Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5405 del 07/03/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5405 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: ACIERNO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 8432-2007 proposto da:
PISTONE LETTERIO, ONDA S.C.A.R.L. IN LIQUIDAZIONE,
in persona del Liquidatore pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ACHILLE PAPA

Data pubblicazione: 07/03/2014

21, presso l’avvocato BERNARDINI BETTI VALERIO, che
li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
2014
159

PETRINGA NICOLOSI ROBERTO, giusta procura a margine
del ricorso;
– ricorrenti contro

1

BIPOP CARIRE S.P.A., appartenente al Gruppo Bancario
CAPITALIA, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO
TRIONFALE 7, presso l’avvocato MANNUCCI LUIGI, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n.

2174/2006 della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 09/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/01/2014 dal Consigliere Dott. MARIA
ACIERNO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato R. PETRINGA
NICOLOSI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito,

per la controricorrente,

l’Avvocato L.

MANNUCCI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per

RUSCONI RICCARDO, giusta procura a margine del

l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La soc. Coop. a r.l. Onda e Letterio Pistone proponevano
opposizione al decreto ingiuntivo con il quale erano stati
condannati a pagare alla Banca Popolare di Brescia la
somma di L. 585.149.149. A sostegno dell’opposizione

veniva dedotto che la banca, con comportamento negligente
aveva pagato numerosi assegni con firma di traenza
palesemente apocrifa del legale rappresentante della
Cooperativa Letterio Pistone, e che, conseguentemente,
l’importo richiesto non era dovuto, essendo al contrario
la falsità delle firme di traenza riscontrabile anche in
altri titoli per ingenti importi. Anche il fideiussore
Vannini proponeva analoga opposizione a decreto
ingiuntivo. Il Tribunale, riuniti i procedimenti ed
eseguita indagine peritale, riduceva l’importo richiesto
in via monitoria, riconoscendo la responsabilità della
banca soltanto per gli assegni la cui contraffazione era
risultata palese e di facile rilevazione e condannando gli
opponenti al pagamento della minor somma accertata. La
Corte d’Appello, sull’impugnazione della Soc. Coop. Onda e
di Letterio Pistone, confermava la pronuncia del Tribunale
affermando che, pur essendo tenuta la banca ad osservare
una scrupolosa diligenza professionale nel verificare
l’autenticità della firma di traenza, tale diligenza

poteva ricomprendere soltanto un controllo esteriore della
3

genuinità dell’assegno, da eseguirsi sulla base di
un’immediata

e

morfologiche

del

semplice

rilevabilità

di

difformità

«

capacità

firma

o

di

difformità

autografa,

rispetto

accertabili

e

il

buon

particolare

la

banca

adeguato

firme di traenza e prima girata

le

senso
era

dell’accorto

tenuta

a

allo

mediante

banchiere.

confrontare

la
In

in modo

specimen della

titolo

con quella

depositata dal cliente ma senza avere l’obbligo di
fornirsi di ausili tecnologici. Laddove le difformità
siano difficilmente rilevabili ad occhio nudo non può
addebitasi alla banca trattaria alcuna responsabilità per
violazione dei doveri di diligenza.
Nella specie l’esame del consulente tecnico d’ufficio,
delle 126 sottoscrizioni di assegno, svolto con specifico
t

riferimento alle

caratteristiche

grafologiche delle

sottoscrizioni, verificate con dovizia di osservazioni
particolareggiate e con l’ausilio di cognizioni
scientifiche in materia grafologica e di strumenti tecnici
avevano evidenziato solo per cinque titoli la falsità
grossolana mentre per le altre sottoscrizioni non
autentiche, oltre 100, la non autenticità non era
rilevabile a vista, essendo frutto di un evidente intento
imitativo. Pertanto, non si riteneva necessaria la
rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio come

richiesto dagli appellanti.
4

,

Le altre circostanze poste dagli appellanti a sostegno
della responsabilità integrale della banca, quali il breve
lasso temporale di emissione degli assegni falsificati e
il loro rilevante importo, non sono state ritenute
significative dalla Corte d’Appello, dal momento che, nel

periodo in questione, esisteva una consistente esposizione
debitoria della società cooperativa tanto da aver
determinato un’ipotesi di transazione tra le parti.
Peraltro, nessuna contestazione, nonostante l’invio degli
estratti conto periodici, era stata sollevata in merito ai
pagamenti effettuati pur in presenza di una situazione
critica che imponeva un pregnante controllo della
situazione finanziaria.
•■

Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per
cassazione, la soc. coop. Onda e Letterio Pistone
affidandosi a tre motivi. Ha resistito con controricorso
l’Istituto bancario. La parte ricorrente ha depositato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve, preliminarmente, rilevarsi l’inammissibilità della
produzione documentale effettuata con la memoria ex art.
378 cod. proc. civ. in quanto effettuata fuori dai
parametri dell’art. 372 cod. proc. civ. Peraltro gli
esisti dei procedimenti penali illustrati in memoria sono
del tutto ininfluenti rispetto al presente giudizio, non

