Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5407 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5407 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 11609-2008 proposto da:
MANTOVANI

MAURO

(C.F.

MNTMRA60R17D568R),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE 22, presso l’avvocato PENTELLA VINCENZO,

Data pubblicazione: 07/03/2014

rappresentato e difeso dall’avvocato RUSSO LUIGI,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2014

contro

172

S.M.I.

SAN MARINO INVESTIMENTI

S.A.

(C.F.

97037600588), INTERSMI – GESTAO E INVESTIMENTOS

1

L.DA (C.F. 91046110408), in persona dei rispettivi
M

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente
domiciliate in ROMA, VIA RICCARDO GRAZIOLI LANTE
76, presso l’avvocato SCIUBBA PIETRO, che le
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSSI

MANTOVANI GIANLUCA, MANTOVANI MARIANNELLA,
elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEI
CAPRETTARI 70, presso lo studio dell’avvocato
GUARDASCIONE BRUNO, che li rappresenta e difende
unitamente agli avvocati MAFFEI ALBERTI ALBERTO,
AUDINO ANDREA, giusta procura in calce al
controricorso;
MALAVASI OTTAVIA CARLA, elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAllA DEI CAPRETTARI 70, presso
l’avvocato GUARDASCIONE BRUNO, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati MAFFEI ALBERTI
ALBERTO, AUDINO ANDREA, giusta procura in calce al
controricorso;

ANTONIO, giusta procure in calce al controricorso;

SERVIZIO ITALIA – SOCIETA’ FIDUCIARIA E DI SERVIZI
P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
VAL GARDENA 3, presso l’avvocato DE ANGELIS LUCIO,
che la rappresenta e difende, giusta procura
speciale per Notaio MARIO LIGUORI di ROMA – Rep.n.

2

153557 del 12.5.2008;
– controricorrenti contro

CASA DI CURA SALUS S.R.L., CASA DI CURA MALACARNE
S.R.L.;
intimate

avverso la sentenza n. 1164/2007 della CORTE
D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 25/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 22/01/2014 dal Consigliere
Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito,

per

le

controricorrenti

SMI

SA +1,

l’Avvocato PIETRO SCIUBBA che ha chiesto
l’inammissibilità o in subordine il rigetto del
ricorso;
udito, per i controricorrenti MALAVASI +ALTRI,
l’Avvocato BRUNO GUARDASCIONE che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
udito, per la controricorrente Società SERVIZIO

ITALIA, l’Avvocato LUCIO DE ANGELIS che ha chiesto
l’inammissibilità, o comunque il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

3

Svolgimento del processo
Nel giudizio di divisione dei beni ereditari proposto
nell’agosto 1999 nei confronti della madre Ottavia Carla
Mantovani e dei fratelli Gianluca e Mariannella Mantovani,
Mauro Mantovani aveva chiesto, tra l’altro, l’accertamento

della proprietà effettiva in capo al de culus Guadalberto
Mantovani, deceduto ab intestato, di alcune partecipazioni
del medesimo nelle società Salus e Malacarne, intestate
alla società fiduciaria Servizio Italia. Nel giudizio di
merito l’attore aveva contestato la validità, efficacia ed
opponibilità nei suoi confronti della cessione delle
suddette partecipazioni; la Servizio Italia, costituitasi,
aveva dedotto che queste erano state cedute dal de culus
alle società SMI-San Marino Investimenti e INTERSMI-Gestao
e Investimentos Limitada, le quali erano intervenute nel
giudizio confermando la circostanza.
Il Tribunale di Ferrara, pronunciandosi limitatamente alle
predette cessioni, aveva rigettato la domanda e la Corte
di appello di Bologna, con sentenza 25 ottobre 2007, ha
rigettato i cinque motivi di gravame proposti da Mauro
Mantovani.
Nel primo motivo egli aveva dedotto la carenza di una
volontà, in capo al de cuius,

di trasferire le quote, ma

la corte ha giudicato corretta l’interpretazione data dal
primo giudice della volontà delle parti, nel senso
dell’effettivo trasferimento delle partecipazioni sociali,
4

anche tenuto conto del principio della libertà delle
forme.
Con riguardo al secondo motivo, nel quale l’appellante
aveva dedotto la nullità delle cessioni per inosservanza
della forma (scrittura autenticata o atto pubblico)

prescritta dall’art. 2479 (ora 2470) c.c., la corte ha
ritenuto che, anche in virtù del principio dell’efficacia
traslativa del consenso, il requisito dell’autenticazione
della sottoscrizione (introdotto dalla legge n. 310 del
1993) condiziona unicamente l’iscrizione della cessione
nel libro dei soci e l’opponibilità del trasferimento alla
società, ma non incide sulla validità del trasferimento
inter partes redatto, tra l’altro, per iscritto e le cui
sottoscrizioni dovevano intendersi riconosciute.
Nel

