Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5408 del 03/03/2017

Cassazione civile, sez. trib., 03/03/2017, (ud. 13/12/2016, dep.03/03/2017),  n. 5408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7581/2010 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, entrambi

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Galli Giovanni del

Foro di Busto Arsizio per procura in calce al controricorso ed

elettivamente domiciliata in Roma, Via E Paolucci Dè Calboli, n. 1,

presso lo studio dell’Avv. Stefania Ciaschi;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 10/31/09, depositata il 03/02/2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

dicembre 2016 dal Relatore Cons. Iannello Emilio;

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato Maria Pia Camassa;

udito l’Avv. Stefania Ciaschi per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

Immacolata Zeno, la quale ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, corredati da quesiti ex art. 366-bis c.p.c., avverso la sentenza della C.T.R. della Lombardia, depositata in data 3/2/2009, con la quale, rigettandosi l’appello dell’Ufficio, è stata confermata la decisione di primo grado che, su ricorso di C.G., aveva annullato l’avviso di accertamento nei confronti della stessa emesso per il recupero a tassazione separata, a fini Irpef per l’anno 1999, della plusvalenza che l’ufficio riteneva essere stata dalla stessa realizzata, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, e art. 37 – bis, con la cessione a titolo oneroso della quota indivisa di 15/24 di un terreno edificabile sito nel comune di Castano Primo (MI): quota inizialmente donata in data 22/10/1999 dalla predetta a G.G.M., G.C. e G.F., rispettivamente marito e figlie, e quindi venduta da questi ultimi, in data 24/11/1999, alla società Pompetravaini S.p.A. (che, in pari data e con il medesimo atto, acquistava la restante quota dei 9/24 da potere della stessa C.G., alla quale era stata donata dalla madre il 3/11/1999).

Secondo la C.T.R. gli indizi indicati dall’ufficio non provano il carattere simulato dell’atto di donazione, atteso che “nessuna norma vieta la donazione tra persone legate da vincoli di parentela o stabilisce il periodo temporale di possesso del bene donato da parte dei donatari o il divieto di ricorrere al medesimo notaio per la stipula dell’atto di donazione e la vendita ad un terzo del bene donato”.

La contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, e art. 37 – bis, commi 1 e 2, nonchè dell’art. 1322 c.c. e del principio del divieto di abuso del diritto, in combinato disposto con l’art. 81, comma 1, T.U.I.R. per avere la C.T.R. deciso la controversia sul falso presupposto che l’applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, sia possibile solo in caso di simulazione (mai provata nel caso di specie) dei negozi giuridici direttamente interessati.

3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5. Lamenta che la C.T.R. non ha congruamente motivato il proprio convincimento circa la natura non elusiva dell’operazione, nè in particolare ha dato conto della valutazione degli elementi indiziari offerti dall’ufficio a giustificazione dell’accertamento.

4. Il primo motivo è fondato nei termini di seguito precisati.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare, in pronunce relative a fattispecie analoghe alla presente (meccanismo negoziale caratterizzato dalla donazione di un terreno da parte di un genitore ai figli, pochi giorni prima della vendita ad un terzo, poi effettuata da questi ultimi, ritenuti soggetti interposti), la possibilità di dichiarare inopponibili all’amministrazione finanziaria – in applicazione di un principio generale antielusivo desumibile dall’art. 53 Cost., ma anche dai principi comunitari – i benefici fiscali derivanti dalla combinazione di operazioni a ciò volte.

E’ stato in particolare più volte ribadito che la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta: ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali.

Da quanto esposto consegue che il carattere reale, e non simulato, dell’operazione di vendita e l’effettiva percezione del prezzo da parte dei venditori-donatari, non sono sufficienti ad escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazione-vendita (v. ex aliis Cass. n. 14470 del 2016; n. 25671 del 2013; n. 449 del 2013 e precedenti ivi richiamati).

Nel caso di specie la C.T.R., erroneamente postulando che la questione posta riguardasse il più ristretto orizzonte valutativo della sussistenza del carattere simulato del negozio traslativo posto in essere tra la contribuente e i propri familiari, non si è conformata alla esposta interpretazione delle norme rilevanti nella fattispecie.

Il primo motivo va pertanto accolto, rimanendo assorbito l’esame del secondo.

La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che procederà ad un nuovo esame della controversia alla luce dei principi sopra enunciati.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R della Lombardia, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2017

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