5

essendo

in discussione

la natura

apocrifa

delle

sottoscrizioni degli assegni ma solo la qualità del falso.
Nel primo motivo viene dedotta la violazione degli artt.
1176 e 1710 cod. civ. per non avere la Corte d’Appello
correttamente valutato la mancanza di diligenza della

banca in relazione a tutti i titoli con sottoscrizione
apocrifa. La censura viene prospettata anche in ordine al
vizio di motivazione sul rilievo dell’illogicità e
contraddittorietà delle argomentazioni della sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto, contrariamente
alla pronuncia di primo grado, che il parametro della
diligenza non fosse quello ordinario e generale ma fosse
da riferire rigorosamente all’attività professionale
svolta e dall’altro ha fatto proprie le conclusioni del
Tribunale che si fondavano su premesse diverse.
Il motivo prospettato è inammissibile sotto due profili.
La censura di violazione di legge non si conclude con la
formulazione del quesito di diritto richiesto a pena
d’inammissibilità ex art. 366 bis cod. proc. civ., ratione
temporis applicabile. Peraltro il motivo sviluppa
esclusivamente la censura ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
A tale riguardo manca la sintetica indicazione del fatto
controverso richiesta a pena d’inammissibilità dall’art.
366 bis cod. proc. civ. ratione temporis applicabile, dal
momento che il ricorrente pur introducendo la trattazione
6

del motivo di ricorso con la formula ” si indica il
seguente fatto controverso” non è conseguente e ripercorre
,

tutte gli accertamenti di fatto e le valutazioni tecnico
giuridiche della sentenza impugnata al fine di
contestarle. Peraltro la contraddittorietà ed illogicità

dedotta nella motivazione della pronuncia impugnata è
insussistente in quanto la diversa qualificazione
giuridica formale della diligenza posta a carico del
banchiere nella sentenza di primo e secondo grado non
incide sull’ omogeneità delle argomentazioni sostenute in
entrambi i gradi e sulla adeguatezza e coerenza della
pronuncia impugnata che si fonda sul fermo orientamento
della giurisprudenza di legittimità, alla luce del quale,
il riscontro della falsità della firma di traenza deve
essere frutto di un esame rigoroso ma eseguito ad occhio
nudo senza l’ausilio di strumenti tecnologici (ex multis
Cass. 20292 del 2011).
Nel secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115,116 e 645
cod. proc. civ. per non avere la Corte d’Appello
considerato, alla stregua dei principi che regolano
l’onere della prova nell’opposizione a decreto ingiuntivo,
talune circostanze decisive al fine di riconoscere la
responsabilità della banca. In particolare la banca non
avrebbe prestato attenzione al breve lasso di tempo in cui
.,

7

sono stati posti in pagamento gli assegni ed ai nomi dei
beneficiari, estranei a qualsiasi rapporto giuridico con
la

cooperativa.

dell’onere

della

Infine

la

diligenza

dall’istituto bancario,

prova
doveva

dell’adempimento
essere

fornito

in quanto attore in senso

sostanziale.
Il motivo si chiude con il seguente quesito di diritto :
“Dica la Corte se è significativa, ai fini della
valutazione della diligenza della banca, la valutazione
delle cautele e degli accorgimenti che le circostanze
concrete richiedono, con riferimento al tempo e luogo del
pagamento, alla persona del prestatore, all’importo del
titolo e alla natura del documento esibito e di ogni altra
circostanza del caso e, se, nel procedimento monitorio
l’onere di dimostrare l’esistenza del diritto incombe
sull’opposto o sull’opponente”.
Il motivo è inammissibile, oltre che per la genericità e
difetto d’incisività del quesito, del tutto astratto,
perché rivolto concretamente a richiedere prevalentemente
una diversa valutazione dei fatti descritti, rispetto a
quella eseguita con ampio riscontro motivazionale dalla
Corte d’Appello.
Nel terzo motivo viene dedotta la violazione degli artt.
.
d

191, 115 e 116 cod. proc. civ. per avere la Corte respinto
8

l’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica
richiesta dagli appellanti al fine di far rilevare la
grossolanità delle falsità riscontrabili nelle
sottoscrizioni degli assegni in contestazione. Il motivo
viene formulato anche sotto il profilo del vizio di

motivazione.
Il motivo, di disagevole incasellamento nei parametri
indicati nell’art. 360 cod. proc. civ., deve ritenersi
inammissibile sia sotto il profilo della violazione di
legge per difetto del quesito di diritto, ed, infine,
manifestamente infondato in ordine al vizio di
motivazione, avendo la Corte d’Appello ampiamente ed
adeguatamente motivato in ordine al rigetto dell’istanza
di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio,
sottolineandone la coerenza con i criteri discriminanti,
fissati dalla giurisprudenza costante di questa Corte (ex
multis Cass. 20292 del 2011) la responsabilità della banca
per le sottoscrizioni apocrife delle firme degli assegni.
In particolare la Corte ha puntualmente precisato di
aderire alla valutazione della consulenza tecnica
d’ufficio nella parte in cui escludeva la responsabilità
in tutte le sottoscrizioni in cui lo sforzo imitativo era
evidente e non sarebbe stato possibile rilevare
visivamente la falsità.

9

In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con
applicazione del principio della soccombenza in ordine

alle spese processuali del presente procedimento.
P.Q.M.

Condanna la parte ricorrente la pagamento delle spese
processuali del presente procedimento in favore della
parte contro ricorrente che liquida in E. 7000 per
compensi; E 200 per esborsi oltre accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio del 21 gennaio 2014
Il Presidente

La Corte, rigetta il ricorso.

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