terzo

motivo

il

Mantovani

aveva

dedotto

l’inopponibilità delle cessioni nei suoi confronti, in
quanto non iscritte nel registro delle imprese e prive di
data certa anteriore all’apertura della successione, ma la
corte ha ritenuto che egli era subentrato nella medesima
posizione del de culus e, quindi, non poteva contestare
quelle cessioni affermando di essere terzo, anche perché
la domanda diretta all’iscrizione della propria posizione
nel libro soci presupponeva la sua qualità di erede, così
subentrando nella posizione del de cuius; egli, agendo per
lo scioglimento della comunione, si era limitato a
chiedere l’acquisizione delle partecipazioni societarie
5

all’asse ereditario,

senza esercitare un’azione di

riduzione.
Nel quarto motivo di gravame l’appellante aveva dedotto la
nullità dei trasferimenti per difetto di causa, in
considerazione della impossibilità di procedere

all’iscrizione nel registro delle imprese, ma la corte ha
ritenuto che non potesse confondersi il profilo della
validità delle cessioni

(inter partes)

con quello della

loro efficacia (nei confronti degli organismi societari)
in ragione della mancanza di un requisito formale che era
previsto solo a determinati fini; ha inoltre osservato che
lo scopo pratico del contratto era meritevole di tutela e
consisteva nel carattere sinallagmatico di quelle cessioni
che rappresentavano una forma di datio in solutum che era
servita per l’estinzione parziale di un finanziamento
concesso dalle società acquirenti.
Nel quinto motivo di appello il Mantovani aveva dedotto la
nullità delle cessioni per frode alla legge, perché
avvenute in esecuzione di un disegno volto ad eludere
l’applicazione di una norma imperativa, come quella
relativa all’autenticazione della sottoscrizione

(ex lege

n. 310 del 1993), ma la corte le ha ritenute lecite, sul
presupposto che l’iscrizione nel registro delle imprese
valesse al diverso fine della opponibilità nei confronti
dell’organismo societario, né esistendo un divieto legale
di intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali.
6

Avverso questa sentenza Mauro Mantovani ricorre per
cassazione sulla base di quattro motivi, cui resistono
Gianluca e Mariannella Mantovani e Ottavia Carla Mantovani
e le società Servizio Italia, SMI e INTERSMI. Le parti
hanno presentato memorie ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione
1.- Nel primo motivo, il ricorrente, deducendo violazione
e falsa applicazione di legge nonché vizio di motivazione,
censura la sentenza impugnata che aveva respinto la tesi,
da esso avanzata, secondo cui i requisiti formali previsti
dal previgente art. 2479 (ora 2470) c.c. dovrebbero
intendersi come condizione di validità delle cessioni
. effettuate dal de

cuius

Guadalberto Mantovani (in

particolare, con riferimento alla necessità che la
sottoscrizione della scrittura privata sia autenticata ex
lege n. 310 del 1993).
1.1.- Il motivo è infondato.
La corte bolognese

si è attenuta al principio,

costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa
Corte, al quale si deve dare continuità, secondo cui il
trasferimento della quota della società a responsabilità
limitata è valido ed efficace

inter partes

indipendentemente dalla sua iscrizione nel libro dei soci
(e ora dal suo deposito nel registro delle imprese, a
seguito dell’abolizione del libro dei soci disposta dal
d.l. n. 185/2008, conv. con mod. dalla legge n. 2/2009),
7

la quale è invece necessaria unicamente affinché il
trasferimento sia efficace anche nei confronti della
società e dei terzi, e ciò in virtù del principio di
libertà delle forme che consente detto trasferimento, in
mancanza di una contraria disposizione dell’atto

per atto tra vivi, senza necessità di forma scritta
substantiam o

ad probationem

costitutivo, oltre che per successione mortis causa, anche
ad

(v. Cass. n. 3419/1981, n.

3556/2003, n. 10121 e 19161/2007, n. 25468/2010, n.
23203/2013). L’attore non ha agito (come si vedrà) in
qualità di terzo e nemmeno può dedurre a fondamento della
pretesa azionata la violazione dell’art. 2193 c.c. che
prevede l’inopponibilità ai terzi dei soli fatti la cui
iscrizione sia prevista dalla legge come obbligatoria, non
essendo tale il trasferimento delle partecipazioni
societarie la cui validità, come si è detto, prescinde
dall’iscrizione nel registro delle imprese.
1.2.- Il profilo concernente il vizio di motivazione è
inammissibile, non solo, perché manca un momento di
sintesi autonomo e adeguato al vizio di cui all’art. 360
n. 5 c.p.c., essendo applicabile ratione temporis l’art.
366 bis c.p.c., ma anche perché oggetto della censura è un
errore che si imputa al giudice di merito
nell’interpretazione di una norma di diritto, cioè un
vizio che non è denunciabile con il mezzo di cui all’art.

