al suddetto verbale di conciliazione di cui si lamenta l’erronea interpretazione, da parte della Corte d’appello – del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, in base al quale il ricorrente, qualora proponga delle censure attinenti all’esame o alla valutazione di documenti o atti processuali, è tenuto a trascriverne nel ricorso il contenuto essenziale e nel contempo a fornire alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali (di recente: Cass. SU 23 settembre 2019, n. 23552 e n. 23553);

che, nella specie, nel ricorso principale si riporta qualche brano del suddetto verbale, ma non se ne allega l’intero testo nè si forniscono indicazioni per il relativo reperimento negli atti processuali;

che quest’ultimo inconveniente porta alla dichiarazione di inammissibilità anche dei due motivi del ricorso incidentale, che sono entrambi incentrati sulla denuncia di erronea interpretazione dell’anzidetto verbale di conciliazione, ma formulati senza l’osservanza del richiamato principio di specificità dei mortivi di ricorso per cassazione (che opera anche per il controricorso e per il ricorso incidentale vedi, per tutte: Cass. 14 marzo 2011, n. 5970; Cass. 7 marzo 2006, n. 4840), perchè nel corpo dell’atto non risultano trascritte le parti del verbale in contestazione, pur risultandone allegato l’intero testo;

che, in sintesi, emntrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili;

che, in considerazione della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio di cassazione vanno compensate tra le parti;

che si dà atto della sussistenza, per il ricorrente incidentale, dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17;

che, invece, nei confronti del ricorrente principale nulla va disposto con riguardo al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non potendo tale normativa trovare applicazione nei confronti dello Stato e delle Amministrazioni ad esso parificate, le quali, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo, come accade per l’Amministrazione ricorrente (vedi, per tutte, in tal senso: Cass. SU 8 maggio 2014, n. 9938; Cass. 29 gennaio 2016, n. 1778).

PQM

La Corte dichiara inammissibili entrambi i ricorsi e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza, nei confronti del ricorrente incidentale, dei presupposti processuali per il versamento da parte sua dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2020

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