8

360 n. 5 c.p.c., ma solo come violazione di legge (art.
360 n. 3 c.p.c.).
2.- Il secondo motivo censura la sentenza impugnata, cui
addebita la violazione e falsa applicazione degli artt.
2479, 2704 e 2193 c.c., nonché vizio di motivazione, per

il rigetto della tesi secondo cui, essendo erede
legittimario, egli sarebbe terzo rispetto al de cuius, con
la conseguenza che gli atti dispositivi a titolo oneroso
operati in vita da quest’ultimo con scritture private non
autenticate non gli sarebbero opponibili, in quanto non
iscritti nel registro delle imprese e privi di data certa
anteriore all’apertura della successione.
Ad illustrazione del motivo il ricorrente osserva che
avrebbe errato la sentenza impugnata nel ritenere che, per
essere considerato terzo, egli avrebbe dovuto esercitare
vittoriosamente un’azione di riduzione per lesione della
legittima; osserva, al contrario, che tale azione potrebbe
avere ad oggetto solo disposizioni testamentarie (ma qui
si trattava di successione ab intestato)

e atti a titolo

gratuito (qui si trattava di atti a titolo oneroso),
sicché l’unico modo per fare valere i propri diritti di
legittima sulle partecipazioni sociali era contestarne la
validità ed efficacia e dedurne l’inopponibilità nei suoi
confronti (come aveva fatto).
I controricorrenti hanno obiettato che, avendo chiesto
l’acquisizione delle quote societarie all’asse ereditario,
9

cioè la ricostituzione della massa in conseguenza
dell’accertata invalidità o inefficacia delle cessioni, ai
fini della loro successiva divisione, l’attore avrebbe
agito come erede legittimo (e non quale legittimario, non
avendo dedotto la lesione della legittima) per fare valere
onde si

un diritto compreso nel patrimonio del de cuius,

era venuto a trovare nella medesima posizione del dante
causa e non poteva essere considerato terzo.
2.1.- Il motivo è infondato.
L’erede che agisce per lo scioglimento della comunione, al
fine di ricostruire il patrimonio ereditario e ristabilire
l’uguaglianza tra i coeredi, subentra nella posizione del
de cuius,

mentre assume la qualità di terzo se propone

azione di riduzione a tutela della intangibilità della
quota di riserva (Cass. n. 7134/2001, n. 2093/2000), nel
qual caso la lesione di detta quota assurge a

causa

petendi di quell’azione (Cass. n. 24134/2009).
Tanto premesso, è conforme a diritto la decisione
impugnata che ha ritenuto che l’attore abbia agito in
qualità di erede e non di terzo, sia perché (nel giudizio
di merito) egli non ha dedotto la lesione della legittima
né ha proposto l’azione di riduzione, sia perché egli
stesso ha ammesso che detta azione potrebbe essere
esercitata dall’erede legittimario solo rispetto a
disposizioni testamentarie lesive e a donazioni (anche

10

indirette), non già rispetto ad atti a titolo oneroso di
cui non è dedotta la simulazione, come nella specie.
2.2.- Il profilo della censura concernente il vizio di
motivazione è inammissibile per le ragioni esposte al
precedente p. 1.2.

3.- Il terzo motivo censura la sentenza impugnata, cui
addebita la violazione e falsa applicazione degli artt.
1321, 1325, 1343, 1345, 1346, 1372 e 2479 c.c., nonché
vizio di motivazione, per avere respinto la tesi della
mancanza di causa dell’atto di cessione di quote
societarie che, in quanto insuscettibile di iscrizione nel
registro delle imprese e nel libro dei soci, sarebbe
inidoneo a produrre effetti nei confronti della società e
dei terzi e a consentire all’acquirente di esercitare i
diritti sociali connessi alla titolarità delle
partecipazioni.
3.1.- Il motivo ripropone la tesi della radicale
invalidità delle cessioni per mancanza del già ricordato
requisito formale dell’autenticazione delle sottoscrizioni
apposte sulle scritture. La causa concreta del contratto,
vale a dire la sintesi degli interessi che esso è
concretamente diretto a realizzare, quale funzione
individuale della singola e specifica negoziazione,
sarebbe frustrato, in sostanza, perché inidoneo a
consentire alle società cessionarie l’esercizio dei
diritti connessi alle partecipazioni sociali.
11

Il motivo è infondato, non sussistendo la dedotta
,

violazione di legge.
Come si è già detto, il con l’atto era valido ed efficace
inter partes

(posto che gli adempimenti pubblicitari non

incidono sull’elemento causale, ma servono a garantire la

conoscibilità del trasferimento alla società e ai terzi) e
il suo scopo pratico, meritevole di tutela, è stato
ravvisato dalla corte del merito, con valutazione
logicamente motivata e, quindi, incensurabile in questa
sede, nel carattere sinallagmatico di quelle cessioni che
rappresentavano una forma di datio in solutum utilizzata
per l’estinzione parziale di un preesistente debito del
cedente.
3.2.- Il profilo della censura concernente il vizio di
motivazione è inammissibile sia perché sprovvisto di un
momento di sintesi, sia perché prospetta una valutazione
delle questioni di fatto e di diritto in senso difforme da
quella operata dai giudici di merito, senza lo svolgimento
di argomentate critiche alla completezza e logicità delle
ragioni della decisione.
4.- Nel quarto motivo il ricorrente censura la sentenza
impugnata, cui addebita la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1343, 1344, 2479 c.c. e degli artt. 536, 542 e
553 c.c., nonché vizio di motivazione, per avere respinto
la tesi, da esso propugnata, secondo cui gli atti di
.-

cessione sarebbero nulli per frode alla legge, in quanto
12

compiuti allo scopo di aggirare la normativa che impone
trasparenza e pubblicità dei trasferimenti delle
partecipazioni societarie, anche grazie al meccanismo
(utilizzato dal de culus e, successivamente, dalle società
acquirenti) dell’intestazione fiduciaria di quelle

partecipazioni a una società fiduciaria (la Servizio
Italia).
4.1.- Il motivo è infondato.
La verifica della ricorrenza della frode alla legge è
rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è
insindacabile in sede di legittimità ove correttamente ed
adeguatamente motivata (Cass. n. 2874/2008, n. 1123/1974).
Manca, tuttavia, la formulazione di un momento di sintesi
adeguato al mezzo proposto a norma dell’art. 360 n. 5
c.p.c.; inoltre, il ricorso si limita a contrapporre
acriticamente una valutazione delle questioni di fatto e
di diritto in senso difforme da quella operata dai giudici
di merito, senza lo svolgimento di argomentate critiche
alla completezza e logicità delle ragioni della decisione.
E’ opportuno precisare che la corte del merito, avendo
(come si è detto, correttamente) escluso la ricorrenza di
una norma imperativa (seppure indirettamente) violata
dagli atti dispositivi posti in essere dal

de culus,

ha

logicamente escluso anche la sussistenza di un negozio in
frode alle legge, che è quello che persegue una finalità
vietata dall’ordinamento in quanto elusiva di una norma
13

imperativa o dei principi dell’ordine pubblico o del buon
1r

costume (Cass. n. 8600/2003, n. 2874/2008). Né è utile il
rilievo dato dal ricorrente agli effettivi lesivi
provocati da quegli atti nei confronti dei creditori o dei
terzi, posto che l’intento delle parti di recare

pregiudizio ad altri – quale quello di attuare una frode
ai creditori, di vanificare un’aspettativa giuridica
tutelata o di impedire l’esercizio di un diritto – non è
di per sé illecito (ove non ricorra un’ipotesi di
violazione o elusione di norme imperative o dei principi
di ordine pubblico o buon costume), non rinvenendosi
nell’ordinamento una norma che sancisca in via generale
(come per la frode alla legge) l’invalidità del contratto
in frode dei terzi, per il quale, invece, l’ordinamento
accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di
pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui
attività negoziale (Cass. n. 8600/2003, n. 20576/2010).
Il tentativo di dimostrare l’illiceità dell’operazione in
ragione delle modalità non trasparenti in cui essa sarebbe
avvenuta, tramite la perdurante intestazione fiduciaria
delle partecipazioni societarie presso la medesima società
(sia prima che dopo la cessione), si scontra con
l’argomento dell’inesistenza di un divieto legale di
intestazione fiduciaria delle quote di una società a
responsabilità limitata.

.•

14

5.- In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese del
giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo.
P.Q.M.

spese del giudizio di cassazione, liquidate in E 8200,00,
di cui E 8000,00 per compensi, oltre accessori di legge,
per ciascuno dei controricorrenti.
Roma, 23 gennaio 2014.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle

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